sabato 3 marzo 2018

La rivoluzione di Chiara.



Nel decennale della morte della fondatrice dei Focolari 

Alla Mariapoli di Castel Gandolfo. Il carisma dell’unità come motore di cambiamento sociale. È questo l’aspetto che nel decennale della morte (14 marzo) di Chiara Lubich il movimento dei Focolari mette in evidenza con centinaia di iniziative in programma in questi giorni in ogni angolo del mondo: da Seoul, in Corea del Sud, a Goma, nella Repubblica Democratica del Congo, da Chicago a Chiang Mai, in Thailandia, e a Chisinau, in Moldavia.
«La grande attrattiva del tempo presente» è il titolo dell’incontro che si svolge nel pomeriggio del 3 marzo presso il Centro Mariapoli di Castel Gandolfo. Una panoramica sul volto sociale del carisma della Lubich, con testimonianze dai cinque continenti, al quale è stato invitato il cardinale segretario di stato, Pietro Parolin, insieme a personalità del mondo della cultura, della comunicazione, delle istituzioni. In programma gli interventi della presidente Maria Voce, di cui anticipiamo ampi stralci, e del co-presidente, lo spagnolo Jesús Morán, che mette in evidenza proprio l’aspetto della «profezia sociale» della fondatrice dei Focolari. Una profezia oggi diffusa e incarnata in innumerevoli contesti, cui non mancano i frangenti più difficili e dolorosi. Come dimostrano, per esempio, le toccanti testimonianze di Viviane e Jean, coppia di sposi siriana che, resistendo alla tentazione di fuggire dalla guerra, ha dato vita ad Aleppo a un centro di accoglienza per bambini disabili. Oppure la testimonianza di Maria, da quindici anni insegnante tra i ragazzi difficili alla periferia di Parigi. O la storia di riscatto sociale del filippino Glysheryl Magna. E, ancora, le tante esperienze di «economia di comunione», che dimostrano come anche con la crisi «la persona viene prima del profitto».
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(Maria Voce) Già dai primi anni, Chiara capiva che la luce che Dio le aveva donato con il carisma dell’unità non era solo «una via di santità che poteva condurre al vertice dell’amore evangelico, ma (era anche) la norma di una vita nuova». Il Vangelo, letto insieme al lume di candela nei rifugi antiaerei, riscoperto e vissuto con l’intensità dell’irrompere di questa luce, si rivelava sorgente della più profonda trasformazione sociale: la provvidenza del Padre, le promesse di Gesù, le beatitudini come carta d’identità del cristiano, l’amore come legge, l’umanità come famiglia, la fraternità universale, l’amore particolare per gli ultimi, i poveri.
Chiara stessa racconta che in quei primi mesi avevano una meta: risolvere il problema sociale di Trento. Anni intensi, durante i quali le prime focolarine non si risparmiavano nel correre da una parte all’altra di Trento a portare il loro aiuto a chiunque avesse bisogno. Invitavano i poveri a pranzare nella loro casa e, mettendo la tovaglia più bella che avevano, si sedevano a tavola con loro: una focolarina, un povero, una focolarina, un povero; davano da mangiare ma da fratelli, non da benefattori.
Anche oggi i membri del movimento in tutto il mondo sono impegnati a creare rapporti di fratellanza e solidarietà, non solo dando da mangiare ai più poveri, ma anche trovando o creando posti di lavoro. È ancora questa vita l’espressione della spiritualità dell’unità, che Chiara ci trasmette, incentrata su Gesù, Dio e uomo, che si fa presente — come ha promesso — fra gli uomini che si amano, ma anche sulle strade della loro storia umana concreta, contingente. È una via collettiva che irradia, contagia, si apre a quanti l’avvicinano e produce un’azione che può incidere e trasformare tutti gli aspetti della società e della storia. Persino situazioni tragiche di guerra o genocidio possono diventare storia di speranza, se ci lasciamo plasmare dalle parole del Vangelo: una sola potrebbe mutare il mondo. Diceva Chiara: «Il Vangelo non è veramente capito, perché, se lo fosse, non occorrerebbe altro per la rivoluzione sociale».
Alla domanda «quali sono le opere che fate concretamente», Chiara risponde: «Il movimento è proprio caratterizzato dall’amore. L’amore che cosa porta? Porta a farsi uno con gli altri per poter servire tutti perché il cristianesimo è amore e amore significa servizio. Allora in tutte le nazioni, dove andiamo, cerchiamo di individuare quale deve essere il primo servizio che va fatto a quella nazione, a quel popolo, a quelle persone. Così si vanno delineando diverse forme di servizio e diverse opere che non hanno fine a se stesse» ma rispondono «ai bisogni di quel popolo e allora lì nascono delle opere sociali».
Ma quale è il modello di questa «norma di una vita nuova»? Nel 2006 ai partecipanti a un seminario di studi su “abitare la città” Chiara scriveva: «Mi è stata chiesta una parola ed ho pensato: quando il Verbo di Dio si è fatto uomo ed è venuto in terra, vi ha portato il modo di vivere del Cielo, il modo di vivere della Trinità: l’amore. La Trinità è modello di tutte le manifestazioni umane». E altrove spiega: «Sono tre le Persone della Trinità, eppure sono Uno perché l’amore non è ed è nel medesimo tempo in un eterno donarsi. È questo il dinamismo della vita intratrinitaria, che si manifesta come incondizionato reciproco dono di sé, mutuo annullamento amoroso, totale ed eterna comunione. È la vita della Trinità che possiamo imitare, amandoci fra di noi. Allora quella vita non sarà più vissuta soltanto nell’interiorità della singola persona, ma diventerà liberamente vita dell’intera famiglia umana».
Dio, pur essendo Uno, non è solo ma è una realtà d’amore che dice pluralità. Modello di ogni convivenza umana, dei nostri rapporti interpersonali e sociali, è dunque l’amore trinitario. Esso può incarnarsi, a esempio, nella città che Chiara ha sempre guardato con un interesse particolare. Ogni città ha una “vocazione”, un disegno specifico che può divenire dono, una nota nella sinfonia dell’insieme. È con questo sguardo che lei, nei suoi molti viaggi come nell’accogliere le numerose onorificenze e cittadinanze onorarie, ha voluto scoprire e far conoscere l’anima di ogni città. Forse anche per questo ha sempre desiderato vedere realizzate piccole cittadelle, laboratori di convivenza umana, bozzetti di mondo unito, testimonianza di come potrebbe essere la società basata sull’amore reciproco del Vangelo, sulla fraternità vissuta.
Sono venticinque le cittadelle del movimento presenti in tutti i continenti, nei più svariati contesti sociali e culturali, come negli Stati Uniti, nel Camerun, nelle Filippine, in Germania, Brasile, Argentina. Chiara ne è stata l’ispiratrice, ne ha seguito e illuminato gli sviluppi. Il prototipo di esse, la Mariapoli permanente di Loppiano, in Toscana, avrà la gioia e l’onore di ricevere il prossimo 10 maggio la visita di Papa Francesco. Guardando a esse, Chiara le indicava come: «città/piano inclinato verso chi soffre per dubbi, incertezze, mancanza di futuro e dà a tutti sicurezza e speranza. È una mano tesa verso chi cerca la felicità oggi in modo errato, nella droga, nell’erotismo, nella ricchezza. Dice a tutti e dimostra che la vera e perfetta gioia sta nel seguire Gesù. Illumina chi soffre le varie disunità in famiglia o nel proprio ambiente perché offre l’esempio e il segreto dell’unità. Disarma chi è tentato di violenza in tutti i campi perché dimostra, a esempio, con l’internazionalità dei suoi abitanti, che è con la mitezza, frutto dell’amore, che si può conquistare il mondo».
Chi visita queste cittadelle vi trova una casa, una famiglia, una madre: Maria. È lei che forma e informa la socialità di tutta l’Opera generata da Chiara. Nel Magnificat Chiara da sempre ci ha indicato un programma di vita e di azione: «La magna carta della dottrina sociale cristiana inizia là dove Maria canta: “Ha rovesciato i potenti dai troni, ha innalzato gli umili; ha ricolmato di beni gli affamati, ha rimandato a mani vuote i ricchi”». L’abbiamo sperimentato fin dall’inizio del movimento e continua tutt’ora: c’è chi mette in comune i gioielli, chi terreni, chi beni di ogni tipo, chi i propri bisogni. Scegliendo uno stile di vita sobrio, ci si aiuta tutti ad avere il necessario. Nel Vangelo sta la più alta e travolgente rivoluzione. E forse è nei piani di Dio che anche in quest’epoca, immersa nella soluzione dei problemi sociali, sia la Madonna a dare a noi tutti una mano per edificare, consolidare, erigere e mostrare al mondo una società nuova in cui riecheggi potente il Magnificat.

L'Osservatore Romano