giovedì 7 settembre 2017

Viaggio Apostolico del Santo Padre Francesco in Colombia (6-11 settembre 2017) – Incontro con le Autorità al Palazzo Presidenziale di Bogotá e Visita di cortesia al Presidente della Repubblica della Colombia. Discorso del Santo Padre

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Viaggio Apostolico del Santo Padre Francesco in Colombia (6-11 settembre 2017) – Incontro con le Autorità al Palazzo Presidenziale di Bogotá e Visita di cortesia al Presidente della Repubblica della Colombia. Discorso del Santo Padre "Quanto più difficile è il cammino che conduce alla pace e all’intesa, tanto più impegno dobbiamo mettere nel riconoscere l’altro, sanare le ferite e costruire ponti, nello stringere legami e aiutarci a vicenda" 
Sala stampa della Santa Sede 
[Text: Italiano, Français, English, Español, Português]
Signor Presidente,
Membri del Governo della Repubblica e del Corpo Diplomatico,
Distinte Autorità,
Rappresentanti della società civile,
Signore e Signori!
Saluto cordialmente il Signor Presidente della Colombia, Dottor Juan Manuel Santos, e lo ringrazio per il suo gentile invito a visitare questa Nazione in un momento particolarmente importante della sua storia; saluto i membri del Governo della Repubblica e del Corpo Diplomatico. E, in voi, Rappresentanti della società civile, desidero salutare affettuosamente tutto il popolo colombiano, in questi primi momenti del mio Viaggio Apostolico.
Vengo in Colombia sulle orme dei miei Predecessori, il beato Paolo VI e san Giovanni Paolo II, e come loro mi muove il desiderio di condividere con i miei fratelli colombiani il dono della fede, che tanto fortemente si è radicato in queste terre, e la speranza che palpita nel cuore di tutti. Solo così, con fede e speranza, si possono superare le numerose difficoltà del cammino e costruire un Paese che sia Patria e casa per tutti i colombiani.
La Colombia è una Nazione benedetta in moltissimi modi; la natura prodiga non solo lascia ammirati per la sua bellezza, ma invita anche ad aver cura con rispetto della sua biodiversità. La Colombia è il secondo Paese del mondo per biodiversità e, percorrendolo, si può gustare e vedere com’è stato buono il Signore (cfr Sal 33,9) a regalarvi una così immensa varietà di flora e fauna nelle sue selve piovose, nelle sue lande, nel Chocó, nei faraglioni di Cali e nelle montagne come quelle della Macarena e in tanti altri luoghi. Ugualmente esuberante è la sua cultura; e, ciò che è più importante, la Colombia è ricca per la qualità umana della sua gente, uomini e donne di spirito accogliente e buono; persone tenaci e coraggiose per superare gli ostacoli.
Questo incontro mi offre l’opportunità di esprimere l’apprezzamento per gli sforzi compiuti, negli ultimi decenni, per porre fine alla violenza armata e trovare vie di riconciliazione. Nell’ultimo anno certamente si è progredito in modo particolare; i passi avanti fanno crescere la speranza, nella convinzione che la ricerca della pace è un lavoro sempre aperto, un compito che non dà tregua e che esige l’impegno di tutti. Lavoro che ci chiede di non venir meno nello sforzo di costruire l’unità della nazione e, malgrado gli ostacoli, le differenze e i diversi approcci sul modo di raggiungere la convivenza pacifica, persistere nella lotta per favorire la cultura dell’incontro, che esige di porre al centro di ogni azione politica, sociale ed economica la persona umana, la sua altissima dignità, e li rispetto del bene comune. Che questo sforzo ci faccia rifuggire da ogni tentazione di vendetta e ricerca di interessi solo particolari e a breve termine. Quanto più difficile è il cammino che conduce alla pace e all’intesa, tanto più impegno dobbiamo mettere nel riconoscere l’altro, sanare le ferite e costruire ponti, nello stringere legami e aiutarci a vicenda (cfr Esort. ap. Evangelii gaudium, 67).
Il motto di questo Paese recita: «Libertà e Ordine». In queste due parole è racchiuso tutto un insegnamento. I cittadini devono essere stimati nella loro libertà e protetti con un ordine stabile. Non è la legge del più forte, ma la forza della legge, quella che è approvata da tutti, a reggere la convivenza pacifica. Occorrono leggi giuste che possano garantire tale armonia e aiutare a superare i conflitti che hanno distrutto questa Nazione per decenni; leggi che non nascono dall’esigenza pragmatica di ordinare la società bensì dal desiderio di risolvere le cause strutturali della povertà che generano esclusione e violenza. Solo così si guarisce da una malattia che rende fragile e indegna la società e la lascia sempre sulla soglia di nuove crisi. Non dimentichiamo che l’ingiustizia è la radice dei mali sociali (cfr ibid., 202).
In questa prospettiva, vi incoraggio a rivolgere lo sguardo a tutti coloro che oggi sono esclusi ed emarginati dalla società, quelli che non contano per la maggioranza e sono tenuti indietro e in un angolo. Tutti siamo necessari per creare e formare la società. Questa non si fa solo con alcuni di “sangue puro”, ma con tutti. E qui sta la grandezza e la bellezza di un Paese: nel fatto che tutti sono accolti e tutti sono importanti. Nella diversità sta la ricchezza. Penso a quel primo viaggio di san Pietro Claver da Cartagena fino a Bogotá solcando il [fiume] Magdalena: la sua meraviglia è la nostra. Ieri e oggi, fissiamo lo sguardo sulle diverse etnie e gli abitanti delle zone più remote, sui contadini. La fissiamo sui più deboli, su quanti sono sfruttati e maltrattati, su quelli che non hanno voca perché ne sono stati privati, o non l’hanno avuta, o non è loro riconosciuta. Fissiamo lo sguardo anche sulla donna, sul suo apporto, il suo talento, il suo essere “madre” nei diversi compiti. La Colombia ha bisogno di tutti per aprirsi al futuro con speranza.
La Chiesa, fedele alla sua missione, è impegnata per la pace, la giustizia e il bene comune. E’ consapevole che i principi evangelici costituiscono una dimensione significativa del tessuto sociale colombiano e per questo possono contribuire molto alla crescita del Paese; in modo speciale il sacro rispetto della vita umana, soprattutto la più debole e indifesa, è una pietra angolare nella costruzione di una società libera dalla violenza. Inoltre, non possiamo non mettere in risalto l’importanza sociale della famiglia, sognata da Dio come il frutto dell’amore degli sposi, «luogo dove si impara a convivere nella differenza e ad appartenere ad altri» (ibid., 66). E, per favore, vi chiedo di ascoltare i poveri, quelli che soffrono. Guardateli negli occhi e lasciatevi interrogare in ogni momento dai loro volti solcati di dolore e dalle loro mani supplicanti. Da loro si imparano autentiche lezioni di vita, di umanità, di dignità. Perché loro, che gemono in catene, comprendono le parole di colui che morì sulla croce – come recita il vostro inno nazionale.
Signore e Signori, avete dinanzi a voi una bella e nobile missione, che è al tempo stesso un difficile compito. Risuona nel cuore di ogni colombiano lo spirito del gran compatriota Gabriel García Marquez: «Tuttavia, davanti all’oppressione, il saccheggio e l’abbandono, la nostra risposta è la vita. Né diluvi né pestilenze, né fame né cataclismi, e nemmeno le guerre infinite lungo secoli e secoli hanno potuto ridurre il tenace vantaggio della vita sulla morte. Un vantaggio che aumenta e accelera». E’ dunque possibile – continua lo scrittore – «una nuova e travolgente utopia della vita, dove nessuno possa decidere per gli altri persino il modo di morire, dove davvero sia certo l’amore e sia possibile la felicità, e dove le stirpi condannate a cent’anni di solitudine abbiano infine e per sempre una seconda opportunità sulla terra» (Discorso in occasione del Premio Nobel, 1982).
Molto è il tempo passato nell’odio e nella vendetta… La solitudine di stare sempre gli uni contro gli altri si conta ormai a decenni e sa di cent’anni; non vogliamo che qualsiasi tipo di violenza restringa o annulli ancora una sola vita. E ho voluto venire fino a qui per dirvi che non siete soli, che siamo tanti a volervi accompagnare in questo passo; questo viaggio vuole essere un incitamento per voi, un contributo che spiani un po’ il cammino verso la riconciliazione e la pace.
Siete presenti nelle mie preghiere. Prego per voi, per il presente e per il futuro della Colombia.
 Testo originale: Spagnolo
Señor Presidente,
Miembros del Gobierno de la República y del Cuerpo Diplomático,
Distinguidas Autoridades,
Representantes de la sociedad civil,
Señoras y señores.
Saludo cordialmente al Señor Presidente de Colombia, Doctor Juan Manuel Santos, y le agradezco su amable invitación a visitar esta Nación en un momento particularmente importante de su historia; saludo a los miembros del Gobierno de la República y del Cuerpo Diplomático. Y, en ustedes, representantes de la sociedad civil, quiero saludar afectuosamente a todo el pueblo colombiano, en estos primeros instantes de mi Viaje Apostólico.
Vengo a Colombia siguiendo la huella de mis predecesores, el beato Pablo VI y san Juan Pablo II y, como a ellos, me mueve el deseo de compartir con mis hermanos colombianos el don de la fe, que tan fuertemente arraigó en estas tierras, y la esperanza que palpita en el corazón de todos. Sólo así, con fe y esperanza, se pueden superar las numerosas dificultades del camino y construir un País que sea Patria y casa para todos los colombianos.
Colombia es una Nación bendecida de muchísimas maneras; la naturaleza pródiga no sólo permite la admiración por su belleza, sino que también invita a un cuidadoso respeto por su biodiversidad. Colombia es el segundo País del mundo en biodiversidad y, al recorrerlo, se puede gustar y ver qué bueno ha sido el Señor (cf. Sal 33,9) al regalarles tan inmensa variedad de flora y fauna en sus selvas lluviosas, en sus páramos, en el Chocó, los farallones de Cali o las sierras como las de la Macarena y tantos otros lugares. Igual de exuberante es su cultura; y lo más importante, Colombia es rica por la calidad humana de sus gentes, hombres y mujeres de espíritu acogedor y bondadoso; personas con tesón y valentía para sobreponerse a los obstáculos.
Este encuentro me ofrece la oportunidad para expresar el aprecio por los esfuerzos que se hacen, a lo largo de las últimas décadas, para poner fin a la violencia armada y encontrar caminos de reconciliación. En el último año ciertamente se ha avanzado de modo particular; los pasos dados hacen crecer la esperanza, en la convicción de que la búsqueda de la paz es un trabajo siempre abierto, una tarea que no da tregua y que exige el compromiso de todos. Trabajo que nos pide no decaer en el esfuerzo por construir la unidad de la nación y, a pesar de los obstáculos, diferencias y distintos enfoques sobre la manera de lograr la convivencia pacífica, persistir en la lucha para favorecer la cultura del encuentro, que exige colocar en el centro de toda acción política, social y económica, a la persona humana, su altísima dignidad, y el respeto por el bien común. Que este esfuerzo nos haga huir de toda tentación de venganza y búsqueda de intereses sólo particulares y a corto plazo. Cuanto más difícil es el camino que conduce a la paz y al entendimiento, más empeño hemos de poner en reconocer al otro, en sanar las heridas y construir puentes, en estrechar lazos y ayudarnos mutuamente (cf. Exhort. ap. Evangelii gaudium, 67).
El lema de este País dice: «Libertad y Orden». En estas dos palabras se encierra toda una enseñanza. Los ciudadanos deben ser valorados en su libertad y protegidos por un orden estable. No es la ley del más fuerte, sino la fuerza de la ley, la que es aprobada por todos, quien rige la convivencia pacífica. Se necesitan leyes justas que puedan garantizar esa armonía y ayudar a superar los conflictos que han desgarrado esta Nación por décadas; leyes que no nacen de la exigencia pragmática de ordenar la sociedad sino del deseo de resolver las causas estructurales de la pobreza que generan exclusión y violencia. Sólo así se sana de una enfermedad que vuelve frágil e indigna a la sociedad y la deja siempre a las puertas de nuevas crisis. No olvidemos que la inequidad es la raíz de los males sociales (cf. ibíd., 202).
En esta perspectiva, los animo a poner la mirada en todos aquellos que hoy son excluidos y marginados por la sociedad, aquellos que no cuentan para la mayoría y son postergados y arrinconados. Todos somos necesarios para crear y formar la sociedad. Esta no se hace sólo con algunos de «pura sangre», sino con todos. Y aquí radica la grandeza y belleza de un País, en que todos tienen cabida y todos son importantes. En la diversidad está la riqueza. Pienso en aquel primer viaje de san Pedro Claver desde Cartagena hasta Bogotá surcando el Magdalena: su asombro es el nuestro. Ayer y hoy, posamos la mirada en las diversas etnias y los habitantes de las zonas más lejanas, los campesinos. La detenemos en los más débiles, en los que son explotados y maltratados, aquellos que no tienen voz porque se les ha privado de ella o no se les ha dado, o no se les reconoce. También detenemos la mirada en la mujer, su aporte, su talento, su ser «madre» en las múltiples tareas. Colombia necesita la participación de todos para abrirse al futuro con esperanza.
La Iglesia, en fidelidad a su misión, está comprometida con la paz, la justicia y el bien de todos. Es consciente de que los principios evangélicos constituyen una dimensión significativa del tejido social colombiano, y por eso pueden aportar mucho al crecimiento del País; en especial, el respeto sagrado a la vida humana, sobre todo la más débil e indefensa, es una piedra angular en la construcción de una sociedad libre de violencia. Además, no podemos dejar de destacar la importancia social de la familia, soñada por Dios como el fruto del amor de los esposos, «lugar donde se aprende a convivir en la diferencia y a pertenecer a otros» (ibíd., 66). Y, por favor, les pido que escuchen a los pobres, a los que sufren. Mírenlos a los ojos y déjense interrogar en todo momento por sus rostros surcados de dolor y sus manos suplicantes. En ellos se aprenden verdaderas lecciones de vida, de humanidad, de dignidad. Porque ellos, que entre cadenas gimen, sí que comprenden las palabras del que murió en la cruz —como dice la letra de vuestro himno nacional—.
Señoras y señores, tienen delante de sí una hermosa y noble misión, que es al mismo tiempo una difícil tarea. Resuena en el corazón de cada colombiano el aliento del gran compatriota Gabriel García Márquez: «Sin embargo, frente a la opresión, el saqueo y el abandono, nuestra respuesta es la vida. Ni los diluvios ni las pestes, ni las hambrunas ni los cataclismos, ni siquiera las guerras eternas a través de los siglos y los siglos han conseguido reducir la ventaja tenaz de la vida sobre la muerte. Una ventaja que aumenta y se acelera». Es posible entonces, continúa el escritor, «una nueva y arrasadora utopía de la vida, donde nadie pueda decidir por otros hasta la forma de morir, donde de veras sea cierto el amor y sea posible la felicidad, y donde las estirpes condenadas a cien años de soledad tengan por fin y para siempre una segunda oportunidad sobre la tierra» (Discurso de aceptación del premio Nobel, 1982).
Es mucho el tiempo pasado en el odio y la venganza... La soledad de estar siempre enfrentados ya se cuenta por décadas y huele a cien años; no queremos que cualquier tipo de violencia restrinja o anule ni una vida más. Y quise venir hasta aquí para decirles que no están solos, que somos muchos los que queremos acompañarlos en este paso; este viaje quiere ser un aliciente para ustedes, un aporte que en algo allane el camino hacia la reconciliación y la paz.
Están presentes en mis oraciones. Rezo por ustedes, por el presente y por el futuro de Colombia.
Traduzione in lingua francese
Monsieur le Président,
Membres du Gouvernement de la République et du Corps Diplomatique
Distinguées Autorités,
Représentants de la société civile,
Mesdames et Messieurs,
Je salue cordialement Monsieur le Président de la Colombie, le Docteur Juan Manuel Santos, et je le remercie pour son aimable invitation à visiter cette Nation en un moment particulièrement important de son histoire ; je salue les membres du Gouvernement de la République et du Corps Diplomatique. Et, à travers vous, représentants de la société civile, je voudrais saluer affectueusement tout le peuple colombien, en ces premiers instants de mon voyage apostolique.
Je viens en Colombie, en suivant les traces de mes prédécesseurs, le bienheureux Paul VI et saint Jean-Paul II et, comme eux, je suis animé du désir de partager avec mes frères colombiens le don de la foi, qui s’est si fortement enracinée en ces terres, et l’espérance qui palpite dans le coeur de tous. Ce n’est qu’ainsi, avec foi et espérance, qu’on peut surmonter les nombreuses difficultés du chemin et construire un pays qui soit une patrie et une maison pour tous les Colombiens.
La Colombie est une Nation bénie de nombreuses manières ; la nature généreuse non seulement permet l’admiration pour sa beauté, mais aussi invite à un respect minutieux de sa biodiversité. La Colombie est le deuxième pays au monde en biodiversité, et en le parcourant, on peut goûter et voir combien le Seigneur a été bon (cf. Ps 33, 9), en la dotant d’une si grande diversité de flore et de faune à travers ses forêts arrosées par la pluie, à travers ses déserts, à travers le Chocó, les falaises de Cali ou les chaînes de montagnes comme celles de la Macarena et tant d’autres lieux. De même, sa culture est exubérante ; et le plus important : la Colombie est riche par la qualité humaine de ses habitants, hommes et femmes à l’esprit accueillant et bon ; des personnes dotées de ténacité et de courage pour surmonter les obstacles.
Cette rencontre m’offre l’occasion d’exprimer mon appréciation pour les efforts faits tout au long des dernières décennies, pour mettre fin à la violence armée et trouver des chemins de réconciliation. Au cours de l’année écoulée, on a avancé certainement de manière significative. Les pas faits font grandir l’espérance, dans la conviction que la recherche de la paix est un travail toujours inachevé, une tâche sans répit et qui exige l’engagement de tous. Travail qui nous demande de ne pas relâcher l’effort de construire l’unité de la nation et, malgré les obstacles, les différences et les diverses approches sur la manière de parvenir à la cohabitation pacifique, de persévérer dans la lutte afin de favoriser la ‘‘culture de la rencontre’’ qui exige de mettre au centre de toute action, sociale et économique, la personne humaine, sa très haute dignité, et le respect du bien commun. Que cet effort nous fasse fuir toute tentation de vengeance et de recherche d’intérêts uniquement particuliers et à court terme ! Plus difficile est le chemin qui conduit à la paix et à l’entente, plus nous devons nous engager à reconnaître l’autre, à guérir les blessures et à construire des ponts, à serrer les liens et à nous entraider (cf. Exhort. Ap. Evangelii gaudium, n. 67).
La devise de ce pays dit : « Liberté et ordre ». Dans ces deux mots se trouve tout un enseignement. Les citoyens doivent être respectés dans leur liberté et protégés par un ordre stable. Ce n’est pas la loi du plus fort, mais la force de la loi, approuvée par tous, qui régit la cohabitation pacifique. Il faut des lois justes pouvant garantir cette harmonie et aider à surmonter les conflits qui ont déchiré cette Nation durant des décennies ; des lois qui ne naissent pas de l’exigence pragmatique de mettre de l’ordre dans la société mais du désir de s’attaquer aux causes structurelles de la pauvreté qui génèrent exclusion et violence. Ce n’est qu’ainsi qu’on soigne la maladie qui fragilise et rend indigne la société et la laisse toujours au seuil de nouvelles crises. N’oublions pas que l’iniquité est la racine des maux sociaux (cf. ibid., n.202).
Dans cette perspective, je vous encourage à poser le regard sur tous ceux qui, aujourd’hui, sont exclus et marginalisés par la société, ceux qui ne comptent pas pour la majorité et qui sont repoussés et mis à l’écart. Nous sommes tous nécessaires pour créer et former la société. Celle-ci n’est pas constituée uniquement par quelques-uns de ‘‘pur-sang’’, mais par tous. Et c’est ici que s’enracinent la grandeur et la beauté d’un pays, dans lequel tous ont une place et tous sont importants. Il y a de la richesse dans la diversité. Je pense à ce premier voyage de saint Pierre Claver depuis Cartagena jusqu’à Bogota en naviguant sur le Magdalena : sa stupéfaction est la nôtre. Hier et aujourd’hui, nous posons le regard sur les différentes ethnies et sur les habitants des zones les plus reculées, les paysans. Nous arrêtons le regard sur les plus faibles, sur ceux qui sont exploités et maltraités, sur ceux qui n’ont pas de voix, parce qu’on les en a privé ou qu’on ne la leur a pas donnée, ou qu’on ne la leur reconnaît pas. Nous arrêtons le regard également sur la femme, sur son apport, sur son talent, sur sa façon d’être ‘‘mère’’ dans les multiples tâches. La Colombie a besoin de la participation de tous pour s’ouvrir à l’avenir avec espérance.
L’Église, fidèle à sa mission, s’engage pour la paix, la justice et le bien de tous. Elle est consciente que les principes évangéliques constituent une dimension significative du tissu social colombien, et pour cela, peuvent apporter beaucoup à la croissance du pays. En particulier, le respect sacré de la vie humaine, surtout la plus faible et sans défense, est une pierre angulaire dans la construction d’une société sans violence. En outre, nous ne pouvons nous empêcher de souligner l’importance sociale de la famille, voulue par Dieu comme le fruit de l’amour des époux, « lieu où l’on apprend à vivre ensemble dans la différence et à appartenir aux autres » (Ibid. n. 66). Et s’il vous plaît, je vous demande d’écouter les pauvres, ceux qui souffrent. Regardez-les dans les yeux et laissez-vous interroger à tout moment par leurs visages sillonnés de souffrance et par leurs mains suppliantes. En eux, on apprend d’authentiques leçons de vie, d’humanité, de dignité. Car, ceux-là, qui gémissent dans les chaînes, comprennent, bien-sûr, les paroles de celui qui est mort sur la croix – comme le dit le texte de votre hymne national –.
Mesdames et Messieurs, vous avez devant vous une belle et noble mission, qui est en même temps une tâche difficile. L’encouragement de votre grand compatriote Gabriel García Márquez résonne dans le coeur de chaque Colombien : « Sans doute, face à l’oppression, le pillage et l’abandon, notre réponse est la vie. Ni les déluges ni les pestes, ni les famines ni les cataclysmes, ni même les guerres éternelles tout au long des siècles ne sont parvenus à réduire l’avantage tenace de la vie sur la mort. Un avantage qui augmente et s’accélère ». Est donc possible, poursuit l’écrivain, « une nouvelle et irrésistible utopie de la vie, où personne ne peut décider pour les autres, ni même la façon de mourir, où vraiment l’amour est certain et le bonheur possible, et où les lignées condamnées à cent ans de solitude ont, enfin et pour toujours, une seconde opportunité sur la terre » (Discours de réception du Prix Nobel, 1982).
Beaucoup de temps a été passé dans la haine et dans la vengeance… La solitude de la confrontation permanente se compte déjà par décades et semble avoir duré cent ans ; nous ne voulons pas que quelque genre de violence que ce soit limite ou sacrifie ne serait-ce qu’une seule vie de plus. Et j’ai voulu venir ici pour vous dire que vous n’êtes pas seuls, que nous sommes nombreux, nous qui voulons vous accompagner sur ce chemin ; ce voyage se veut un encouragement pour vous, un apport qui en quelque sorte aplanit le chemin vers la réconciliation et la paix.
Vous êtes présents dans mes prières. Je prie pour vous, pour le présent et pour l’avenir de la Colombie.
Traduzione in lingua inglese
Mr President,
Members of the Government and of the Diplomatic Corps,
Distinguished Authorities,
Representatives of Civil Society,
Ladies and Gentlemen,
I offer my cordial greetings to Your Excellency Juan Manuel Santos, the President of Columbia, and I thank you for your kind invitation to visit this nation at a particularly important moment in its history; I greet the members of the Government of the Republic and of the Diplomatic Corps. And through you, the Representatives of civil society, I extend my warm wishes to all the people of Colombia, as I begin my Apostolic Visit.
I come to Columbia following in the footsteps of my predecessors, Blessed Paul VI and Saint John Paul II. Like them, I am moved by the desire to share with my Colombian brothers and sisters the gift of faith, which put down its roots so strongly in these lands, and the hope which beats in the hearts of everyone. Only in this way, by means of faith and hope, can we overcome the numerous difficulties encountered along the way, to build a country that is a motherland and a home to all Colombians.
Colombia is a nation blessed in so many ways; its bountiful nature not only inspires admiration for its beauty, but also requires careful respect for its biodiversity. Colombia ranks second in the world in terms of biodiversity; travelling through this land one can taste and see how good the Lord has been (cf. Ps 33:9) in bestowing such immense variety of flora and fauna in the rainforests, the Páramos, the Chocó region, the farallones of Cali and mountain ranges like the Macarena, and in so many other places. Equally vibrant is the culture of this nation. But above all, Colombia is rich in the human value of its people, men and women with a welcoming and generous heart, courageous and determined in the face of obstacles.
This meeting allows me to express my appreciation for all the efforts undertaken over the last decades to end armed violence and to seek out paths of reconciliation. Over the past year significant progress has been made; the steps taken give rise to hope, in the conviction that seeking peace is an open-ended endeavour, a task which does not relent, which demands the commitment of everyone. It is an endeavour challenging us not to weaken our efforts to build the unity of the nation. Despite obstacles, differences and varying perspectives on the way to achieve peaceful coexistence, this task summons us to persevere in the struggle to promote a “culture of encounter”. This requires us to place at the centre of all political, social and economic activity the human person, who enjoys the highest dignity, and respect for the common good. May this determination help us flee from the temptation to vengeance and the satisfaction of short-term partisan interests. The more demanding the path that leads to peace and understanding, the greater must be our efforts to acknowledge each another, to heal wounds, to build bridges, to strengthen relationships and support one another (cf. Evangelii Gaudium, 67).
The motto of this country is: “Freedom and Order”. These two words contain a complete lesson. Citizens must be valued according to their freedom and be protected by a stable order. It is not the law of the most powerful, but rather the power of the law, approved by all, that regulates a peaceful coexistence. Just laws are needed, which can ensure harmony and which can help overcome the conflicts that have torn apart this nation for decades; laws are required which are not born from the pragmatic need to order society but rather arise from the desire to resolve the structural causes of poverty that lead to exclusion and violence. Only in this way can there be healing of the sickness that brings fragility and lack of dignity to society, leaving it always vulnerable to new crises. Let us not forget that inequality is the root of social ills (cf. ibid. 202).
In this perspective, I encourage you to look to all those who today are excluded and marginalised by society, those who have no value in the eyes of the majority, who are held back, cast aside. Everyone is needed in the work of creating and shaping society. This is not achieved simply with those of “pure blood”, but by all. And here lies the greatness and beauty of a country, where all fit in and where all are important. Real wealth is diversity. I think of the first voyage of Saint Peter Claver from Cartagena to Bogotá, going up the Magdalena: his amazement is ours too. Then and now, we observe the variety of ethnic groups and the inhabitants of the remotest regions, the campesinos. Our gaze fixes upon the weakest, the oppressed and maltreated, those who have no voice, either because it has been taken from them, or was never given to them, or because they are ignored. Let us stop to recognize women, their contribution, their talent, their being “mothers” in their great number of tasks. Colombia needs the participation of all so as to face the future with hope.
The Church, faithful to her mission, is committed to peace, justice and the good of all. She is conscious that the principles of the Gospel are a significant dimension of the social fabric of Colombia, and thus can contribute greatly to the growth of the country; particularly, sacrosanct respect for human life, above all for the weakest and most defenceless, is a cornerstone in the formation of a society free from violence. We cannot fail, moreover, to emphasize the social importance of the family, envisioned by God to be the fruit of spousal love, that place “where we learn to live with others despite our differences and to belong to one another” (ibid. 66). I ask you, please, to listen to the poor, to those who suffer. Look them in the eye and let yourselves be continually questioned by their faces racked with pain and by their pleading hands. From them we learn true lessons about life, humanity and dignity. For they, who cry out from their shackles, really understand the words of the one who died on the cross, as expressed by the words of your national anthem.
Ladies and Gentlemen, you have before you a fine and noble mission, which is also a difficult task. May the aspiration of the great Colombian patriot, Gabriel García Márquez, resound in the heart of each citizen: “In spite of this, before oppression, plundering and abandonment, we respond with life. Neither floods nor plagues, famines nor cataclysms, nor even the unending wars down the centuries, have been able to subdue the tenacious advantage of life over death. An advantage which is both increasing and accelerating”. What is thus made possible, continues the author, is “a new and sweeping utopia of life, where no one will be able to decide for others how they die, where love will prove true and happiness made possible, and where the races condemned to one hundred years of solitude will, at last and forever, have a second opportunity on earth” (Gabriel García Márquez, Nobel Prize Acceptance Speech, 1982).
There has been too much hatred and vengeance… The solitude of always being at loggerheads has been familiar for decades, and its smell has lingered for a hundred years; we do not want any type of violence whatsoever to restrict or destroy one more life. I have wanted to come here to tell you that you are not alone, that there are many of us who accompany you in taking this step; this visit intends to offer you an incentive, a contribution that in some way paves the path to reconciliation and peace.
You are in my prayers. I pray for you, for Columbia’s present and future.
Traduzione in lingua portoghese
Senhor Presidente,
Membros do Governo da República e do Corpo Diplomático,
Distintas Autoridades,
Representantes da sociedade civil,
Senhoras e senhores!
Saúdo cordialmente o Senhor Presidente da Colômbia, Doutor Juan Manuel Santos, e agradeço-lhe o amável convite para visitar esta Nação num momento particularmente importante da sua história; saúdo os membros do Governo da República e do Corpo Diplomático. E em vós, Representantes da sociedade civil, quero saudar carinhosamente todo o povo colombiano, nestes primeiros momentos da minha Viagem Apostólica.
Venho à Colômbia seguindo os passos dos meus Predecessores – o Beato Paulo VI e São João Paulo II – e, como a eles, move-me o desejo de partilhar com os meus irmãos colombianos o dom da fé, que ganhou raízes tão fortes nestas terras, e a esperança que palpita no coração de todos. Só assim, com fé e esperança, é possível superar as numerosas dificuldades do caminho e construir um país que seja pátria e casa para todos os colombianos.
A Colômbia é uma nação abençoada de muitas maneiras. A sua natureza generosa não só permite a admiração da sua beleza, mas convida também a respeitar cuidadosamente a sua biodiversidade. A Colômbia é o segundo país do mundo em biodiversidade e, percorrendo-o, pode-se saborear e ver como foi bom o Senhor (cf. Sal 33, 9) ao presentear-vos com uma variedade tão grande de flora e fauna nas vossas florestas pluviais, nos vossos páramos, no Chocó, nos penhascos de Cali ou nas montanhas como as da Macarena e em tantos outros lugares. Igualmente exuberante é a sua cultura; e, mais importante, a Colômbia é rica pela qualidade humana das suas populações, homens e mulheres de espírito acolhedor e gentil; pessoas tenazes e corajosas na superação dos obstáculos.
Este encontro dá-me oportunidade de vos manifestar o meu apreço pelos esforços feitos, durante os últimos decénios, para pôr termo à violência armada e encontrar caminhos de reconciliação. Sem dúvida, neste último ano, progrediu-se de modo particular; e os passos dados fazem crescer a esperança, na convicção de que a busca da paz é uma obra sempre em aberto, uma tarefa que não dá tréguas e exige o compromisso de todos. Uma obra que nos pede para não esmorecermos no esforço por construir a unidade da nação e – apesar dos obstáculos, das diferenças e das diversas abordagens sobre o modo como conseguir a convivência pacífica – persistirmos na labuta por favorecer a cultura do encontro que exige que, no centro de toda a ação política, social e económica, se coloque a pessoa humana, a sua sublime dignidade e o respeito pelo bem comum. Que este esforço nos faça esquivar de toda a tentação de vingança e busca de interesses apenas particulares e a curto prazo. Quanto mais difícil for o caminho que conduz à paz e ao bom entendimento, tanto mais esforço havemos de fazer para reconhecer o outro, sanar as feridas e construir pontes, para estreitar laços e nos ajudarmos uns aos outros (cf. Francisco, Exort. ap. Evangelii gaudium, 67).
Assim recita o lema deste país: «Liberdade e Ordem». Nestas duas palavras, está compendiada toda uma lição. Os cidadãos devem ser valorizados na sua liberdade e protegidos por uma ordem estável. Não é a lei do mais forte, mas a força da lei (a lei que é aprovada por todos) que rege a convivência pacífica. São necessárias leis justas que possam garantir esta harmonia e ajudar a superar os conflitos que por decénios dilaceraram esta nação; leis que não nascem duma exigência pragmática de ordenar a sociedade, mas do desejo de resolver as causas estruturais da pobreza que geram exclusão e violência. Só assim é possível curar duma mazela que torna frágil e indigna a sociedade deixando-a sempre à mercê de novas crises. Não esqueçamos que a desigualdade é a raiz dos males sociais (cf. ibid., 202).
Nesta perspetiva, encorajo-vos a deter o olhar em todos aqueles que hoje são excluídos e marginalizados pela sociedade, naqueles que não contam para a maioria, são desprezados e postos de lado. Todos somos necessários para criar e formar a sociedade. Esta não é feita apenas com alguns de «sangue puro», mas com todos. E aqui está a grandeza e beleza dum país: no facto de todos terem lugar e todos serem importantes. Na diversidade, está a riqueza. Penso naquela primeira viagem de São Pedro Claver desde Cartagena até Bogotá sulcando o [rio] Magdalena: a sua maravilha é a nossa. Ontem e hoje, fixamos o olhar nas diferentes etnias e nos habitantes das áreas mais remotas, nos camponeses. Fixamos o olhar nos mais frágeis, naqueles que são explorados e maltratados, naqueles que não têm voz, porque foram privados dela, não lha concedendo ou não lha reconhecendo. Fixamos o olhar também na mulher, na sua contribuição, no seu talento, no seu ser «mãe» nas múltiplas tarefas. A Colômbia precisa da participação de todos, para se abrir ao futuro com esperança.
Fiel à sua missão, a Igreja está comprometida com a paz, a justiça e o bem comum. Tem consciência de que os princípios evangélicos constituem uma dimensão significativa do tecido social colombiano e, consequentemente, podem contribuir muito para o crescimento do país; em particular, o respeito sagrado pela vida humana, sobretudo a mais frágil e indefesa, é uma pedra angular na construção duma sociedade livre da violência. Além disso, não podemos deixar de destacar a importância social da família, sonhada por Deus como o fruto do amor dos esposos, «o espaço onde se aprende a conviver na diferença e a pertencer aos outros» (ibid., 66). E, por favor, peço-vos que escuteis os pobres, os que sofrem. Fixai-os olhos nos olhos e deixai-vos interpelar incessantemente pelos seus rostos sulcados de sofrimento e pelas suas mãos suplicantes. Deles se aprende autênticas lições de vida, de humanidade, de dignidade. Pois eles, que gemem acorrentados, compreendem de verdade – como diz o texto do vosso hino nacional – as palavras d’Aquele que morreu na cruz.
Senhoras e senhores, tendes diante de vós uma bela e nobre missão, que é ao mesmo tempo uma tarefa difícil. Ressoa no coração de cada colombiano o espírito do grande compatriota Gabriel García Márquez: «Contudo, perante a opressão, o saque e o abandono, a nossa resposta é a vida. Nem os dilúvios nem as pestes, nem as carestias nem os cataclismos, nem mesmo as guerras sem fim durante séculos e séculos conseguiram reduzir a vantagem tenaz da vida sobre a morte. Uma vantagem que cresce e progride». Então é possível – continua o escritor – «uma nova e arrebatadora utopia da vida, onde ninguém possa decidir pelos outros até a forma de morrer, onde seja verdadeiramente certo o amor e seja possível a felicidade, e onde as estirpes condenadas a cem anos de solidão tenham, por fim e para sempre, uma segunda oportunidade sobre a terra» (Discurso por ocasião do Prémio Nobel, 1982).
O tempo gasto no ódio e na vingança é muito... A solidão de estar sempre uns contra os outros já se conta por decénios e aproxima-se dos cem anos; não queremos que qualquer tipo de violência restrinja ou suprima nem mais uma vida. E quis vir aqui para vos dizer que não estais sozinhos, que somos muitos aqueles que vos queremos acompanhar nesta etapa; esta viagem quer ser um incentivo para vós, uma contribuição que aplane de algum modo o caminho para a reconciliação e a paz.
Tenho-vos presente nas minhas orações. Rezo por vós, pelo presente e pelo futuro da Colômbia.