giovedì 7 settembre 2017

Una vita, una eredità.



(Oswaldo Curuchich) Anticipiamo stralci dal libro Charles de Foucauld. Vita e spiritualità (Milano, Edizioni Terra Santa, 2017, pagine 160, euro 14) che esce al termine dell’anno dedicato al centenario della morte del beato francese. Tra le pubblicazioni di Curuchich, membro della comunità dei piccoli fratelli di Jesus Caritas e docente di teologia spirituale presso l’Istituto teologico marchigiano, ricordiamo Come Gesù a Nazaret. Carlo Carretto sulle orme di Charles de Foucauld (2012) e Charles de Foucauld e René Voillaume. Esperienza e teologia del «Mistero di Nazaret» (2011), entrambi editi da Cittadella.
Fare memoria di frère Charles di Gesù nel centenario della sua morte significa riconoscere il lungo cammino che la Chiesa ha percorso seguendo le sue orme a partire da quel tragico 1° dicembre 1916 quando cadde sulla sabbia, ucciso a Tamanrasset nel deserto del Sahara. La vita-morte di Charles de Foucauld è un evento ecclesiale a tutti gli effetti perché, come afferma il teologo Sequeri, «dovunque un sacerdote viva sinceramente la propria vocazione al discepolato come ministro ecclesiastico dell’Evangelo in seno alla condizione umana, la Chiesa ha già incominciato ad agire formalmente nella successione apostolica della confessione della fede, dell’ospitalità evangelica, dell’annuncio della salvezza, della speranza di riscatto delle opere di agàpe. Un sacerdote, un religioso, un cristiano, non sono mai senza Chiesa». 
E se i primi cinquant’anni post-mortem sono stati caratterizzati dal susseguirsi di fondazioni (congregazioni religiose, istituti secolari, associazioni di fedeli e altre esperienze) che si ispirano al messaggio spirituale di Padre de Foucauld, a partire dal 1966 — all’indomani del Concilio Ecumenico Vaticano II — a oggi, è la Chiesa nella sua totalità che accoglie il carisma foucauldiano suscitato dallo Spirito. Un carisma che già Paolo VI, molto legato sul piano spirituale a frère Charles e ai fondatori più noti come René Voillaume e p.s. Magdeleine di Gesù, riconosceva ampiamente il 5 ottobre 1966 rivolgendosi alle Piccole Sorelle di Gesù: «Tutta la vostra famiglia religiosa ci sembra segnare nella storia della Chiesa un atto della provvidenza, che rinnova gli esempi e le professioni di fedeltà al Vangelo». Il 31 dicembre 1966, traendo occasione dal cinquantesimo anniversario della morte, Papa Montini indicava in lui l’esempio di una testimonianza evangelica vivente: «Possa il luminoso messaggio di Padre de Foucauld esercitare la sua benefica influenza su un numero di anime sempre più grande per rivelare loro di quale amore il Signore le ama e a quale amore sono chiamate nel corso della loro esistenza quotidiana!».
È sorprendente: Charles de Foucauld è morto in totale solitudine, ma oggi sono molte le persone che si rifanno a lui. «Non è possibile separare Foucauld da questi discepoli spirituali — riconosce la voce autorevole di Jean-François Six —, questo mistico ha suscitato non solo un grande numero di seguaci, ma anche una grande diversità nelle modalità della sequela. Gli uni sono attratti dalla sua vita di eremita; gli altri sono ispirati dai suoi progetti di vita comune; gli uni lo seguono come religiosi, gli altri come laici; ma tutti possono richiamarsi legittimamente a lui». Ma non è un messaggio soltanto per la Chiesa o per i credenti: «Anche non credenti e giovani — continua Six — con mentalità moderna guardano a lui. È il caso di chiedersi: qual è il motivo di questo forte interesse? Charles de Foucauld è certamente una figura interessante sul piano psicologico e storico, ma soprattutto dà testimonianza di una sensibilità religiosa che fa di lui un profeta del XX secolo, così che gli uomini possano guardare al terzo millennio con il cuore aperto alla speranza».
Charles de Foucauld è stato beatificato il 13 novembre 2005 da papa Benedetto XVI. Attualmente alcuni cardinali, molti vescovi e centinaia di presbiteri nel mondo intero dichiarano di appartenere alla Famiglia spirituale o di nutrirsi spiritualmente degli scritti di Charles de Foucauld. E poi molti pastori promuovono e consigliano vivamente ai loro fedeli quella «spiritualità di Nazaret»... Ma vi è un caso che merita la nostra attenzione: la Chiesa in Algeria. Ci sembra doveroso dedicarle uno spazio in quanto è la terra che frère Charles ha amato, per le popolazioni del Sahara ha donato la vita e tuttora il deserto ospita il suo corpo in attesa della risurrezione finale.
Il vescovo del Sahara, monsignor Claude Rault, nel suo Il deserto è la mia cattedrale, con la profondità e la serenità che caratterizzano un uomo che vive nel Sahara da oltre quarant’anni, e con uno spiccato senso dell’umorismo, racconta la situazione affascinante e allo stesso tempo drammatica della sua Chiesa particolare: «un centinaio di cristiani e cristiane disseminati in undici punti di presenza, in seno a una tale popolazione, in una regione così vasta e bella merita di essere una Chiesa locale». 
Il vescovo del Sahara appartiene — di diritto — alla Famiglia spirituale di frère Charles, e monsignor Rault è ritenuto attualmente uno dei suoi pilastri. Il suo essere vescovo in un posto estremo, in una periferia del pianeta per dirla con papa Francesco, lo porta a mettere in atto lo stile pastorale dell’umile presenza (ma non solo presenza) e testimonianza del vangelo, anzitutto con la vita: «La nostra presenza gratuita non è una questione di tattica apostolica o di strategia prestabilita per meglio circuire l’altro e spingerlo a entrare nei nostri ranghi. Certuni parlano della nostra presenza come di una “pre-evangelizzazione”. Io trovo sconveniente questo termine. In un certo senso, noi evangelizziamo! Non è la mancanza di risultati tangibili e quantificabili che ci farà allontanare dalla nostra vocazione primaria: svelare gratuitamente l’amore di Dio per tutti gli uomini. Secondo la nostra vocazione, siamo consapevoli di vivere in umile fedeltà al Vangelo, nel massimo rispetto per l’islam e per i credenti musulmani che ci accolgono, e perfino per quelli che ci rifiutano!».
I cristiani in Algeria sono fortemente segnati da due poli impressionanti: l’islam e il deserto. I due poli influenzano profondamente la vita quotidiana, la vocazione cristiana, la relazione con Dio e con le persone, il modo stesso di essere Chiesa. Seguendo le orme di frère Charles, il vescovo Claude Rault e i cristiani in Algeria continuano a portare Gesù agli altri, a coloro che ancora non lo conoscono, ma che sono ugualmente da considerare fratelli e sorelle perché figli di Dio. L’islam e il deserto, l’Algeria e tutta la regione dell’Africa del Nord interpellano oggi la vita di tutta la Chiesa, dell’Europa e del mondo intero. 
L’eredità di Charles de Foucauld è la sua vita. Il suo modo di porsi di fronte all’uomo del suo tempo è stato assunto a “piano pastorale” dalla Chiesa in Algeria oggi. Forse sembrerà un’affermazione un po’ pessimista o ingenua, ma potremmo pensare ai cristiani in Algeria oggi come l’immagine della Chiesa di domani: «Da ultimo — conclude il vescovo del Sahara — frère Charles ha voluto mostrarsi come Fratello universale. La casa dove viveva da solo l’aveva chiamata La Fraternità. La sua porta era aperta a tutte le persone, poveri e ricchi, Tuareg e militari francesi, uomini e donne, agnostici, cristiani e musulmani. Il bordj dove è stato ucciso non era che un misero rifugio. Fu spinto a costruire il fortino per permettere alla popolazione circostante di difendersi. È stato poi la sua prigione e la sua tomba. Mistero di una morte poco gloriosa per un uomo che voleva essere universale e aperto a tutti! Si è lasciato rinchiudere in un nazionalismo che oggi possiamo giudicare ristretto. Certo era quello del suo tempo, quello della Prima guerra mondiale. Ma la sfida della fraternità universale resta una pagina aperta e incompiuta: tocca a noi continuare a scriverla! L’eredità resta aperta. Che faremo noi, di fronte a una così grande sfida?».
I cristiani che vivono in mezzo ai musulmani, in Medio Oriente e altrove, spesso piccole Chiese che hanno resistito eroicamente alle invasioni, alle persecuzioni e alle discriminazioni lungo i secoli, tuttavia sono oggi dei testimoni viventi della fede in Cristo, témoins vivants de la foi chrétienne parmi les musulmans, diceva piccola sorella Magdeleine di Gesù agli inizi della sua avventura spirituale. Andare verso quei cristiani, sovente molto poveri e dimenticati da tutti, è stata per la fondatrice delle Piccole Sorelle «l’intuition première»... E poi verso il mondo musulmano. Non possiamo in questa sede approfondire l’argomento, ma di fronte agli ultimi avvenimenti drammatici che hanno colpito i cristiani che vivono nel mondo arabo è lecito porsi la domanda: che sarebbe del mondo se un giorno scomparissero completamente i cristiani in Medio Oriente? E coloro che si sono salvati fuggendo, è lecito «cattolicizzarli» o, peggio ancora, «occidentalizzarli» senza considerare il loro patrimonio storico, spirituale, liturgico e teologico?
Il primo richiamo esplicito a Charles de Foucauld, Papa Francesco l’ha fatto nel Discorso ai Vescovi della Conferenza Episcopale Regionale del Nordafrica, in Visita Ad Limina Apostolorum, il 2 marzo 2015: «La storia della vostra regione è stata segnata da numerose figure di santità, da Cipriano e Agostino, patrimonio spirituale di tutta la Chiesa, al beato Charles de Foucauld, di cui il prossimo anno celebreremo il Centenario della morte»; e, dopo aver ricordato quanti uomini e donne in quelle terre hanno donato la vita fino al sacrificio della propria vita, il Vescovo di Roma, esorta i suoi confratelli: «Spetta a voi sviluppare questa eredità spirituale innanzitutto tra i vostri fedeli, ma anche aprendola a tutti».



L'Osservatore Romano