martedì 16 maggio 2017

Che la donna trovi davvero se stessa




(Hanna-Barbara Gerl-Falkovitz) La prima riflessione un po’ più ampia di Guardini sulla “natura della donna” è uno schizzo aperto, privo di risposta: inedito, il dattiloscritto di nove pagine è conservato dall’archivio di Burg Rothenfels am Main ed è intitolato Frau und StaatAus ei­nem Gespräch von Gerta Krabbel und Romano Guardini («Donna e stato. Da una conversazione tra Gerta Krabbel e Romano Guardini»). Dottoressa in filosofia, Gerta Krabbel fu alla guida del Katholischer Deutscher Frauen­bund (Associazione delle donne cattoliche tedesche) e collaboratrice del «Burgwerk» di Rothenfels. In questo testo Guardini rimanda alla sua opera Der Gegensatz («L’opposizione polare») di prossima pubblicazione, il che consente di dedurre che fu redatto poco prima del 1925.
Lo schizzo di Guardini appare vivace, anche se, malgrado il titolo, non è stato scritto sotto forma di dialogo, bensì di monologo, e contiene locuzioni caratteristiche dell’autore. È probabile che abbia messo per iscritto la conversazione solo in un secondo momento, riportando il suo esito e non lo scambio diretto. Non è dunque più possibile scindere la parte che vi ha avuto Gerta Krabbel. 
Sorprendentemente, il tutto è stato pubblicato in forma modificata, e con il solo nome di Gerta Krabbel, nel mensile di Rothenfels «Die Schildgenossen» (numero 6, 1926, pagine 74–77). Non si conosce il motivo per cui Guardini non appose il proprio nome sotto la pubblicazione; considerava forse questa tesi troppo vasta, troppo pericolosa, ancora troppo imprecisa?
La donna, secondo Guardini, deve comprendere se stessa in modo diverso rispetto a come ha fatto finora. La domanda è se e perché le donne sembrano non interessate allo Stato e alla politica o, in termini più ampi, al lavoro in pubblico. È da qui che prende spunto l’interessante distinzione del pensiero di cui Guardini era un maestro. Secondo quanto dichiarato da lui stesso, le domande complicate non lo paralizzavano, ma anzi costituivano una sfida.
Il discorso parte dalla tesi comune: «Si dice spesso che la politica, l’attività pubblica, sia campo dell’uomo. Quello della donna, invece, sarebbe il contrario, la vita privata. Ne deriva dunque la comoda formula: la donna deve stare in casa». È da qui che parte la distinzione di Guardini: il contrasto tra pubblico e privato è inteso correttamente, ma tradotto in modo errato sui generi. Ogni persona conduce un’esistenza «complessivamente sovra-individuale» e «singolarmente individuale». In entrambi i casi, però, la sua forma attuale è determinata a partire dall’uomo. «In realtà alla sfera complessiva dell’uomo, costituita da ambito pubblico e sfera privata, si contrappone una sfera complessiva originale della donna, che racchiude un’articolazione analoga. È questa sfera dell’essere e dell’agire della donna che occorre vedere e alla quale bisogna dare un nome a partire dalla sua natura originale».
Con “originale” sorge la domanda su quale scienza possa appurare la natura della donna. Sono da escludere la psicologia e anche la determinazione, soprattutto a partire dall’aspetto biologico-sessuale. Non è adatta nemmeno la noologia (dottrina dell’intelletto), poiché i suoi «parametri per il pensiero adeguato, perfino scientifico» sono tratti dal maschile. Occorre pertanto determinare, in modo affermativo o delimitante, lo specifico-femminile a partire da se stesso, e non nel confronto o in riferimento all’uomo. 
A interessare è invece «il femminile come provincia dell’umano fondata in se stessa». La via euristica è: «La natura e l’azione della donna sono anzitutto ed essenzialmente personali. L’umano ha due forme fondamentali che non possono essere derivate l’una dall’altra: quella maschile e quella femminile. Ottengono pari dignità e uguale valore dalla loro persona». 
Questo rende superata la comune contrapposizione tra natura=donna e intelletto=uomo; piuttosto, alle forme maschili dell’intelletto si contrappongono altre determinate dalla natura femminile. Che cos’è però l’intelletto, che ha profondamente a che fare con l’ambito personale? «L’intelletto è vita. Forma, legge e concetto sono modi, caratterizzati a partire dalla natura maschile, in cui l’intelletto può agire. Esso è di più (…). Per il bene dell’intelletto dobbiamo impedire che venga attribuito a una parte. Piuttosto, il problema dell’intelletto sta proprio in come esso, che di per sé trascende queste categorie, si manifesta nelle qualità specifiche del maschile e del femminile; in come la sfera specificamente maschile e femminile è radicata nell’intelletto e ad essa ordinato».
In virtù di questa distinzione, l’integrazione dei sessi inizia anche con il conflitto tra di loro. L’importante passo conclusivo dice (essendo inedito, lo riportiamo nella sua interezza): «L’intenzione di questo conflitto è tesa alla sottomissione dell’altro. E si può dire che l’arma in questa lotta sia ogni cosa. L’arma maschile è stata soprattutto una: modellare categorie e parametri del valore a partire dal maschile, fare di questo modello una normalità della consapevolezza culturale, per poi poter dimostrare con inappellabile evidenza che, misurata secondo questo parametro, la donna è inferiore. E poiché l’intera consapevolezza pubblica e culturale è improntata al maschile, non c’è stata obiezione al fatto che la forma di rifrazione maschile del valore venisse equiparata al valore stesso. 
Per esprimerlo in maniera ancor più profonda: l’arma maschile in questa lotta è stata l’usurpazione dell’intelletto. L’equiparazione dell’intelletto alla mascolinità. Sarebbe possibile tracciare una storia del pensiero umano da questo punto di vista. E l’effetto sulla donna è stato deleterio. 
O ha accettato questa concezione, si è fatta essere naturale — togliendo così le sue armi da tale sfera: intrigo, effetto sensuale e così via — o altrimenti non ha rinunciato a questo intelletto e, per ottenerlo, che pure era equiparato alla forma maschile, si è adeguata alle forme dell’uomo, ai suoi concetti, ai suoi obiettivi, ai suoi modi di agire, e così è diventata distorta e falsa. 
Ciò che bisogna fare è grande e difficile. La donna ha il compito di porsi interamente in ciò che è proprio della sua umanità femminile. Di non permettere che sia determinata dall’uomo, bensì a partire da se stessa. Dalla forma originariamente diversa dell’essere persona. Deve affermare tutta la pienezza e la forza del naturale che vi è insito, ma deve radicarlo nell’intellettuale, porlo sotto i presupposti dell’intelletto. Ma anche: il concetto di ciò che è intelletto; non lasciare determinare i parametri di ciò che è la crescita nell’intelletto, l’ascesa intellettuale dall’uomo e dalle sue vie d’accesso all’intelletto, bensì dalla pienezza dello spirito che trascende la storia, in ultimo: da Dio. All’interno di questa sfera originaria e integra di viva intellettualità deve conquistarsi una provincia propria. La sua caratterizzazione: l’intelletto femminile non se lo deve imporre, però nemmeno farselo regalare, ma conquistarlo da sola. Per questo occorre attraversare anche tanta insicurezza. 
Sempre di nuovo si fa largo la tentazione di adottare pensieri, termini e forme di espressione dall’ambito maschile per rendere più facile il suo lavoro. A queste scorciatoie deve rinunciare. Non importa quanto è lungo il cammino, perché si tratta di verità e di essere. Serve un risveglio della coscienza femminile più profonda. Esistono molti modi con cui ingannare una coscienza.
E deve esigere dall’uomo che le apra la strada, che in nessun luogo e in nessun modo, nemmeno nascosto dietro categorie morali e religiose, le imponga la sua natura. Molto dello stato d’animo dell’uomo dipende anche dal fatto che la donna trovi davvero se stessa. Esiste una differenza sostanziale tra maschile e mascolino. Il mascolino vuole dominare da solo e vive della docilità altrui. Il maschile cresce con la pari natura propria dell’altro. Il maschile sa di poter divenire solo nella misura in cui la donna è davvero femminile. Per questo, però, non può formare il concetto di femminile a partire dai suoi istinti mascolini, ma deve riceverlo dalla natura della donna. L’inizio di ciò è che le apra la strada per trovare pienamente se stessa. E poiché in questo non riuscirà a capirla, il suo rispetto e la sua fiducia dovranno essere più grandi della sua comprensione».
Le tesi di Guardini esprimono un concetto molto profondo. È convincente anche perché Guardini non intendeva le sue riflessioni fondamentali come sostitutive di un impegno quotidiano, per tutta la vita, sul tema “donna”, perfino sulla «radicale estraneità tra i sessi». Questi pensieri mostrano di quanta giustizia fosse capace uno dei grandi teologi del nostro secolo dinanzi al tema della donna, guidato da null’altro che dalle antenne della sua capacità di percezione e dal suo amore della verità.
L'Osservatore Romano