giovedì 16 febbraio 2017

Sfiducia europea

Risultati immagini per unione europeaUna cupa sfiducia europea verso l'uomo e la vita
di Robi Ronza

Quanto accaduto martedì al Parlamento Europeo è comunque un caso grave anche per motivi di “immagine”: molti nel mondo la prenderanno come se fosse un voto del Congresso degli Stati Uniti non sapendo che era una mozione solo di indirizzo, e che d’altra parte il Parlamento Europeo non ha affatto competenza in materia. Non è poi, purtroppo, un caso isolato. Ormai da tempo l’Unione Europea e gli Stati europei ( in particolare quelli del Nord Europa) stanno sulla scena internazionale, innanzitutto all’Onu ma anche in altre sedi,  come promotori principali della diffusione dell’aborto e più in genere delle politiche  in vario modo sono orientate contro la vita e a favore del blocco demografico. Non appena possibile, direttamente o indirettamente, prendendo spunto dalle situazioni e dai problemi più diversi,  l’Ue e gli Stati del Nord Europa si schierano in tal senso. In sede Onu ciò accade quasi sempre, anche se poi molte delle risoluzioni perciò presentate dai nord-europei non passano per il voto contrario di larga parte dell’America Latina, dell’Africa e dell’Asia. Sono fatti di cui la nostra stampa si occupa molto di rado mentre invece meriterebbero di venire seguiti con attenzione
All’origine di queste politiche  c’è la crisi di civiltà che l’Europa sta attraversando e da cui consegue una cupa sfiducia verso l’uomo e verso la vita: una cupa sfiducia che poi l’Europa cerca di diffondere anche nel resto del mondo. C’è un documento davvero magistrale al riguardo.  Si tratta della lectio magistralis sul tema “Europa. I suoi fondamenti spirituali ieri, oggi e domani” che, su invito del Senato italiano, il cardinale Ratzinger tenne a Roma il 13 maggio 2004. Rileggerla o riascoltarla ora ( su Internet è reperibile anche in forma audiovisiva) lascia senza fiato.  Descrive una deriva che da allora non si è fermata, e preannuncia ciò se sarebbe accaduto se non la  si fosse fermata: ovvero la situazione nella quale siamo ora.
Un culmine di tale deriva, la cui ispirazione neo-autoritaria è evidente, venne raggiunto esattamente dieci anni più tardi, nel maggio 2014, quando una Commissione Europea allora tra l’altro in scadenza respinse la petizione popolare “L’embrione, uno di noi”, che era stata firmata da quasi due milioni di persone ( precisamente 1.901.947). Le firme erano state raccolte in ogni Paese dell’Unione, tra cui 600 mila in Italia. E da allora ad oggi si è continuato ad andare avanti così benché anche per ragioni molto pratiche sarebbe urgente cambiare strada. Oggi, come già avemmo modo di ricordare, sull’umanità incombe il pericolo non di una crescita sproporzionata della popolazione rispetto alle risorse bensì del possibile innesco di un circolo vizioso tra declino demografico e declino economico. Insieme a quello della Cina è particolarmente grave il caso dell’Unione Europea, quasi 508 milioni di abitanti, dove l’indice di fecondità (= numero dei nati per ogni donna in età fertile) è ovunque inferiore a 2 salvo che in Francia e in Irlanda.
Tutta la storia conferma che mai si riesce a riavviare lo sviluppo in una fase di ristagno o di declino demografico. Stando così le cose la questione demografica, ossia il rilancio della fecondità e poi dell’educazione dei nuovi nati,  perciò della famiglia, dovrebbe essere in cima all’agenda politica. C’è quindi qualcosa di drammaticamente distorto nel fatto che  invece non se ne parli affatto; e che anzi si spenda una grande quantità di tempo e di risorse per avviare e per sostenere all’interno e all’estero politiche di segno opposto.
Siccome è vero che in fin dei conti il bene fa bene e il male fa male, è a mio avviso molto importante affermare e promuovere la famiglia  stabile e secondo natura, quindi feconda e accogliente, in termini non solo di moralità personale, privata, ma anche di moralità civile, pubblica. Oltre a essere una fondamentale risorsa umana, anzi proprio per questo, la famiglia è pure una fondamentale risorsa economica e sociale.  Questa concreta realtà delle cose va riscoperta e va affermata senza complessi. Se capissero come vanno realmente le cose le Camere di Commercio e il ministero dello Sviluppo Economico farebbero a gara per sponsorizzazione i “Family Day”. Non ce n’è bisogno, ma sarebbe un bel segno.

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Fondi per abortifici, l'Ue "rimedia" al no di Trump
di Marco Respinti
Mancano soldi per mantenere la carneficina dell’aborto internazionale? Ma ci pensa l’Unione Europea, che evidentemente ha soldi da buttare.
Mantenendo quanto promesso in campagna elettorale, uno dei primissimi atti di governo compiuti dal presidente degli Stati Uniti Donald J. Trump dopo il suo insediamento alla Casa Bianca è stato tornare a negare il denaro dei contribuenti americani alle lobby internazionali che praticano o promuovono l’aborto nel mondo. Il primo a negare quel denaro fu nel 1984 il presidente Ronald Reagan (1911-2004), seguito a ruota dai presidenti Bush padre e figlio, mentre i presidenti Bill Clinton e Barack Obama hanno fatto l’esatto contrario. Stante dunque la decisione di Trump, gli abortifici mondiali, prima fra tutti la famosa e famigerata Planned Parenthood, si sono trovati con un buco di bilancio enorme. E così, a 60 anni dai Trattati di Roma che remotamente istituirono quella che oggi è l’Unione Europea, martedì 14 febbraio il Parlamento Europeo ha pensato di metterci una pezza votando un provvedimento che propone la creazione di un fondo sostitutivo.
La proposta ha la forma di un emendamento presentato da tre eurogruppi (Socialisti e Democratici, Sinistra Unitaria Europea e Verdi) alla risoluzione sulle priorità per la 61esima sessione della Commissione delle Nazioni Unite sulla condizione delle donne approvata con 371 voti a favore, 198 contrari e 74 astensioni.
Per quel che riguarda la rappresentanza italiana, la maggior parte degli eurodeputati del Movimento 5 Stelle, di Forza Italia e della Lega Nord hanno votato per bocciare la proposta. Per il M5S si sono espressi contro Isabella Adinolfi, Laura Agea, Daniela Aiuto, Tiziana Beghin, Marco Valli e Marco Zullo; ha favore ha voltato solo Dario Tamburrano ha votato a favore, mentre si sono astenuti David Borrelli, Fabio Massimo Castaldo, Ignazio Corrao, Laura Ferrara, Giulia Moi e Piernicola Pedicini. Per la Lega, i contrari includono Mara Bizzotto, Mario Borghezio, Angelo Ciocca, Lorenzo Fontana e Matteo Salvini, oltre a Marco Zanni entrato nel gruppo euroscettico dopo aver lasciato il M5S. Nel Partito Popolare Europeo, di cui fanno parte Forza Italia, il Nuovo Centrodestra e la Südtiroler Volkspartei, hanno votato “No” Lorenzo Cesa, Salvatore Cicu, Alberto Cirio, Lara Comi, Herbert Dorfmann, Elisabetta Gardini, Giovanni La Via, Fulvio Martusciello, Alessandra Mussolini, Aldo Patriciello, Salvatore Pogliese e Massimiliano Salini. La delegazione del Partito Democratico si è invece spaccata.
A favore si sono espressi Brando Benifei, Simona Bonafè, Goffredo Bettini, Nicola Caputo, Caterina Chinnici, Sergio Cofferati, Andrea Cozzolino, Enrico Gasbarra, Elena Gentile, Antonio Panzeri, Gianni Pittella, David Sassoli, Elly Schlein e Daniele Viotti. Contro hanno votato sono Luigi Morgano, Patrizia Toia, Damiano Zoffoli, mentre Silvia Costa e Nicola Danti si sono astenuti. Inoltre, nel gruppo della Sinistra Unitaria Europea hanno votato a favore Eleonora Forenza, Curzio Maltese, Barbara Spinelli. In quello dei Verdi, l’ex grillino Marco Affronte. Tra i non iscritti, Renato Soru.
Certo, la proposta votata martedì non è vincolante, ma si sa bene come vanno queste cose. E soprattutto, se nei giorni scorsi i media hanno parlato di ostilità della nuova Amministrazione statunitense verso l’Unione Europea, la decisione presa dall’europarlamento martedì a Strasburgo dice piuttosto il contrario, e tra l’altro non su qualche zero virgola, ma su un punto indisponibile qual è la tutela della vita umana nascente. Inviperito, il Parlamento Europeo giudica infatti la decisione antiabortista di Trump «un attacco diretto e un passo indietro nei confronti dei progressi conseguiti nell’ambito dei diritti delle donne» (così si legge nella risoluzione).
La strada scelta dall’Europarlamento è del resto quella indicata pochi giorni fa con chiarezza dal governo dei Paesi Bassi che il 26 gennaio ha appunto annunciato la creazione di un “tesoretto” atto a compensare le perdite finanziarie subite dalle Ong abortiste.
Tristemente, non è una storia nuova. Successe lo stesso quando nel 2002 il presidente americano George W. Bush Jr. decise di tagliare i finanziamenti al Fondo delle Nazioni Unite per la Popolazione (UNFPA). Bush Jr. lo fece impugnando il cosiddetto “Kemp-Kasten Amendment del 1985 - dai nomi dei due deputati Repubblicani, Jack Kemp [1935-2009] e Robert Kasten, che lo proposero ? in base al quale gli Stati Uniti non possono assegnare fondi a organizzazioni che sostengano o partecipino a programmi di aborto o di sterilizzazione forzate. Dato che, come allora accertato da un’indagine del Dipartimento di Stato americano, l’UNFPA girava parte dei soldi ricevuti ad agenzie governative cinesi legate alla pratica di aborto e sterilizzazione, Bush riuscì facilmente a chiudere quel ricco rubinetto. Ebbene, fu allora che la Commissione Europea presieduta da Romano Prodi mise per la prima vota i soldi mancanti.
Bush Jr. continuò a negare quei fondi per tutti gli otto anni della propria presidenza, negando all’UNFPA un totale di 244 milioni di dollari con l’approvazione del Congresso, e furono sempre i governi europei a colmare gli ammanchi. In quello stesso 2002 la danese Ulla M. Sandbæk, allora eurodeputata del “Movimento di giugno”, un partito euroscettico, riuscì infatti a far approvare dal Parlamento Europeo il cosiddetto “Sandbæk Report” (il titolo vero è Aid for Policies and Actions on Reproductive and Sexual Health and Rights in Developing Countries) che obbliga gli Stati membri dell’Unione Europea a finanziare l’aborto nel mondo attraverso le voci di bilancio relative all’aiuto estero. Poi tutto venne “normalizzato” nel gennaio 2009, allorché il nuovo presidente americano Barack Obama ripristinò alacremente il finanziamento statunitense all’UNFPA degli aborti.