lunedì 27 febbraio 2017

Festa in famiglia



(Nicola Gori) Si respira aria di Inghilterra quando si entra nella chiesa anglicana di All Saints a Roma. Bandiere dell’Union Jack, iscrizioni e targhe commemorative in inglese, come quella che ricorda la storica visita dell’arcivescovo Geoffrey Fisher a Giovanni XXIII il 2 dicembre 1960 in Vaticano: il primo incontro di un Papa con un primate anglicano dai tempi della riforma. Una data storica, così come storica resterà anche un’altra giornata che ha avuto per protagonista un Pontefice: quella della visita di Papa Francesco alla comunità parrocchiale, svoltasi domenica pomeriggio 26 febbraio.
Un incontro che ha assunto i toni di una festa in famiglia. Tanto più che è servito a commemorare un momento importante per la comunità: il secondo centenario della prima celebrazione liturgica per gli anglicani a Roma, avvenuta nel 1816. Un anniversario festeggiato con il Pontefice, che per la prima volta ha incontrato i fedeli della parrocchia di All Saints. Un gesto altamente simbolico e prezioso per gli sforzi ecumenici. Una visita che si inserisce nel quotidiano svolgersi dell’attività liturgica e pastorale di una comunità che vive e opera nella città. 
Al suo arrivo il Pontefice è stato accolto dal vescovo di Gibilterra in Europa, Robert Innes, dal vescovo ausiliare della diocesi, incaricato per l’Italia e Malta, David Hamid, dal cappellano Jonathan Boardman, dall’assistente del cappellano Dana English, dal canonico cancelliere della cattedrale di San Paolo a La Valletta, Simon Godfrey, e dai due laici churchwarden, Philippa Hitchen e James Hadley. Dopo le parole di benvenuto da parte del vescovo Innes e del cappellano Boardman, il Papa ha benedetto l’icona di Cristo Salvatore, collocata in fondo alla navata destra. Questa immagine, prodotta sul modello di quella conservata nella basilica di San Giovanni in Laterano, si caratterizza per i grandi occhi aperti come espressione di misericordia. Ricorda il giubileo appena trascorso e vuole essere un invito alla fiducia in Cristo in un mondo dove l’aggressività è sempre più marcata soprattutto verso i più vulnerabili e i bisognosi. Nelle intenzioni dell’artista, Ian Knowles, direttore del Bethlehem Icon Centre, il volto del Salvatore misericordioso è stato riprodotto e interpretato secondo le antiche tradizioni bizantine di arte liturgica, guardando stilisticamente anche alla tradizione inglese e al luogo dove sarebbe stata conservata, cioè la chiesa di All Saints. In particolare, l’iconografia di Cristo è ispirata a una miniatura di Matthew Paris, monaco benedettino inglese del XIII secolo. 
Dopo la benedizione dell’icona, il Papa, con la delegazione di accoglienza, si è diretto verso il fonte dove sono state rinnovate le promesse battesimali, alternativamente lette in italiano dal Pontefice e in inglese dal vescovo anglicano Innes. Poi, mentre il coro cantava il salmo 150, il Papa e Innes, attraverso la navata centrale, si sono diretti verso l’altare, aspergendo i fedeli con l’acqua benedetta. 
Dopo la lettura della seconda lettera di san Paolo ai Corinzi, il Pontefice ha tenuto l’omelia. Il canto Ave verum corpus ha introdotto le intenzioni di preghiera dei fedeli. Si è pregato in particolare per la Chiesa, il Papa, i vescovi e il clero, per la comunità anglicana, per l’unità dei cristiani, per l’accoglienza delle diversità e il rifiuto dell’intolleranza. È seguito il suggestivo scambio di pace tra il Papa e i pastori anglicani e quindi tra tutti i fedeli, accompagnato dal canto della comunità di Macerata, in maggioranza composta da persone nigeriane. Dopo il Padre nostro, il Papa e i vescovi Innes e Hamid hanno impartito la benedizione. 
Si è svolta, quindi, la cerimonia del gemellaggio ufficiale tra la parrocchia di All Saints e quella cattolica di Ognissanti sulla via Appia nuova. Da una parte hanno firmato tre rappresentati della comunità anglicana, tra i quali il cappellano Boardman, e dall’altra tre della parrocchia cattolica, tra cui il parroco don Francesco Mazzitelli, dei figli della Divina Provvidenza, meglio conosciuti come orionini. Il Pontefice ha poi risposto a tre domande che gli sono state presentate da Margherita Argan, studentessa all’università La Sapienza di Roma, dall’australiana Jane Tucker, docente di inglese alla stessa università, e dal diacono Ernest Okeke. 
Ha avuto luogo, infine, lo scambio dei doni. Il Papa ha regalato alcune medaglie del pontificato, mentre la comunità anglicana ha offerto cinquanta Bibbie che verranno inviate in Nigeria, dove alcune suore aiutano le vittime della tratta. Un’altra offerta è stata destinata dalla parrocchia ai senzatetto della stazione Ostiense. Infine, è stata regalata al Pontefice una torta chiamata Simnel, preparata da Val Spicer. Questo dolce, tipico del periodo di quaresima, è guarnito da undici palline di marzapane, che simboleggiano gli apostoli senza Giuda.
Tra i presenti, i cardinali George Pell, prefetto della Segreteria per l’economia, e Walter Kasper; gli arcivescovi George Gänswein, prefetto della Casa Pontificia, e Arthur Roche, segretario della Congregazione per il culto divino e la disciplina dei sacramenti; i vescovi Brian Farrell, segretario del Pontificio Consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani, e Giuseppe Marciante, ausiliare di Roma per il settore est; monsignor Leonardo Sapienza, reggente della Prefettura della casa Pontificia. Hanno partecipato anche l’arcivescovo David Moxon, rappresentante dell’arcivescovo di Canterbury presso la Santa Sede e direttore del Centro anglicano di Roma, e Sally Jane Axworthly, ambasciatore di Gran Bretagna presso la Santa Sede.
L'Osservatore Romano