giovedì 11 agosto 2016

Rugiada che feconda.

The martyrdom of St. Ignatius of Antioch

Aiuto alla Chiesa che Soffre da quasi 70 anni documenta il martirio cristiano in tutto il mondo e quest’anno, dal 19 al 25 agosto, sarà al meeting di Rimini con una rassegna di 400 metri quadri sulla persecuzione anticristiana dal titolo: “La vostra resistenza è martirio, rugiada che feconda”. I volti della persecuzione anticristiana, gli interventi per non lasciarli soli.
Un’altalena inconsapevole, sei banchi dell’università, il tavolo apparecchiato di un ristorante come centinaia di milioni nel mondo. La cronaca ci racconta oggi che attacchi in odio alla fede possono accadere nei luoghi più insospettabili. Quelli che vediamo ogni giorno e fanno parte della nostra quotidianità.
Per questo Aiuto alla Chiesa che Soffre ha deciso di terminare l’esposizione sulla persecuzione anticristiana che ha portato a questa edizione del Meeting di Rimini, con una rappresentazione scenica di tre luoghi comuni trasformati in teatro dell’orrore.
Al termine del percorso espositivo vi sono infatti tre diverse ambientazioni: l’area giochi del parco di Lahore dove è avvenuto l’attentato il 27 marzo scorso, l’aula del Garissa University College in cui il 2 aprile 2015 sono stati uccisi 148 studenti cristiani, il tavolo del caffè di Dacca teatro della strage del 1° luglio scorso.
Una scritta sulla parete dice «Può accadere ovunque e a chiunque per ragioni di fede». Sotto le tre ambientazioni.
Piccoli particolari che indicano una normalità spezzata dalla violenza. L’orsacchiotto di uno dei 30 bambini uccisi nell’attentato al parco Gulshan-e-Iqbal di Lahore.
La tesi che Mary Muchire Shee, appena eletta Miss Garissa University, non scriverà mai perché la sua vita è stata spezzata assieme a quella di 147 suoi colleghi studenti che come lei non conoscevano i versetti del Corano o non hanno saputo rispondere a domande sul Profeta Maometto. Il menù della Holey Artisan Bakery di Dacca che le vittime hanno sfogliato appena pochi istanti prima di essere torturate e uccise per la stessa colpa: appartenere ad una fede diversa da quella islamica.
Nel muro di fronte si contrappongono altre tre ambientazioni che mostrano, come spiega lo slogan sulla parete, «La risposta concreta di Aiuto alla Chiesa che Soffre alla persecuzione». Tre esempi di progetti strettamente legati agli altrettanti attentati rappresentati.
Di fronte a chi, come accaduto a Lahore, spezza vite innocenti, ACS semina la fede nel cuore dei bambini attraverso la Bibbia del Fanciullo, la bibbia illustrata che è stata tradotta in 180 lingue di diffusa in oltre 52 milioni di copie in tutto il mondo. Al Meeting di Rimini ACS ha portato una selezione di traduzioni in 137 diversi idiomi dei cinque continenti. Dall’urdu del Pakistan, al sango del Centrafrica, dal tigrè dell’Eritrea al quechua del Perù, dal pidgin della Papua Nuova Guinea all’armeno.
La risposta agli studenti uccisi a Garissa sono gli oltre 11mila seminaristi formati ogni anno grazie al sostegno di ACS, molti dei quali (circa il 35%) sono africani. Migliaia di “soldati della fede” rappresentati da una scrivania ricoperta di testi sacri che la fondazione pontificia ha portato al Meeting.
E infine di fronte alla strage avvenuta a Dacca, ACS realizzerà un gesto concreto assieme alla famiglia di una delle vittime, Simona Monti. A chi uccide i cristiani la fondazione ACS risponde fortificando la comunità cristiana locale, con la costruzione di una chiesa in Bangladesh. La Chiesa di San Michele Arcangelo sorgerà presto ad Harintana, ma a Rimini ne è stato riprodotto l’altare. Calice e paramenti sacri raffigurano realmente il dono alla minoranza cristiana bengalese, nato dalla barbarie fondamentalista.
Queste ambientazioni non sono tuttavia l’unico elemento esperienziale della rassegna di ACS. Lungo il percorso espositivo i visitatori si trovano ad attraversare un tunnel nel quale sono ricordati alcuni “martiri” cristiani assassinati in odio alla fede. Da padre Jacques Hamel a don Andrea Santoro, da Shahbaz Bhatti al piccolo Emmanuel Dike. Mentre la loro foto viene proiettata sulle pareti buie del tunnel, una voce ricorda i loro nomi accostati al motivo della loro morte: «ucciso perché cristiano».
Immagini e scene che intendono far riflettere i visitatori su quanto accade ancora oggi a milioni di cristiani nel mondo, e che indubbiamente suscitano numerosi interrogativi. Interrogativi cui risponderanno i testimoni della Chiesa sofferente e perseguitata che ogni giorno, durante tutto l’orario di apertura del meeting, condividono con i visitatori il loro vissuto personale e le sofferenze delle loro comunità.
I loro nomi:
Iraq – Padre Rebwar Basa, religioso dell’Ordine Antoniano di S. Ormisda dei Caldei, è nato ad Erbil, laddove nell’estate del 2014 sono giunti oltre 125mila cristiani in fuga dallo Stato Islamico. Padre Basa è stato ordinato sacerdote nel monastero di San Giorgio di Mosul, da oltre due anni in mano all’Isis.
Siria – Monsignor Mtanios Haddad, archimandrita melchita, rettore della Basilica di Santa Maria in Cosmedin a Roma. È nato in un villaggio vicino a Maaolula, il centro cristiano in cui si parla aramaico attaccato dal Fronte al Nusra nel 2013. I suoi familiari vivono ancora lì.
Pakistan – Prof. Shahid Mobeen. Nato a Jhelum nel Punjab, la provincia pachistana in cui si sono verificati i più efferati attacchi alla comunità cristiana. Era amico di Shahbaz Bhatti, ministro per le minoranze religiose ucciso il 2 marzo 2011, con il quale ha a lungo collaborato per limitare l’abuso della legge anti-blasfemia, per promuovere i diritti dei cristiani del Pakistan e per difendere Asia Bibi.
Terra Santa – Padre Issa E. H. Abusada, sacerdote del Patriarcato Melchita di Gerusalemme. Nato a Betlemme, per alcuni anni è stato parroco a Ramallah in Cisgiordania, dove ha contribuito alla costruzione di un centro pastorale per i giovani. Discriminati a causa del loro credo, i cristiani di Terra Santa trovano impiego soltanto nel settore turistico e nella realizzazione di oggetti sacro in legno di ulivo. Ma le difficili condizioni economiche e la costante tensione tra Israele e Palestina spingono sempre più cristiani ad abbandonare la terra in cui è nato Gesù.
Ucraina – Don Oleksandr Khalayim. Sacerdote della diocesi di Kamyanets-Podilskyi, è stato a lungo parroco in alcune città ucraine e cappellano delle carceri. In questi ultimi due anni di guerra, ha visitato diverse aree del suo paese e conosciuto il dramma vissuto da tante famiglie a causa del conflitto. Fra i suoi amici anche alcuni dei sacerdoti rapiti nei pressi di Donetsk nell’Ucraina orientale.
Repubblica Centrafricana – Don Herman Tanguy Pounekrozou. Sacerdote della diocesi di Bangui, la capitale centrafricana. Racconta della grave crisi che ha colpito il suo paese sin dal dicembre 2012 con l’avanzata della coalizione ribelle islamica Seleka. Crisi che ha portato al grave deterioramento dei rapporti interreligiosi un tempo ottimi nel paese. Tra povertà e violenza il Centrafrica ha finalmente trovato la pace dopo la visita di Papa Francesco nel novembre 2015. Ma è una pace fragile che deve essere alimentata.
Colombia – Padre Martino Serrano, religioso appartenente all’Opera di Gesù Sommo Sacerdote. Nato a Bogotà, capitale della Colombia, tra i paesi più poveri e maggiormente insicuri. Padre Serrano ha vissuto anche in Uruguay e conosce profondamente la condizione dei cristiani in America Latina.
TUNNEL DEI MARTIRI
Padre Jacques Hamel, parroco francese, ucciso perché cristiano.
Sacerdote parroco della Chiesa Saint-Etienne-du-Rouvray vicino Ropuen in Francia, sgozzato il 26 luglio 2016 mentre celebrava la messa.
Shahbaz Bhatti, politico pachistano, ucciso perché cristiano.
Ministro per le minoranze religiose del Pakistan, ucciso il 2marzo 2011 a Islamabad per il suo impegno nella lotta all’abuso della legge antiblasfemia e per aver difeso Asia Bibi. L’omicidio è stato rivendicato dai talebani.
Don Ragheed Ganni, sacerdote iracheno, ucciso perché cristiano
Aveva studiato in Italia, nel 2003 è tornato in Iraq a Mosul. È stato ucciso da estremisti islamici il 3 giugno del 2007 dopo che aveva finito di celebrare la messa domenicale. Gli estremisti gli avevano ordinato di chiudere la chiesa di cui era parroco, ma lui si era rifiutato.
Emmanuel Dike, 4 anni, nigeriano, ucciso perché cristiano
Ucciso assieme a suo padre e a tre dei suoi 4 fratelli a Madalla in Nigeria il 25 dicembre 2011 nell’attentato alla Chiesa di Santa Teresa compiuto da Boko Haram durante la messa di natale.
Ranim Darrouj, 17 anni, siriana, uccisa perché cristiana.
Uccisa a Sadad in Siria, assieme alla sua famiglia, durante uno dei più tragici massacri anticristiani. Nell’ottobre 2013 islamisti del Fronte al-Nusra sono entrati nella cittadina di circa 15mila abitanti ed hanno ucciso 45 cristiani. I loro corpi sono stati ritrovati giorni dopo in delle fosse comuni.
Don Andrea Santoro, sacerdote italiano in Turchia, ucciso perché cristiano
Sacerdote di Roma, fidei donum in Turchia dal 2000. È stato ucciso il 5 febbraio del 2006 a Trebisonda, mentre pregava nella Chiesa di Santa Maria. Il suo omicida ha detto di averlo ucciso perché scosso dalle vignette contro Maometto pubblicate da un giornale danese.
Mariah Manisha, 18 anni, pachistana, uccisa perché cristiana
Ragazza cristiana della diocesi di Faisalabad, uccisa il 27 novembre del 2011 con un colpo alla tempia perché aveva rifiutato un uomo musulmano che prima le aveva chiesto di sposarlo e di convertirsi all’Islam, e poi aveva tentato di violentarla. È chiamata anche la Santa Maria Goretti del Pakistan.
Adam Udai, 3 anni, iracheno, ucciso perché cristiano
Piccola vittima innocente dell’attentato nella Cattedrale siro-cattolica Nostra Signora del Perpetuo soccorso di Bagdad, avvenuto il 31 ottobre 2010. Durante la messa sei attentatori suicidi hanno tenuto in ostaggio ed ucciso almento70 persone, tra cui due sacerdoti, Tha’ir Saad e Boutros Wasim.
Suor Leonella Sgorbati, missionaria italiana in Somalia, uccisa perché cristiana.
Nata in provincia di Piacenza e Religiosa dell’ordine delle Suore Missionarie della Consolata si trovava in Somalia dal. Il 17 settembre 2006 è stata uccisa a Mogadiscio fuori dall’ospedale pediatrico dove operava. Probabile motivo dell’assassinio, una vendetta per la lezione di Benedetto XVI a Ratisbona.
Zenit