venerdì 12 agosto 2016

Assimetrie conoscitive



Le “assimetrie conoscitive” tra islam ecristianesimo. Per lo storico messicano Jean Meyer il mondo cristiano ha studiato l’Islam più di quanto il mussulmano abbia fatto con il cristianesimo 
 Terre d'America 
(Paolo Valvo) La recente ondata di attentati che ha sconvolto l’Europa occidentale, quasi tutti riconducibili a una comune matrice jihadista, ha offerto nuovi argomenti a quanti nell’attuale situazione internazionale vedono i segni di un conflitto di civiltà o di una vera e propria “guerra di religione”. (...) 

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Nel magistero papale l’urgenza del dialogo tra cristiani e musulmani. L’antidoto più efficace 

(Jean-Louis Tauran) Mi trovavo in Francia il giorno in cui don Jacques Hamel è stato barbaramente assassinato durante la celebrazione eucaristica nella sua parrocchia in Normandia.
Per due giorni, la Francia è sprofondata nella costernazione: i mezzi di comunicazione sociale informavano senza sosta, e i commentatori ricordavano la necessità del dialogo tra persone di diverse fedi.
La celebrazione del funerale ha visto tutto il Paese, autorità politiche comprese, raccolto nel condividere il dolore della famiglia, della parrocchia e della diocesi.
Ho avuto l’impressione che i francesi ricordassero che la loro cultura trova radice nel messaggio cristiano. Il commento sulle labbra di tutti era: On ne tue pas un curé!
Alcuni non hanno esitato a dire che le religioni sono fattori di pace. Tutto questo è rilevante per oggi e per domani. Ovviamente, questi fatti criminali minano la credibilità del dialogo interreligioso, ma ci si deve continuare a incontrare, a parlarsi, a lavorare assieme quando è possibile, perché non prevalga l’odio.
Tante volte mi rendo conto che molti problemi sono dovuti all’ignoranza da una parte e dall’altra. E l’ignoranza genera la paura. Per vivere assieme c’è bisogno di guardare chi è diverso da noi con stima, benevola curiosità e desiderio di camminare insieme.
Difficoltà, delusioni, tragedie di ieri e di oggi devono essere meditate come lezioni provvidenziali, dalle quali spetta agli uomini trarre la saggezza necessaria per aprire nuove strade più ragionevoli e più coraggiose.
È diventato urgente approfondire il contenuto delle nostre religioni con una catechesi articolata e noi cattolici, al riguardo, siamo privilegiati, perché possiamo attingere al ricco magistero di Papa Benedetto XVI, il quale, più degli altri Pontefici, ha parlato della necessità del dialogo islamo-cristiano.
Spesso si dice che il dialogo religioso rischia di sfociare nel sincretismo. Sono del parere contrario. Anzi, direi, che il dialogo interreligioso è l’antidoto più efficace per contrastare il relativismo. Infatti, la prima cosa che si fa, nel dialogo, è professare la propria fede. Non si può imbastire il dialogo sull’ambiguità.
Quindi, mi pare che un avvenimento come quello del 26 luglio 2016 ci sproni ad approfondire la nostra vita spirituale, e a nutrirla con la preghiera e lo studio.
Fa sempre bene ricordare ciò che affermava Giovanni Paolo II a Kaduna, in Nigeria, il 14 febbraio 1982: «Tutti noi, cristiani e musulmani, viviamo sotto il sole di un unico Dio misericordioso. E difendiamo la dignità dell’uomo. Adoriamo Dio e professiamo una sottomissione totale a lui. Il cristianesimo e l’islam hanno molte cose in comune: il privilegio della preghiera, il dovere della giustizia accompagnato dalla compassione e dall’elemosina, e soprattutto un sacro rispetto per la dignità dell’uomo che sta alla base dei diritti fondamentali di ogni essere umano, incluso il diritto alla vita del nascituro».
Possiamo, quindi, anzi dobbiamo lavorare assieme, e promuovere l’istruzione religiosa, tanto più che alcuni elementi delle società cercano di far dimenticare o perfino di distruggere l’aspetto spirituale della vita dell’uomo.
Uccidendo don Jacques, chi ha concepito questo ignobile atto aveva uno scopo ben preciso: dimostrare che non è possibile la convivenza tra musulmani e cristiani. Noi abbiamo dimostrato, e crediamo, che dobbiamo invece unire le nostre forze in nome di Dio per lavorare insieme per l’armonia e l’unità in uno spirito di sincerità e di reciproca fiducia.
Dal canto suo, Papa Francesco offre continui segnali che la coesistenza fraterna è non solo possibile, ma doverosa e fruttuosa. In occasione del pellegrinaggio in Terra Santa, ad esempio, il Papa non ha esitato ad affermare di fronte al gran muftì di Gerusalemme, il 26 maggio 2014: «In questo nostro pellegrinaggio terreno non siamo soli: incrociamo il cammino di altri fedeli, a volte condividiamo con loro un tratto di strada, a volte viviamo insieme una sosta che ci rinfranca. Viviamo una comunicazione e uno scambio fraterni che possono darci ristoro e offrirci nuove forze per affrontare le sfide comuni che ci si pongono innanzi».
L'Osservatore Romano