venerdì 22 luglio 2016

Amiamo chi non è amato. Prefazione di Papa Francesco.




Basterebbe il riferimento di Madre Teresa di Calcutta al capitolo 25 di Matteo, «i poveri sono i non amati, i non voluti… saremo giudicati dall’amore, e il povero è Gesù», per capire l’affinità profonda tra la religiosa albanese e il Papa che a San Pietro la proclamerà santa il 4 settembre. Così Francesco ha scritto la prefazione — che pubblichiamo in anteprima — al libro «Amiamo chi non è amato», nel quale la Editrice Missionaria Italiana ha raccolto due interventi inediti pronunciati da Madre Teresa nel ‘73, a Milano, incontrando giovani e religiose.
Nel testo, datato 13 luglio, Francesco si rivolge ai giovani che vedrà la settimana prossima alla Gmg di Cracovia: «Siate costruttori di ponti per spezzare la logica della divisione, del rifiuto, della paura gli uni degli altri, mettetevi al servizio dei poveri...». Nel libro Madre Teresa dice: «La malattia più grave non è la lebbra o la tubercolosi, ma la solitudine... Questa è la causa di tanti disordini, divisioni e guerre che oggi ci affliggono». (g. g. v.)


(Francesco) C’e un’espressione di Madre Teresa, che qui non leggiamo, ma che vorrei facesse da sfondo alla mia riflessione: «Noi non siamo una Ong. Le Ong lavorano per un progetto; noi lavoriamo per Qualcuno». Perciò, anch’io ripeto spesso che la Chiesa non è una Ong, perche lavora per Cristo e per i poveri nei quali vive Cristo, ci tende la mano, invoca aiuto, chiede il nostro sguardo misericordioso, la nostra tenerezza. Rileggendo queste pagine ho pensato di raccogliere alcune riflessioni attorno a cinque parole. 
Preghiera
La prima parola è preghiera. Madre Teresa ci invita instancabilmente ad attingere alla fonte dell’Amore, Gesù crocifisso e risorto, presente nel sacramento dell’Eucaristia, per poi avere la forza di soccorrerlo nei più poveri tra i poveri, con il cuore pieno di gioia. Madre Teresa iniziava la sua giornata partecipando alla Santa Messa e la chiudeva con l’adorazione a Gesù Sacramento, Amore infinito. Così, diventa possibile trasformare il lavoro in preghiera. Non dimentichiamo mai di avere un piccolo vangelo in tasca, di leggerne una pagina e di entrare anche noi nel racconto che leggiamo. Cerchiamo di entrare nei pensieri e nei sentimenti di Gesù, parliamo con Lui, chiediamo la grazia del Suo Spirito: così diventeremo uomini e donne che hanno il gusto della vita e sapremo donare uno sguardo rinnovato a chi incontriamo. 
Carità 
La seconda parola è carità. Significa farsi prossimi alle periferie degli uomini e delle donne che incontriamo ogni giorno, provare compassione per gli ultimi nel corpo e nello spirito — e provare compassione è possibile solo quando il bisogno e le ferite dell’altro vengono accolti nel mio cuore —, farsi testimoni della carezza di Dio per ogni ferita dell’umanità. Tutto ciò è possibile quando ciascuno di noi sta con il Signore Gesù, parla con Lui, si lascia abitare dal Suo Spirito. Così noi saremo capaci di offrire quanto le persone desiderano: la presenza e la vicinanza di Dio misericordia. 
Misericordia 
La terza è misericordia operosa. Potremmo anche dire opere di misericordia corporali e spirituali, cioè prendersi cura di tutto l’uomo e di ogni uomo. Nella Misericordiae vultus, bolla di indizione del Giubileo straordinario della Misericordia, scrivevo: «È mio vivo desiderio che il popolo cristiano rifletta durante il Giubileo sulle opere di misericordia corporale e spirituale. Sarà un modo per risvegliare la nostra coscienza spesso assopita davanti al dramma della povertà e per entrare sempre di più nel cuore del Vangelo, dove i poveri sono i privilegiati della misericordia divina. La predicazione di Gesù ci presenta queste opere di misericordia perché possiamo capire se viviamo o no come suoi discepoli. Riscopriamo le opere di misericordia corporale: dare da mangiare agli affamati, dare da bere agli assetati, vestire gli ignudi, accogliere i forestieri, assistere gli ammalati, visitare i carcerati, seppellire i morti. E non dimentichiamo le opere dimisericordia spirituale: consigliare i dubbiosi, insegnare agli ignoranti, ammonire i peccatori, consolare gli afflitti, perdonare le offese, sopportare pazientemente le persone moleste, pregare Dio per i vivi e per i morti». Madre Teresa ha fatto di questa pagina di Vangelo la guida della sua vita, la strada verso la santità, e potrebbe diventarlo anche per noi. 
Famiglia 
La quarta parola è famiglia. In essa spicca la figura e la presenza della mamma, e così ne parla in queste pagine Madre Teresa: «Le mamme sono il cuore della casa e sono loro che formano la famiglia, accettando, amando e prendendosi amorosa cura dei loro figli. (...) [Infatti] molte delle sofferenze dei giovani sono causate dalla vita familiare. (...) È la madre che fa della casa un nido d’amore. A volte essere madre può essere un’esperienza veramente ardua, può essere una croce; ma abbiamo con noi la Madonna, la migliore delle mamme, che sempre ci insegna a essere tenere con i nostri figli». Nella famiglia, infatti, impariamo da mamma e papà a sorriderci, a perdonarci, accoglierci, sacrificarci gli uni per gli altri, donare senza pretendere nulla in cambio, pregare e soffrire insieme, gioire e aiutarci reciprocamente. In nessun’altra situazione di vita è possibile vivere come e quanto si vive in una famiglia. E Madre Teresa, in una delle risposte durante gli incontri riportati in questo libro, ci dice: «Voi dovete diventare sempre di più la gioia e la consolazione di Dio, riportando la preghiera nelle vostre famiglie. La famiglia ha bisogno di amore, comunione e arduo lavoro. E questo sarà il dono più grande che potrete offrire alla Chiesa». 
Gioventù 
La quinta parola è giovani. «In modo particolare mi rivolgo a voi giovani! Dicono che l’Albania è il Paese più giovane dell’Europa e mi rivolgo a voi. Vi invito a costruire la vostra esistenza su Gesù Cristo, su Dio: chi costruisce su Dio costruisce sulla roccia, perché Lui è sempre fedele, anche se noi manchiamo di fedeltà (cfr. 2Tm 2,13)». Con queste parole all’Angelus a Tirana, durante la mia visita in Albania, il 21 settembre 2014, mi rivolgevo ai giovani di quella terra.
A tutti i giovani chiedo, ora, di non perdere la speranza, di non farsi rubare il futuro, che è nelle loro mani. Rimanete nel Signore e amatevi come Dio vi ama, siate costruttori di ponti per spezzare la logica della divisione, del rifiuto, della paura gli uni degli altri, mettetevi al servizio dei poveri, affrontate con coraggio la vita, che è dono di Dio. Volate alto, come l’aquila simbolo del paese di origine di Madre Teresa! Vi incoraggio a coinvolgere i vostri coetanei; a nutrirvi assiduamente della Parola di Dio aprendo i vostri cuori a Cristo, al Vangelo, all’incontro con Dio, al dialogo fra voi per offrire una testimonianza al mondo intero. 
Vi benedico con affetto. Vi auguro che queste pagine facciano bene al vostro cuore come hanno fatto bene al mio, mentre invoco pace e misericordia nelle vostre case, nelle vostre famiglie, nella vostra vita. Pace e misericordia invochiamo da Dio, sul mondo intero, per intercessione di Madre Teresa.