mercoledì 25 maggio 2016

Mattarella ha "ridefinito" il matrimonio

Renzi e Mattarella
Caffarra a tutto campo su famiglia e Cirinnà: "Con la firma Mattarella ha ridefinito il matrimonio"
di Marco Ferraresi


Parlare di famiglia non è mai stato così complicato. Persino dentro la Chiesa. Fa problema anzitutto l’oggetto del discorso: cosa è veramente famiglia? E come pretendere che non vi sia confusione nella società civile, se pure nella Chiesa si oscurano talora verità fondamentali sul matrimonio? La controversia sul cap. VIII dell’esortazione Amoris Laetitia di Papa Francesco e la recente legge italiana sulle unioni civili destano sconcerto.
Ne parliamo con il Card. Carlo Caffarra, Arcivescovo emerito di Bologna. Caffarra è stato fondatore e Preside dell’Istituto Giovanni Paolo II per gli studi sul matrimonio e la famiglia. Già partecipante come esperto al Sinodo dei vescovi sulla famiglia del 1980, è membro di nomina pontificia ai Sinodi del 2014 e del 2015. Risponde alle domande con la semplicità e la franchezza degli uomini della sua terra: “Quella fettaccia di terra tra il grande fiume e la grande strada”, dice orgogliosamente citando Guareschi.
Eminenza, cos’è la famiglia?
E’ la società che trae origine dal matrimonio, patto indissolubile tra un uomo e una donna, che ha la finalità di unire i coniugi e trasmettere la vita umana.
Da un’unione civile, secondo la legge Cirinnà nasce una famiglia?
No. Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, firmando questa legge, ha sottoscritto una ridefinizione del matrimonio. Ma un provvedimento normativo non cambia la realtà delle cose. Occorre dirlo: i sindaci (soprattutto, naturalmente, quelli cattolici) devono fare obiezione di coscienza. Celebrando un’unione civile si renderebbero infatti corresponsabili di un atto gravemente illecito sul piano morale.
Perché questa crisi di identità della famiglia in Occidente?
Me lo chiedo spesso, ma non ho una risposta esaustiva. Comunque, una concausa è un processo di “debiologizzazione”, per il quale non si ritiene più che il corpo abbia un linguaggio (e dunque un significato) oggettivo. Questo significato viene così determinato dalla libertà della persona. Si è spezzato,nella coscienza occidentale, il legame tra bios e logos.
In una prospettiva di fede, non vi sono pure cause soprannaturali?
Nel 1981 stavo fondando per volontà di San Giovanni Paolo II l’Istituto per gli studi sul matrimonio e la famiglia. La fondazione era prevista per il 13 maggio, data della prima apparizione della Madonna a Fatima. Il Papa in quel giorno subì l’attentato, da cui uscì miracolosamente salvo per grazia – a dire dello stesso Pontefice – della Madonna. Dopo i primi anni di vita dell’Istituto, scrissi a suor Lucia, la veggente di Fatima, chiedendo preghiere per l’opera, e aggiungendo che non aspettavo risposta. Una risposta però arrivò comunque.
Che cosa le rispose?
Suor Lucia scrisse – e, vorrei sottolineare, siamo  nei primi anni ’80 – che vi sarebbe stato un tempo di uno “scontro finale” tra il Signore e Satana. E il terreno di scontro sarebbe stato costituito dal matrimonio e dalla famiglia. Aggiunse che coloro i quali avrebbero lottato per il matrimonio e la famiglia sarebbero stati perseguitati. Ma anche che costoro non avrebbero dovuto temere, perché la Madonna ha già schiacciato la testa al serpente infernale.
Parole profetiche: è quello che sta accadendo?
Viviamo una situazione inedita. Mai era accaduto che si ridefinisse il matrimonio. E’ Satana che sfida Dio, come dicendo: “Vedi? Tu proponi la tua creazione. Ma io ti dimostro che costituisco una creazione alternativa. E vedrai che gli uomini diranno: si sta meglio così”. L’arco intero della creazione si regge, secondo la Scrittura, su due colonne: il matrimonio ed il lavoro umano. Non è ora nostro tema il secondo, pure soggetto ad una “crisi definitoria”; per quanto qui concerne, il matrimonio è stato istituzionalmente distrutto.
La Chiesa può rispondere a simile sfida?
Deve rispondere, per ragioni direi strutturali. La Chiesa si interessa del matrimonio perché il Signore l’ha elevato a sacramento. Cristo stesso unisce gli sposi. Si badi, non è una metafora: secondo le parole di San Paolo, nel matrimonio il vincolo tra gli sposi si innesta nel vincolo sponsale tra Cristo e la Chiesa, e viceversa. L’indissolubilità non è anzitutto una questione morale (“gli sposi non devono separarsi”), ma ontologica: il sacramento opera una trasformazione nei coniugi. Sicché, dice la Scrittura, non sono più due, ma uno. Questo è detto chiaramente in Amoris Laetitia (par. 71-75). Il sacramento, poi, infonde negli sposi la carità coniugale. E di questo parlano benissimo i capitoli IV e V dell’Esortazione. Inoltre, il sacramento costituisce gli sposi in uno Stato di vita pubblico nella Chiesa e nella società. Come ogni Stato di vita nella Chiesa, anche lo Stato coniugale ha una missione: il dono della vita, che si continua nell’educazione dei figli. Qui il capitolo VII di Amoris Laetitia colma addirittura, a mio avviso, una lacuna nel dibattito dei vescovi al Sinodo.
In pratica, cosa dovrebbe fare la Chiesa?
Una sola cosa: comunicare il Vangelo del matrimonio. Ho detto “comunicare”, perché non si tratta solo di un evento linguistico. La comunicazione del Vangelo significa guarire l’uomo e la donna dalla loro incapacità di amarsi e introdurli nel grande Mistero di Cristo e la Chiesa. Questa comunicazione avviene attraverso l’Annuncio e la catechesi; e attraverso i Sacramenti. Ci sono persone che, dopo una catechesi sul Sacramento del Matrimonio, vengono a dirmi: perché nessuno mi ha mai parlato di queste realtà meravigliose? I giovani, soprattutto, devono essere al centro delle nostre preoccupazioni. La questione educativa in materia è “la” questione decisiva. Il Papa ne parla ampiamente nei par. 205-211.
Eminenza, che dire della questione dell’accesso ai sacramenti dei divorziati risposati? Il Papa ne tratta al cap. VIII, del quale sono state offerte però letture contrapposte.
Anzitutto, vorrei sottolineare che il Papa stesso nel par. 307 afferma che, prima di occuparci dei matrimoni falliti, dobbiamo preoccuparci di quelli da costruire. E, aggiungo, il problema della sua domanda resta quantitativamente limitato. Certo, sul piano dottrinale è tutt’altro che da trascurare. A tal proposito, rispondo a partire da quattro premesse.
1) Il matrimonio è indissolubile. Come dicevo, prima che un obbligo morale, l’indissolubilità è un dato ontologico. Spiace osservare che non tutti i Padri sinodali avessero ben chiaro tale fondamento ontologico.
2) La fedeltà coniugale non è un ideale da raggiungere. La forza di essere fedeli è donata nel sacramento (vi immaginate il marito che dice alla moglie: “Esserti fedeli è un ideale che cerco di raggiungere, ma ancora non riesco”?). Troppe volte si usa in Amoris Laetitia la parola “ideale”, occorre attenzione sul punto.
3) Il matrimonio non è un fatto privato, disponibile dagli sposi. E’ una realtà pubblica per il bene della Chiesa e della società.
4) Il cap. VIII, oggettivamente, non è chiaro. Altrimenti come si spiegherebbe il “conflitto di interpretazioni” accesosi anche tra vescovi? Quando ciò accade, occorre verificare se vi siano altri testi del Magistero più chiari, tenendo a mente un principio: in materia di dottrina della fede e di morale il Magistero non può contraddirsi. Non si devono confondere contraddizione e sviluppo. Se dico S è P e poi dico S non è P, non è che abbia approfondito la prima. L’ho contraddetta.
Amoris Laetitia, dunque, insegna o no che vi sia uno spazio di accesso ai sacramenti per i divorziati risposati?
No. Chi versa in uno stato di vita che oggettivamente contraddice il sacramento dell’Eucaristia, non può accedervi. Come insegna il Magistero precedente, possono invece accedervi coloro che, non potendo soddisfare l’obbligo della separazione (ad es. a causa dell’educazione dei figli nati dalla nuova relazione), vivano in continenza. Questo punto è toccato dal Papa in una nota (la n. 351). Ora, se il Papa avesse voluto mutare il Magistero precedente, che è chiarissimo, avrebbe avuto il dovere, e il dovere grave, di dirlo chiaramente ed espressamente. Non si può con una nota, e di incerto tenore, mutare la disciplina secolare della Chiesa. Sto applicando un principio interpretativo che in Teologia è sempre stato ammesso. Il Magistero incerto si interpreta in continuità con quello precedente.
Dunque, nessuna novità?
La novità, oltre alla possibilità data dal S. Padre di eccepire, a giudizio prudente dei vescovi, ad alcune norme canoniche, è soprattutto nel prendersi cura di questi fratelli divorziati risposati, cercando di imitare il nostro Salvatore nella modalità con cui Egli incontrava le persone più bisognose del “medico” . Il cap. VIII (“accompagnare, discernere, integrare”), a mio modesto avviso, è la guida di questo “prendersi cura”. Non dobbiamo cadere nell’inganno mass-mediatico di ridurre tutto a “Eucarestia sì-Eucarestia no”.

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Ecco perché l’omosessualità è contro natura
di Tommaso Scandroglio

Se l’omosessualità è una condizione buona, allora ha ragione l’onorevole Cirinnà e la legge sulle unioni civili, appena promulgata da Mattarella, è una legge giusta. Altrimenti ha torto la senatrice Pd e questa legge è una norma ingiusta perché mai si può legittimare giuridicamente un male morale.
Ora la morale naturale insegna che l’omosessualità è una condizioneintrinsecamente disordinata, cioè a dirsi contro natura, e che le condotte omosessuali, conseguentemente, esprimono tale disordine. Ma quali sono le prove che l’omosessualità è contro natura? Prima di tutto bisogna intendersi sul significato che attribuiamo alla parola natura. Tale termine non significa “naturalistico”, cioè qualcosa presente nel mondo naturale, né normale, cioè diffuso, né innato, cioè congenito. Natura invece - secondo la tradizione classica, quella afferente all’insegnamento aristotelico-tomista – significa un fascio di inclinazioni che tendono ad alcuni fini, i quali, beneficiando l’uomo, vengono chiamati beni. E così noi per natura incliniamo, cioè desideriamo, tendiamo alla vita, alla salute, alla conoscenza, alla socialità, alla trascendenza, alla libertà, etc. 
La natura è un orientamento ad alcuni fini, ad alcuni beni, è un ordo. Gli atti che contrastano conqueste inclinazioni, di conseguenza, sono dis-ordinati, cioè contrastanti l’orientamento naturale e dunque – per logica conseguenza – vengono qualificati come atti malvagi: uccidere, ferire, rubare, sequestrare una persona, etc. É come imboccare contro mano una strada a senso unico. Una di queste inclinazioni naturali ci orienta a essere attratti da persone di sesso opposto. L’omosessualità contrasta con questa inclinazione e dunque è una pulsione disordinata. Ma – e qui sta il problema – chi ci dice che esista questa inclinazione? E anche se fosse esistente, chi ci dice che non esista anche un’altra inclinazione naturale che spinge alcuni a essere attratti da persone dello stesso sesso? Una inclinazione è naturale se soddisfa tre criteri.
Il primo è il criterio di proporzionalità. Una inclinazione è naturale se l’uomo possiede per natura glistrumenti adatti a soddisfare il fine verso cui sperimenta questa stessa inclinazione. Così Tommaso D’Aquino:  «Ora, tutto ciò che rende un'azione inadatta al fine inteso dalla natura, va definito come contrario alla legge naturale» (Summa Th. Supp. 65, a. 1 c.). Ad esempio, la vita è un’inclinazione naturale perché tutto il nostro organismo è fatto in modo tale per soddisfare il fine della sopravvivenza. La generazione è un fine naturale perché possediamo gli strumenti adatti, cioè proporzionati al fine, per concepire. La conoscenza è un fine naturale perché possediamo l’intelletto. 
Ora se l’omosessualità fosse un’inclinazione naturale la persona umana dovrebbe possedere queglistrumenti adatti a soddisfare completamente tale tipo di attrazione. Verifichiamolo. Tale attrazione, se completa, porta ai rapporti carnali. Ma i rapporti carnali omosessuali non sono idonei a soddisfare un fine naturale del rapporto sessuale, cioè l’apertura alla vita. Dunque sarebbe curioso che esistesse un’inclinazione naturale omosessuale e madre natura non avesse permesso alla persona di soddisfarla compiutamente. 
L’obiezione che in genere si muove è la seguente: anche molte coppie eterosessuali sono sterili o infertili. I motivi però che generano l’infecondità sono diametralmente opposti: il rapporto omosessuale è fisiologicamente infecondo, quello etero sterile è patologicamente infecondo; il primo per sua natura è infecondo, il secondo per sua natura è fecondo; il primo per necessità, cioè sempre e comunque, è infecondo, il secondo solo eventualmente; il primo è normale che sia infecondo, il secondo non è normale che sia infecondo; il primo è essenzialmente infecondo, il secondo è accidentalmente infecondo. Tirare in ballo i rapporti eterosessuali sterili equiparando ad essi i rapporti sessuali omosessuali è farsi un autogol. Infatti, è ammettere che i rapporti omosessuali sono sempre patologici proprio come lo sono, a volte, quelli etero. In sintesi, l’infecondità del rapporto omosessuale è co-essenziale all’atto e non esterno alla natura dell’atto come nei rapporti tra persone di sesso differente.
Altro criterio per stabilire che un’inclinazione è naturale oppure no: la complementarietà. La natura sipuò esprimere come una sete di un qualcosa, un bisogno che deve essere colmato attraverso le azioni. Ciò significa che noi siamo mancanti di beni che appetiamo e dunque ciò comporta che tali beni ci completano. Altrimenti perché cercarli? Li cerchiamo proprio perché ci perfezionano, ci arricchiscono in umanità. E dunque non ci può essere un moto, una inclinazione naturale verso qualcosa che ho già o che sono già. L’inclinazione quindi presuppone una mancanza e dunque una diversità, un qualcosa di etero (differente), non di omo (uguale). Così come per completare una raccolta di francobolli occorre trovare francobolli diversi da quelli già posseduti, non uguali. 
Il maschio non si completa con il maschio e così la femmina con la femmina. Prova indiretta che c’èun’inclinazione naturale è il finalismo biologico e fisiologico. Gli apparati sessuali maschili sono fatti per incontrare quelli femminili, sono conformati per organi differenti dai propri. Laddove non rispetto questo finalismo, danneggio il corpo. Provate voi a camminare sempre con le mani: le deformerete, proprio perché le mani non sono fatte per camminare e sostenere il nostro corpo. Un articolo scientifico pubblicato nel 2013 dall’International Journal of Epidemiology ci informa che c’è il 4.000% in più di rischi di contrarre un tumore anale in chi fa sesso anale rispetto a chi ha rapporti in vagina. Proprio perché l’ano non è fisiologicamente finalizzato ad accogliere, bensì ad espellere. É la vagina che è fatta per accogliere.  Il pene dunque è conformato per incontrare la vagina. I due organi sono quindi tra loro complementari.
La complementarietà tra maschio e femmina non è poi solo fisica ma anche psicologica. “Sposo”deriva da responsum, cioè risposta: l’uomo è la risposta ad una domanda esistenziale che pone la donna e viceversa. Si trova la propria soluzione antropologica-esistenziale in qualcosa di differente da sé, seppur consono a sé. Altro criterio per comprendere se una inclinazione è naturale è la felicità che la persona sperimenta allorquando partecipa al bene indicato dalla inclinazione. Quando la salute zoppica, quando non riusciamo comprendere qualcosa, quando non abbiamo amici ecco che ci sentiamo tristi. Vi sono molti studi scientifici che comprovano che le persone omosessuali e i figli di coppie gay presentano disturbi psicologici (ne abbiamo parlato più volte, ad es. clicca qui e qui). 
Di contro si sostiene che la persona omosessuale è infelice a causa della cosiddetta “omofobiainteriorizzata”, cioè sarebbe infelice a motivo degli atti di discriminazione subiti. Ma questo, nella maggioranza dei casi, è falso almeno per due motivi. In primo luogo il numero di persone afflitte da questi disturbi è ben superiore al numero di casi di ingiusta discriminazione (cfr. Unar - Dipartimento delle Pari Opportunità dal titolo, Verso una Strategia nazionale per combattere le discriminazioni basate sull’orientamento sessuale e sull’identità di genere; Avvocatura per i diritti Lgbt – Rete Lenford, Realizzazione di uno studio volto all’identificazione, analisi e al trasferimento di buone prassi in materia di non discriminazione nello specifico ambito dell’orientamento sessuale e dell’identità di genere (2007-2013); Pew Research Center di Washington, A Global Divide On Homosexuality).
In secondo luogo, nei gruppi sociali che sono oggettivamente discriminati (pensiamo ad esempio aicristiani nel mondo che addirittura finiscono ammazzati) non si riscontrano questi tipi di disturbi. Altra obiezione: esistono altri studi che sostengono che le persone omosessuali e i figli di omosessuali sono felici. La risposta è duplice: da una parte occorre verificare la solidità scientifica di questi studi – spessissimo assai precaria – e in secondo luogo – aspetto assai più importante perché di carattere metafisico e quindi incontrovertibile – dovremmo solo concludere che la persona omosessuale serena lo è nonostante la sua omosessualità. Se l’omosessualità, come provato, contraddice l’ordine naturale, è certo che non concorre alla felicità dell’uomo. Pensare l’opposto significa negare il principio di non contraddizione. 
Quindi le persone omosessuali e i figli di coppie gay che, nonostante tale omosessualità, riescono avivere sereni, dimostrano solo che hanno posto in essere delle controspinte psicologiche per “tenersi a galla”. Esistono sicuramente ad esempio figli di coppie divorziate che sono sereni, ma questo nonostante il divorzio, non grazie al divorzio. In caso contrario dovremmo consigliare a quelle coppie sposate che vanno d’amore e d’accordo di divorziare perché ciò incrementerebbe la felicità dei loro figli.
É come un nuotatore che riesce a nuotare controcorrente in un fiume. Ci riesce non a causa dellacorrente del fiume, che lo porterebbe a valle, ma a causa della sua abilità che contrasta la forza del fiume. Di suo l’omosessualità è portatrice di infelicità, è come il fiume che ti trascina a valle. E dunque dal momento che i rapporti carnali omosessuali non hanno in sé gli strumenti idonei a soddisfare il fine naturale della procreazione, dal momento che l’omosessualità è carente di complementarietà e non fa felici le persone omosessuali, possiamo concludere che l’omosessualità è contro natura e che l’attuale legge sulle unioni civili è ingiusta perché contraddice il diritto naturale.