venerdì 13 maggio 2016

Il ruolo delle donne consacrate nella Chiesa. Discorso del Santo Padre e (alcuni) commenti...



Discorso del Santo Padre Francesco all'Unione Internazionale Superiore Generali (UISG) 
Sala stampa della Santa Sede
Nella mattinata di ieri, giovedì 12 maggio, il Santo Padre Francesco ha incontrato nell’Aula Paolo VI le partecipanti all’Assemblea Plenaria delle Superiore Generali, in corso a Roma sul tema: “Tessere la solidarietà globale per la vita” e programmata a chiusura delle celebrazioni del Giubileo per i 50 anni dell’UISG. L’incontro del Santo Padre con le Superiore Generali - oltre ottocento, provenienti da tutto il mondo - si è svolto in forma di dialogo. Di seguito riportiamo la trascrizione del colloquio:
Prima domanda
Per un migliore inserimento delle donne nella vita della Chiesa
Papa Francesco, Lei ha detto che “il genio femminile è necessario in tutte le espressioni della vita della Chiesa e della società”, e tuttavia le donne sono escluse dai processi decisionali nella Chiesa, soprattutto ai più alti livelli, e dalla predicazione nell’Eucaristia. Un importante impedimento all’abbraccio pieno della Chiesa del “genio femminile” è il legame che sia i processi decisionali che la predicazione hanno con l’ordinazione sacerdotale. Lei vede un modo per separare dall’ordinazione sia i ruoli di leadership che la predicazione all’Eucaristia, in modo che la nostra Chiesa possa essere più aperta a ricevere il genio delle donne, in un futuro molto prossimo? (...)

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Diaconesse? Il cardinale Ravasi la pensa così
Blog Aldo Maria Valli


(Aldo Maria Valli) Nei mass media ha fatto molto rumore l’idea, accolta da Francesco su richiesta di alcune suore ricevute in udienza, di istituire una commissione di studio sulle funzioni diaconali che le donne ricoprivano nella Chiesa dei primi secoli. In realtà la Commissione teologica internazionale elaborò già uno studio nel quinquennio 1992 – 1997 e poi, nel 2003, pubblicò un testo specifico, Il diaconato: evoluzione e prospettive. In ogni caso, le parole di Francesco (che il Centro televisivo vaticano, curiosamente, non ha messo a disposizione dei giornalisti) rilanciano un tema interessante sotto molti aspetti. Ne parliamo con il cardinale Gianfranco Ravasi, teologo e biblista, presidente del Pontificio consiglio della cultura. Diaconesse? Il cardinale Ravasi la pensa così...

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Le conseguenze della scelta di Francesco
La Stampa
(Enzo Bianchi) Una risposta franca nel corso di un' udienza papale non ha certo l' autorevolezza di un pronunciamento magisteriale, ma le parole che papa Francesco ha rivolto ieri a ottocento superiore religiose testimoniano che di fronte alle sfide pastorali che l' annuncio del Vangelo pone oggi alla Chiesa è importante che anche sul tema del diaconato femminile non solo rimanga aperto uno spazio, ma ci si orienti ad affrontare la questione nel merito. Da sempre il ruolo e le funzioni del diaconato all' interno della Chiesa e la conseguente discussione sulla possibilità o meno dell' accesso ad esso da parte di tutti i battezzati - e quindi anche delle donne - sono segnate dalla non univoca e definita posizione della Chiesa primitiva. Vi erano diaconesse nella chiesa antica in oriente fino al IV secolo - e lo testimoniano i padri fino a Giovanni Crisostomo - che insieme ai diaconi collaboravano con il vescovo e i presbiteri: avevano la responsabilità caritativa di provvedere alle necessità materiali dei poveri, ma avevano anche una funzione liturgica di assistenza nell' amministrazione del battesimo e nella catechesi. Tuttavia non c' è accordo tra gli storici se la «ordinazione» fosse sacramentale o solo funzionale. La progressiva separazione tra momento assembleare culturale e dimensione conviviale caritativa assunta dalle celebrazioni liturgiche ha favorito anche una maggior differenziazione di ruoli e funzioni così che la «diaconia» è passata a indicare quasi esclusivamente il servizio reso ai poveri e ai malati nella vita quotidiana. È per lo meno dagli anni del concilio che la riflessione di storici, teologi e liturgisti affronta questo argomento scavando nella tradizione della chiesa primitiva e la commissione di studio auspicata ieri dal Papa potrà certo avvalersi di opere articolate provenienti da studiosi delle diverse confessioni cristiane, stimolate dall' introduzione del diaconato permanente per gli uomini sposati nella chiesa cattolica e dall' apertura del presbiterato, e poi dell' episcopato, alle donne nelle Chiese nate dalla riforma protestante. Se l' argomento ritorna però di attualità non è sotto la spinta di mode culturali o di adeguamento a una mentalità mondana, bensì in virtù di una sollecitudine pastorale: il Vangelo per essere annunciato in tutta la sua freschezza e radicalità deve avvalersi di linguaggio e stili comprensibili agli uomini e alle donne di oggi e queste ultime devono trovare nella vita della chiesa luoghi di presenza non afona ma con l' esercizio di responsabilità che possono competere a tutti i battezzati. Oggi le diaconesse non esistono più né nelle Chiese ortodosse - che discutono se riproporre questo ministero - né nella Chiesa cattolica, ma solo in alcune Chiese della riforma. E se ci sono donne impegnate in un servizio ecclesiale - come le collaboratrici apostoliche diocesane - queste lo sono come da sempre le religiose e le appartenenti agli istituti secolari. Ogni volta che si torna giustamente a parlare del ruolo delle donne nella chiesa ci si dovrebbe anche interrogare su quale potrebbe essere il percorso di riflessione più fecondo di conseguenze pratiche: considerare analogie e differenze tra presbiteri e suore, che vivono il celibato cristiano, oppure quelle tra sacerdozio universale - conferito a tutti i battezzati, uomini e donne - e ministero ordinato. Il problema da studiare per un discernimento sul diaconato femminile è allora quello della sua compatibilità o meno con l' attuale comprensione dell' ordine sacerdotale riservato agli uomini secondo tutta la tradizione cattolica. Se consideriamo l' insieme delle risposte offerte ieri da papa Francesco alle religiose su argomenti che hanno spaziato dalla clericalizzazione alla distinzione tra servizio e servilismo, dalla presenza delle donne nei luoghi decisionali all' importanza dello sguardo femminile sulle questioni ecclesiali, possiamo essere certi che la sollecitudine pastorale di papa Francesco saprà dare un seguito concreto a questa apertura che, come sovente avviene nella storia, è un riabbeverarsi alle fonti del cristianesimo, alla Chiesa indivisa.

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"Dobbiamo valorizzare le spose e le madri, non clericalizzarle". Bergoglio: la Madonna più importante degli apostoli
La Stampa
(Andrea Tornielli) La disponibilità ad approfondire il tema delle diaconesse manifestata ieri da Papa Francesco nel dialogo con le religiose è in linea con quanto da lui più volte affermato in questi primi tre anni di pontificato sulla valorizzazione del ruolo della donna nella Chiesa. Non si deve dimenticare, innanzitutto, l' influenza significativa esercitata su Jorge Mario Bergoglio dalla nonna, Rosa Vasallo, che il Papa ha citato spesso per ciò che gli ha insegnato in materia di fede e di devozione. «Sono le mamme, le nonne» a trasmettere la fede, ha ripetuto Francesco, «una donna ci ha portato Gesù. Lui ha voluto avere una madre: anche il dono della fede passa per le donne». Il messaggio più forte sul ruolo femminile nella Chiesa il Pontefice l' aveva mandato dialogando con i giornalisti sul volo di ritorno da Rio de Janeiro, nel luglio 2013. «Una Chiesa senza le donne - aveva detto - è come il collegio apostolico senza Maria. Il ruolo della donna nella Chiesa non è soltanto la maternità, ma è più forte: è proprio l' icona della Vergine, della Madonna; quella che aiuta a crescere la Chiesa! Pensate, che la Madonna è più importante degli apostoli. La Chiesa è femminile: è sposa, è madre. Il ruolo della donna nella Chiesa non solo deve finire come mamma, come lavoratrice… No! È un' altra cosa! Non si può capire una Chiesa senza donne, ma donne attive nella Chiesa, con il loro profilo». «Noi - aveva aggiunto - non abbiamo fatto ancora una profonda teologia della donna, nella Chiesa. Soltanto può fare la chierichetta, leggere la lettura, presiedere la Caritas. Ma, c' è di più!». Certo, il Papa aveva anche ribadito il «no» definitivo pronunciato da Giovanni Paolo II sulla possibilità delle donne prete: «Quella porta è chiusa. Ma l' ho detto e lo ripeto. La Madonna, Maria, era più importante degli apostoli vescovi e dei diaconi preti. La donna, nella Chiesa, è più importante dei vescovi e dei preti». Nell' esortazione apostolica «Evangelii gaudium», documento programmatico del suo pontificato, Francesco ha sottolineato: «La Chiesa riconosce l' indispensabile apporto della donna nella società, con una sensibilità, un' intuizione e certe capacità peculiari che sono solitamente più proprie delle donne che degli uomini. Ad esempio, la speciale attenzione femminile verso gli altri». «C' è ancora bisogno di allargare - spiegava il Papa - gli spazi per una presenza femminile più incisiva nella Chiesa. Le rivendicazioni dei legittimi diritti delle donne a partire dalla ferma convinzione che uomini e donne hanno la medesima dignità, pongono alla Chiesa domande profonde che la sfidano e che non si possono superficialmente eludere». Francesco concludeva chiedendo di ampliare la partecipazione femminile «lì dove si prendono decisioni importanti, nei diversi ambiti della Chiesa». «Il Papa è un uomo, il Papa ha bisogno anche del pensiero delle donne - ha detto lo scorso febbraio durante il volo di ritorno dal Messico - Le donne ancora sono un po'… non bene considerate… Non abbiamo capito il bene che una donna può fare alla vita del prete e della Chiesa, in un senso di consiglio, di aiuto, di sana amicizia». Segno concreto di questa attenzione è stata la decisione, presa già da cardinale a Buenos Aires ma continuata anche da Papa, di includere le donne nella lavanda dei piedi al Giovedì santo e di promulgare una modifica delle norme liturgiche per permettere che ciò avvenga in tutta la Chiesa. Nel luglio 2014, in occasione delle nomine dei nuovi membri della Commissione teologica internazionale, il numero di teologhe è salito da due a cinque su un totale di trenta. Segnali ancora timidi di valorizzazione dell' universo femminile. Con un nota bene: Francesco pur ribadendo ripetutamente la necessità per la Chiesa di dar spazio alle donna ha sempre evitato di presentare questa valorizzazione come una forma di «clericalizzazione». «Le donne nella Chiesa devono essere valorizzate, non "clericalizzate"», aveva detto alla Stampa commentando la boutade sulle «donne cardinale». Parole significative che indicano l' intenzione di percorrere una strada diversa da quella della sovrapposizione con i ruoli maschili.

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La Curia sorpresa dalla «promozione» 
 Corriere della Sera 
(Massimo Franco) In Vaticano sono rimasti un po' spiazzati. Sapevano che ieri il Papa avrebbe parlato a braccio sul ruolo della donna nella Chiesa. Ma non sapevano che cosa avrebbe risposto alle domande di sei suore. E quando sono rimbalzati i primi «lanci» delle agenzie, la reazione è stata cauta: una prudenza tutta curiale, ma inevitabile. Prima di dire qualunque cosa, hanno aspettato che arrivasse la trascrizione del suo discorso. 
E sulle conseguenze che potrebbero avere le parole di Jorge Mario Bergoglio a proposito di sacerdozio femminile, se possibile la cautela è ancora più grande. «Aspettiamo e vediamo», frenano. La creazione di una commissione che studi il tema suscita reazioni contrastanti: soprattutto per la proliferazione delle commissioni in questi tre anni di pontificato. Insomma, l' impressione è che le gerarchie vaticane si trovino di fronte all' ennesima risposta a sorpresa di Francesco; non sappiano bene come maneggiarla; e suggeriscano di valutare nel tempo l' impatto delle parole alle novecento «superiori» degli istituti religiosi di tutto il mondo. Gli amici latinoamericani del Pontefice sono meno sorpresi. Bergoglio, riferiscono, si è sempre preoccupato della posizione delle donne nella Chiesa cattolica: a volte marginale o comunque sottovalutata, e soprattutto nelle Americhe tale da allontanare dalla pratica religiosa e da favorire il proselitismo delle sette. Sotto questo aspetto, in Francesco potrebbe avere prevalso un «riflesso sudamericano». La voglia di riconoscere un' importanza maggiore al ruolo femminile è affiorata fin dall' inizio del suo papato: sebbene ieri abbia adombrato una «promozione» parlando della «possibilità per oggi» di ammettere le donne al diaconato: il primo passo verso il sacerdozio femminile. Si tratta di un traguardo che Giovanni Paolo II aveva precluso con nettezza; e che invece il Pontefice argentino dischiude, almeno in teoria. È una scelta sulla quale evidentemente sta meditando: sebbene si scontri con un mondo ecclesiastico che non immagina un epilogo del genere. Francesco aveva accennato all' esigenza di una «teologia della donna» già durante il viaggio di ritorno dal Brasile, dopo la sua elezione. E quando nel settembre del 2013 rilasciò una lunga intervista a padre Antonio Spadaro, direttore del quindicinale dei gesuiti, La Civiltà cattolica , dedicò quasi una pagina al ruolo della donna nella Chiesa. Disse che era «necessario ampliare gli spazi di una presenza femminile più incisiva». Precisò che temeva «la soluzione del "machismo in gonnella", perché in realtà la donna ha una struttura differente dall' uomo. E invece i discorsi che sento sul ruolo della donna sono spesso ispirati proprio alla ideologia machista». Ma, continuava, «le donne stanno ponendo domande profonde che vanno affrontate... La donna per la Chiesa è imprescindibile... Il genio femminile è necessario nei luoghi in cui si prendono decisioni importanti. La sfida oggi è proprio questa». Era un approccio problematico, sebbene generico sui possibili sbocchi della sfida. Ma rifletteva un assillo presente da tempo nei suoi ragionamenti: dagli anni in cui era arcivescovo di Buenos Aires e veniva in contatto con le realtà più emarginate dell' universo femminile; e toccava con mano la frustrazione delle donne argentine che non vedevano una Chiesa sufficientemente attenta ai loro problemi e alla funzione che potevano svolgere. Sotto questo aspetto, il discorso di ieri rappresenta un enorme e controverso passo avanti. Tende a incrociare in prospettiva il sacerdozio femminile della religione protestante. E affronta gli interrogativi che si pongono suore come quella che ieri gli ha chiesto pubblicamente i motivi di esclusione delle donne dal diaconato. Francesco ha replicato di avere discusso anni fa con un «saggio professore» del ruolo femminile nei primi secoli del cristianesimo; e di non avere ricevuto risposte del tutto chiare. Si sa che al Sinodo l' argomento è stato sfiorato come «tema audace». E accantonato di fatto per non contraddire la chiusura di Karol Wojtyla, sebbene gesuiti come l' arcivescovo di Milano, Carlo Maria Martini, oggi scomparso, si fosse mostrato possibilista. Ma Francesco sa che la proposta è destinata a incontrare corpose resistenze tra quanti ritengono dirompente aprire un capitolo del genere in una Chiesa già disorientata dalla «rivoluzione» bergogliana. In più, nelle file ecclesiastiche c' è chi diffida di quella che avverte come la tendenza a concessioni alla modernità, ritenute inutili in campo religioso. «I protestanti, con tutte le loro aperture e con le donne-sacerdotesse, si ritrovano con le chiese più vuote delle nostre», spiega un alto prelato. «In più, se un processo del genere dovesse davvero avere un seguito nella Chiesa cattolica, sarebbe in contraddizione con la nostra strategia verso gli ortodossi».

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L'urgenza di una riforma 
La Repubblica 
(Vito Mancuso) Forse ci troviamo al cospetto della prima significativa mossa di quella che potrebbe essere una rivoluzione davvero epocale. Credo la più importante tra tutte le meritorie iniziative di riforma intraprese finora dal pontificato di Francesco. Se c' è una via privilegiata infatti per il rinnovamento di cui la Chiesa cattolica ha oggi un immenso bisogno, essa è la via femminile. 
Più della riforma della curia, più dell' ecumenismo, più della riforma della morale sessuale, più della libertà di insegnamento nelle facoltà teologiche, più di molte altre cose, l' ingresso delle donne nella struttura gerarchica della Chiesa cattolica avrebbe l' effetto di trasformare in modo irreversibile tale veneranda e anche un po' acciaccata istituzione. Prendendo atto dell' emancipazione femminile ormai giunta a compimento in Occidente in tutti gli ambiti vitali, Giovanni Paolo II aveva prodotto una serie di documenti altamente elogiativi verso ciò che egli definiva "genio femminile", si pensi alla lettera apostolica Mulieris dignitatem del 1988 e alla specifica Lettera alle donne del 1995. Né in questi testi né altrove però il papa polacco definì mai cosa intendesse realmente con tale espressione, usata in seguito più di una volta anche da Benedetto XVI nei suoi interventi in materia. Anche papa Francesco nell' esortazione apostolica Evangelii gaudium del 2013 ha parlato di "genio femminile". Ieri però, con l' apertura al diaconato femminile, parlando davanti a oltre ottocento suore superiore, questa ermetica espressione papale ha ricevuto finalmente la possibilità di passare da edificante proclamazione retorica a concreto sentiero istituzionale. Forse a breve non si parlerà più di genio femminile, ma di geni femminili, perché le singole donne avranno finalmente la possibilità di tornare a donare a pieno titolo il loro patrimonio genetico all' intero organismo di madre Chiesa, la quale ora nella sua mente è femminile unicamente quanto alla grammatica, mentre quanto al diritto canonico è esclusivamente maschile (e da qui le deriva l' attuale sterilità, perché anche la vita spirituale, oltre a quella biologica, ha bisogno di cromosomi y e di cromosomi x). Ho usato l' espressione "tornare a donare" perché l' apertura al diaconato femminile da parte di Francesco non è una novità assoluta, già nel Nuovo Testamento si parla di diaconesse. Anzi, tale apertura papale può comportare la rivoluzione epocale di cui parlavo proprio perché rimanda a una doppia fedeltà: a una fedeltà al presente, al fine di rendere la Chiesa cattolica all' altezza di tempi in cui l' emancipazione femminile è almeno in Occidente un processo pressoché compiuto, e a una fedeltà al passato, al fine di recuperare la straordinaria innovazione neotestamentaria quanto al ruolo delle donne. Se si leggono i Vangeli infatti si vede come Gesù, in modo del tutto discontinuo rispetto alla prassi rabbinica del tempo, ricercasse e incoraggiasse la presenza femminile. Luca per esempio scrive che nel suo ministero itinerante «c' erano con lui i Dodici e alcune donne», dando anche i nomi delle stesse: Maria Maddalena, Giovanna, Susanna e aggiunge «molte altre», espressione da cui è lecito inferire un numero di seguaci donne più o meno pari a quello dei seguaci uomini. Non deve sorprendere quindi che la Chiesa primitiva conoscesse le diaconesse, come appare da san Paolo che scrive: «Vi raccomando Febe, nostra sorella, che è diaconessa della chiesa di Cencre» (Romani 16,1; il testo ufficiale della Cei purtroppo è infedele all' originale perché traduce il greco diákonon con "al servizio"! Ben diversa la Bible de Jérusalem che traduce correttamente " diaconesse de l' Église"). Che esito avrà l' istituenda commissione di studio sul diaconato femminile? Quanto tempo passerà prima che sia effettivamente al lavoro? Quanto prima che consegni i risultati? E questi che sapore avranno? Sono domande a cui al momento non è possibile rispondere, di certo però la riforma al femminile di papa Francesco è un' urgenza da cui la Chiesa non si può più esimere. Si tratta semplicemente di giustizia: quando si entra in una qualunque chiesa per la messa le donne sono sempre in netta maggioranza, com' è possibile che nessuna di esse possa commentare il Vangelo dall' altare? Il diaconato femminile metterebbe fine a questa ingiustizia e aprirà molte nuove strade. È un sogno destinato ad avverarsi? Nessuno lo sa, certamente però il successo della riforma al femminile di papa Francesco dipenderà dalla capacità di saper mostrare la doppia fedeltà che vi è in gioco: fedeltà alle donne di oggi e fedeltà al Maestro di duemila anni fa, fedeltà all' attualità e fedeltà a quell' eterno principio di parità emerso al momento della creazione: «E Dio creò l' essere umano a sua immagine, a immagine di Dio lo creò, maschio e femmina li creò».

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Kasper: «Molte divisioni nella Chiesa. Non si arriverà alle donne sacerdote» 
Corriere della Sera 
(Gian Guido Vecchhi) Il cardinale e teologo tedesco dopo l’annuncio del Papa di una commissione di studio per aprire il diaconato alle donne. Il tema fu posto già da Ratzinger nel 2003, ma non si trovò soluzione -- «Anni fa se ne discusse nella commissione teologica internazionale, in Vaticano, quando Joseph Ratzinger era prefetto della Congregazione per la Dottrina della fede. Fu una discussione estesa e ricordo che i teologi non (...)



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Il ruolo della donna nella Chiesa non è femminismo, «è un diritto», anzi, per ... Non è femminismo, ma la volontà di ritrovare la dignità delle origini
Il Messaggero
(Lucetta ScaraffiaIl ruolo della donna nella Chiesa non è femminismo, «è un diritto», anzi, per chiarire meglio, «è a due, è come il tango, che si balla in due». Sono le frasi icastiche di Papa Francesco. Frasi che hanno spazzato secoli di soggezione delle donne nella Chiesa, sottolineando la necessità di condividere con le donne decisioni e scelte della comunità cristiana. Parlava all' assemblea mondiale delle superiore generali – ottocento suore di età e lingue diverse – alle quali di solito il pontefice rivolge un discorso, con una benedizione, e basta. 
Questa volta, il papa si è dichiarato disponibile ad ascoltare le loro domande, e le domande che sono arrivate – chiare e dirette – riguardavano proprio il ruolo delle donne nella Chiesa. Le suore hanno anche voluto riaprire una questione che avrebbero dovuto considerare già chiusa, cioè quella del diaconato, e questo ha dato occasione a Francesco di esporre un punto di vista molto aperto. Ha parlato della possibilità di riesaminare la questione, riprendendo gli studi sulle comunità cristiane primitive, dove c' erano diaconesse. Il papa sa che in tante parti del mondo, dove i sacerdoti scarseggiano, sono le donne a svolgere alcune delle loro funzioni, come i diaconi, anche se questo ruolo non viene loro riconosciuto. Con la sua proposta di riaprire la questione, Francesco ha fatto capire che questa esclusione non è fondata su dogmi, e neppure nella tradizione religiosa, ma che si tratta di un problema di norme legate a un contesto storico per il quale sono state emanate. Oggi, che il contesto è cambiato, ci si può ripensare e calarsi nella società moderna. E in proposito ha ricordato che il diritto canonico è già stato riformato due volte, nel secolo scorso. Ma forse il momento in cui il papa è stato più coraggioso è stato quando ha incitato le suore a rifiutarsi di svolgere servizi che non sono un lavoro per la Chiesa, ma una servitù personale ai sacerdoti, come i lavori domestici, "perché, quando si cerca che una consacrata faccia un lavoro di servitù, si svaluta la vita e la dignità di quella donna" ha detto. Poi ha ripetuto con chiarezza che l' opinione delle donne – in questo caso delle consacrate – è importante nei momenti decisionali della vita della Chiesa, anche quando non si tratta di problemi loro specifici. E ha promesso che aprirà alcune riunioni anche a loro. Si tratta di passi in avanti per il riconoscimento delle donne nella Chiesa – in questo caso si parla delle religiose, che costituiscono i due terzi del numero complessivo dei religiosi (più della metà se vi si aggiungono i sacerdoti diocesani) – e sono passi che non erano mai stati fatti con tanta determinazione. Sappiamo che sarà difficile realizzare queste aperture: le resistenze all' interno della gerarchia ecclesiastica sono molto forti, e in parte vi contribuisce, quasi paradossalmente, il grande numero delle suore, che fa paura. Proprio per questo giocherà un ruolo fondamentale l' iniziativa delle donne, soprattutto delle religiose: se, come sta accadendo, cominceranno a ribellarsi a un ruolo subalterno chiedendo il loro posto, tutto il posto che meritano, nella vita della Chiesa qualcosa potrà cambiare. Magari anche presto, per loro e per tutte le donne.