lunedì 23 maggio 2016

Amoris Laetitia: il commento di Luigi Negri



Ho ascoltato la conferenza tenuta nei giorni scorsi dall’arcivescovo di Ferrara Luigi Negri al centro culturale Rosetum di Milanosull’esortazione post-sinodale «Amoris laetitia» di Papa Francesco.
Negri ha proposto un’ampia presentazione del documento. Al momento delle domande (siamo circa a un’ora e 11 minuti dall’inizio), uno dei presenti ha chiesto all’arcivescovo qualche spiegazione sulle note 336 e 351 dell’esortazione. La prima nota è quella che parla delle circostanze che in alcuni casi possono diminuire la responsabilità personale in situazioni di peccato. La seconda è quella che cita esplicitamente l’aiuto dei sacramenti. Il tema è quello delle famiglie ferite e delle persone che dopo il fallimento del loro matrimonio hanno formato delle nuove unioni, talvolta con nozze civili.
Negri ha innanzitutto precisato che il senso delle note, ciò che vogliono dire «è ciò che vi è scritto». Quindi ha aggiunto: «Ci sono delle realtà nelle quali la responsabilità subisce delle riduzioni». Nell’accompagnare le persone ci sono dunque casi nei quali si possono «assumere atteggiamenti di maggior comprensione e di maggiore accoglienza». L’arcivescovo di Ferrara ha aggiunto: «Guai però a dire che non c’è responsabilità perché se non ci fosse responsabilità nel male, Dio non sarebbe misericordia», perché non ci sarebbe nulla da perdonare. «Sulla seconda nota: tirare da questo come conseguenza il fatto che si può o si deve dare l’eucaristia a tutti quelli che la chiedono, è indebito».
«È giusto – ha riconosciuto Negri – richiamare i pastori al fatto che la pastorale ha una serie di strumenti che possono aiutare il cammino della fede. Questo il Papa non lo dice, lo dico io: l’eucaristia non è un diritto, ma può essere un aiuto che in certe situazioni potrebbe essere anche dato, con certe attenuanti e condizioni di discrezione e riservatezza, ma per aiutare la fede, non come qualcosa da ottenere in base a un diritto».
Sono parole che lasciano trasparire come «Amoris laetitia», con il suo capitolo sul discernimento, offra spunti e strumenti che si inseriscono in prassi già in atto nel rapporto con il confessore. Mi sembra che l’arcivescovo di Ferrara non abbia dunque escluso che anche in situazioni «irregolari» si possa arrivare a dare i sacramenti – assoluzione ed eucaristia – a certe condizioni e con certe precauzioni: ha citato ad esempio la discrezione e la riservatezza. Senza però che nessuno possa accampare diritti o avanzare pretese in proposito. E senza che queste situazioni particolari vengano codificate in modo casuistico.
Non esiste e non può esistere un «diritto» alla comunione, magari richiesta con spirito rivendicativo da chi frequenta poco o nulla la Chiesa. Esistono invece situazioni oggettive, esiste la responsabilità, esistono circostanze attenuanti che possono ridurre sensibilmente queste responsabilità, esistono storie individuali diversissime ed esistono cammini di fede: un vescovo, un parroco che sanno essere pastori attuano un discernimento. Accompagnano in un cammino. Che in alcuni casi particolari non esclude la possibilità di giungere anche ai sacramenti. Questo almeno mi sembra di aver capito dalla risposta dell’arcivescovo di Ferrara, senza volerlo in alcun modo tirare per la tonaca.
Andrea Tornielli