giovedì 28 aprile 2016

Novità e resistenze




Nuovo tweet del Papa: "Di fronte alle voragini spirituali e morali dell’umanità, solo Dio con la sua infinita misericordia può darci salvezza." (28 aprile 2016)

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L'Osservatore Romano

Dalla Pentecoste in poi il «protagonista della Chiesa» è lo Spirito Santo: è lui che «muove tutto», che aiuta «a essere forti nel martirio» ma anche a «vincere le resistenze» che possono emergere all’interno della stessa comunità cristiana. È la storia di un cammino — percorso dalla Chiesa dalle origini ai giorni nostri — quella che ha raccontato Papa Francesco nell’omelia tenuta durante la messa celebrata a Santa Marta giovedì 28 aprile. 
Una strada che, sin dalle prime discussioni fra gli apostoli, è stata segnata da alcuni atteggiamenti: «riunirsi», «ascoltarsi», «discutere», «pregare e decidere» con lo spirito Santo. È, ha sottolineato il Pontefice, la strada «della sinodalità», nella quale «si esprime la comunione della Chiesa» che è opera dello Spirito. «Il protagonista della Chiesa, del lavoro della Chiesa, della crescita della Chiesa» è lo Spirito. Come ha ricordato il Papa, è questo un dato che emerge chiaramente dalle Scritture. È lui, infatti, «che dal primo momento ha dato la forza agli apostoli, uno a uno, di proclamare il Vangelo, il nome di Gesù». Lo Spirito «disse a Filippo: “Vai per quella strada, dove era il proselito etiope e senti...”»; ugualmente inviò Pietro a Cesarea e a Paolo «disse: “Vieni in Macedonia”, in un sogno». Proprio lì, dove Paolo e Sila vennero incarcerati, fu sempre lo Spirito a muovere il cuore del carceriere il quale, di fronte a eventi straordinari — negli Atti degli apostoli si legge: «D’improvviso venne un terremoto così forte che furono scosse le fondamenta della prigione; subito si aprirono tutte le porte e caddero le catene di tutti» (16, 26) — chiese il battesimo. Ha concluso il Pontefice: «È lo Spirito che fa tutto, lo Spirito che porta la Chiesa avanti». Ma, ha aggiunto, la porta avanti «anche nel confrontarsi con i suoi problemi». Così, «quando scoppia la persecuzione, dopo il martirio di Stefano, per esempio, è lo Spirito che dà la forza ai credenti per rimanere nella fede». Ed è ancora lui «che fa fuggire i credenti da Gerusalemme, dopo il martirio di Stefano» e li spinge a «portare la fede in Gesù in altri posti». Anche nel brano proposto dalla liturgia del giorno, tratto dagli Atti degli apostoli (15, 7-21), si incontra l’azione dello Spirito «che porta avanti la Chiesa; e la porta avanti in momenti di pace, gioiosi, di conversione, ma anche nei momenti difficili di persecuzione e anche di resistenze e di accanimento dei dottori della legge». Nel brano in questione, infatti, si legge della «resistenza di quelli che credevano che Gesù fosse venuto soltanto per il popolo eletto». Essi, udendo che lo Spirito Santo era venuto «sui pagani, sui greci, su quelli che non appartenevano al popolo di Israele», si ribellavano dicendo: «Ma no, questo non si può fare». Pur animati da «buona volontà», facevano «resistenza». Così come quando loro stessi introducevano altre eccezioni: «Ma, sì, è vero, lo Spirito Santo o è venuto su di loro, ma devono percorrere la strada secondo la legge, per arrivare alla grazia, cioè la circoncisione e tutti i riti di appartenenza al popolo d’Israele». Era una situazione di «grande confusione», innescata da quelle che il Papa ha definito «le sorprese dello Spirito». Cioè «lo Spirito metteva i cuori su una strada nuova» e gli apostoli «si sono trovati in situazioni che mai avrebbero creduto, situazioni nuove». Il problema era: «come gestire queste nuove situazioni?». Non a caso il brano degli Atti comincia specificando: «In quei giorni, poiché era sorta una grande discussione...». Ed era, ha sottolineato Francesco, una discussione «calorosa» perché gli apostoli da una parte «avevano la forza dello Spirito — il protagonista — che spingeva ad andare avanti, avanti, avanti»; ma allo stesso tempo lo Spirito «li portava a certe novità, certe cose che mai erano state fatte», anzi, «neppure le avevano immaginate». Come, ad esempio, il fatto che i pagani potessero ricevere lo Spirito Santo. Perciò si chiedevano: «E cosa facciamo?». Insomma, ha spiegato il Pontefice usando un’espressione comune, «avevano la patata bollente nelle mani, e non sapevano che fare». Negli Atti si legge quindi di come per questo motivo si tenne una riunione nella quale ognuno raccontò «la propria esperienza — Paolo, Barnaba, Pietro stesso» — e di come alla fine gli apostoli «si sono messi d’accordo». Ma, ha sottolineato il Papa, prima della soluzione finale si nota «una cosa bella: “Tutta l’assemblea tacque e stettero ad ascoltare Barnaba e Paolo, che riferivano quali grandi segni e prodigi Dio aveva compiuto tra le nazioni, in mezzo a loro». Dal racconto emerge, cioè, un aspetto fondamentale: l’«ascoltare, non avere paura di ascoltare». È importante perché, ha detto Francesco, «quando uno ha paura di ascoltare, non ha lo Spirito nel suo cuore». E soprattutto è importante «ascoltare con umiltà». Solo «dopo avere ascoltato», infatti, gli apostoli «hanno deciso di inviare alle comunità greche, cioè ai cristiani che sono venuti dal paganesimo», alcuni discepoli «per tranquillizzarli e dirgli: “Sta bene, andate così”». Quindi «si sono messi d’accordo, hanno inviato questi fratelli e hanno deciso di scrivere una lettera». E anche in quella lettera, ha ribadito il Pontefice, «il protagonista è lo Spirito Santo». Tant’è che vi si legge: «È parso allo Spirito Santo e a noi...» e in altre traduzioni: «Lo Spirito Santo e noi abbiamo deciso...». È chiaro, cioè, che gli apostoli «con lo Spirito guidano la Chiesa». La lettura del giorno è senz’altro indicativa di quale sia «la strada della Chiesa davanti alle persecuzioni» e anche davanti alle «sorprese dello Spirito, perché lo Spirito sempre ci sorprende». Come si affrontano i problemi? «Con la riunione, l’ascolto, la discussione, la preghiera e la decisione finale. E lì è lo Spirito». Uno stile, una strada seguiti dalle origini «fino a oggi», ogni volta che «lo Spirito ci sorprende» con qualcosa di cui si dice: «mai si è fatto così»; oppure: «si deve fare così». «Pensate — ha aggiunto il Papa ricorrendo a un esempio “più vicino a noi” — al Vaticano ii, alle resistenze che ha avuto il concilio Vaticano ii». Anche oggi, ha detto, ci sono «resistenze che continuano in una forma o in un’altra, e lo Spirito che va avanti». Ma «la strada della Chiesa è questa: riunirsi, unirsi insieme, ascoltarsi, discutere, pregare e decidere. E questa è la cosiddetta sinodalità della Chiesa, nella quale si esprime la comunione della Chiesa». E ancora una volta, ha spiegato Francesco, incontriamo il «protagonista» di sempre. Infatti, «chi fa la comunione? È lo Spirito!»; e «cosa ci chiede il Signore? Docilità allo Spirito», ossia «non avere paura, quando vediamo che è lo Spirito che ci chiama». A volte, anzi, è lo Spirito stesso che «ci ferma» e ci indica la strada giusta. Sicuramente lo Spirito «non ci lascia soli» e «ci dà il coraggio, ci dà la pazienza, ci fa andare sicuri sulla strada di Gesù, ci aiuta a vincere le resistenze e a essere forti nel martirio». Questo Spirito, ha concluso il Papa, «è il dono del Padre, che Gesù ha inviato». Di qui l’invito finale del Pontefice: «Chiediamo al Signore la grazia di capire come va avanti la Chiesa, di capire come dal primo momento ha affrontato le sorprese dello Spirito» e chiediamo, anche, per ognuno di noi, «la grazia della docilità allo Spirito».