mercoledì 27 aprile 2016

La più grande azione civica nella storia della Romania post-1989.

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In Romania si è conclusa in questi giorni la campagna di raccolta firme finalizzata a sostenere l’iniziativa legislativa dei cittadini per la protezione della famiglia nella Costituzione.
Il disegno di legge prevede la modifica dell’articolo 48 (1) della Costituzione romena, sostituendo il termine ‘coniugi’ con l’espressione ‘l’uomo e la donna’: “La famiglia (1) – La famiglia è fondata sul libero consenso espresso nel matrimonio tra un uomo e una donna, sulla loro piena parità, così come su il diritto e il dovere dei genitori di assicurare l’educazione, l’istruzione e la cura dei loro figli”.

Tale formulazione sarebbe praticamente identica a quella del nuovo Codice civile, che è entrato in vigore nel 2010.
Attualmente il diritto rumeno già prevede solo il matrimonio eterosessuale. Non sono ammesse ‘unioni civili’ né sono riconosciute quelle contratte fuori della Romania.
Ci sono stati due tentativi di legalizzare le ‘unioni civili’, ma hanno ottenuto solo una decina di voti ( su quasi 600 deputati).
Questi tentativi, però, insieme con l’istituzione delle “unioni civili” in Grecia, hanno indotto il movimento pro-famiglia ad agire per ottenere la protezione costituzionale della famiglia.
Anche il caso Bodnariu in Norvegia e altri casi simili in cui lo Stato prevarica i diritti dei genitori hanno suscitato preoccupazioni; così, la nuova formulazione dell’art. 48 (1) della Costituzione ha anche lo scopo di rafforzare e riaffermare il diritto dei genitori all’educazione dei figli.
In poco più della metà del termine legale, la Coalizione per la Famiglia, è riuscita a raccogliere, con l’aiuto di oltre 70.000 volontari in tutto il paese, circa  3 milioni di firme in tutte le 42 contee del paese. Il Comitato è composto da 16 persone: 11 uomini e 5 donne; 12 cristiani ortodossi, 2 cattolici, 2 protestanti. La Chiesa ortodossa (che rappresenta la maggioranza in Romania, con oltre il 86% dei fedeli) ha sostenuto attivamente la campagna e ha avuto un ruolo importante nel successo della raccolta firme, che però è avvenuta anche in contesti laici. L’iniziativa, infatti, non è stata religiosa né guidata o diretta da alcun personaggio ecclesiastico.
In ogni circostanza i valori della famiglia sono stati ribaditi da messaggi positivi, senza alcun attacco alla comunità LGBT.
Durante i primi mesi, i media, quasi del tutto ostili, hanno tentato di mettere in ridicolo l’iniziativa, ma nel complesso, non sono riusciti a influire negativamente sulla campagna. Visto il successo della stessa, ora i media, in proposito, si sono chiusi in un silenzio assordante.
A metà maggio le firme raccolte saranno presentate ufficialmente al vaglio della Corte costituzionale. La revisione della Costituzione potrà avvenire solo dopo un referendum nazionale, valido se andranno a votare almeno il 30% degli aventi diritto, a meno che il Parlamento approvi il disegno di legge con  una maggioranza dei 2/3.
Questa è la più grande azione civica nella storia della Romania post-1989.
Bogdan Stanciu
http://www.notizieprovita.it/

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 E l'America profonda resiste all'agenda LGBT...

di Federico Cenci
“America profonda” è un’espressione che compare sui media europei periodicamente. E che assume, specie sui giornali progressisti, un’accezione dispregiativa. Indica il ventre degli Stati Uniti, quell’ampia fetta di cittadinanza che non affolla i red carpet di Hollywood e non brulica all’ombra dei grattacieli di Manhattan.
È l’America dei semplici. Di chi ancora lascia che le sue giornate siano scandite dalle campane della chiesa e dal richiamo dei campi su cui affondare l’aratro. Di chi è più avvezzo a cavalcare la sella di un destriero piuttosto che le ideologie alla moda. Di chi magari ha un’istruzione media non di altissimo profilo, e anche una visione del mondo parziale, che tuttavia conosce quali sono i valori a cui affidarsi.
Ed è un’America tutt’altro che marginalizzata, giacché ancora riesce a dare un’impronta di sé stessa alla politica. Nel giugno scorso la Corte suprema degli Stati Uniti ha emesso una sentenza storica, che impone a tutti gli Stati di legalizzare il matrimonio omosessuale. In mondovisione sono andate in onda le immagini delle bandiere arcobaleno sventolanti e degli osanna intonati da alcuni celebri cantanti. L’idea che è stata veicolata è quella di un Paese faro delle politiche lgbt.
La realtà, celata in filigrana appunto nell’America profonda, è un’altra e inizia ad emergere in modo sempre più evidente. Politici, organizzazioni e singoli cittadini stanno alzando la propria voce contro le imposizioni dei giudici e l’arroganza del pensiero dominante.
In Principio fu il Texas, tramite il suo procuratore generale, ad opporsi all’Alta Corte. E ora in Norh Carolina, in Mississipi, in Alabama, in Porto Rico, ovunque è una ridda di leggi tese a contrastare l’agenda lbgt, ad affermare la centralità della famiglia, a difendere il diritto naturale da stravaganti trovate.
È in quest’ultima categoria che si collocano le misure adottate da alcune città americane per abolire la distinzione per sessi nei bagni pubblici oppure per consentire a chiunque di usare il bagno riservato non al suo sesso anagrafico, bensì al suo sesso percepito.
Dopo che il Consiglio della città di Charlotte ha adottato una norma di tal risma, la North Carolina ha allora approvato la “Legge sulla Sicurezza e la Privacy nelle Pubbliche Strutture”, con la quale obbliga le persone ad utilizzare bagno e spogliatoi pubblici corrispondenti al loro sesso di nascita.
Questa legge ha attirato sulla North Carolina gli strali del mondo patinato. Tre cantanti hanno annullato i concerti programmati nello Stato, la lega di pallacanestro ha minacciato di spostare altrove una manifestazione sportiva che nel 2017 si dovrebbe tenere nella North Carolina. Alcune multinazionali hanno assunto atteggiamenti simili.
A fronte di tali reazioni, non può che essere definita una scelta di coraggio, oltre che di buon senso, quella di contrastare l’agenda lgbt. Scelta di coraggio che appartiene anche a coloro i quali, svolgendo uffici come funzionari pubblici, rifiutano di celebrare matrimoni religiosi. Nota è la vicenda di Kim Davis, la funzionaria del Kentucky finita in carcere per questo motivo.
Lo Stato del Mississippi ha ora deciso di sostenere questi funzionari obiettori di coscienza. L’ha fatto emanando una legge che consente allo Stato di difendere legalmente individui o azienda che si oppongono a celebrare matrimoni tra persone dello stesso sesso. “Questa legge non fa che rafforzare i diritti esistenti per l’esercizio della libertà religiosa, come indicato nel Primo Emendamento della Costituzione degli Stati Uniti”, ha detto il Governatore Phil Bryant.
A difesa dell’obiezione di coscienza si schiera anche l’Alabama. In questo Stato, a seguito della sentenza della Corte Suprema del giugno scorso, si sono contati diversi giudici che hanno rinunciato a rilasciare licenze matrimoniali per coppie omosessuali. È notizia recente l’approvazione di una legge che solleva le toghe dall’obbligo di adempiere questo compito, costringendo così le persone che vogliono unirsi in matrimonio a compilare un modulo senza aver facoltà a una cerimonia.
È in punta di diritto che anche il Porto Rico si è opposto al matrimonio omosessuale. Sull’isola è in atto una controversia con la Corte Suprema, nata dopo che il giudice federale portoricano Juan M. Pérez-Giménez ha pubblicato un documento per affermare che il matrimonio omosessuale non può essere imposto anche al Porto Rico, in quanto si tratta di uno Stato federato sì, ma non di un territorio associato al Paese.

Si tratta di manifestazioni di dissenso al pensiero dominante. Poco enfatizzate, eppure assai incisive nel concreto. Sono l’espressione di quell’America profonda che non ha timore reverenziale alcuno nei confronti delle ideologie alla moda. E che potrebbe far valere il suo peso anche in ottica elettorale. Trump e Hillary sono avvertiti.
Zenit