giovedì 24 marzo 2016

Così la Pasqua porta felicità nella nostra vita

Il sepolcro vuoto

di Padre Piero Gheddo
Mancano pochi giorni alla Pasqua, la festa della nostra fede. Noi siamo cristiani, discepoli di Cristo perché Lui è risorto dalla morte. “Se Cristo non fosse risorto”, dice san San Paolo, “vana sarebbe la nostra fede”. Cosa vuol dire essere cristiano? Credere nella morte e risurrezione di Gesù il Cristo, che cambia in senso positivo la storia dell’umanità e di ogni uomo e deve cambiare e migliorare anche la nostra piccola vita. Vediamo perché e come. Tre livelli di comprensione della Pasqua:
1) Il livello fenomenologico. La Risurrezione di Cristo è un fatto storico, nel senso che è realmente avvenuto nella storia ed è stato testimoniato da molti: il sepolcro vuoto, Gesù risorto che le pie donne e i discepoli hanno visto e toccato. Inoltre i 2000 anni del cristianesimo e della Chiesa dimostrano che alla radice c’è uno straordinario fatto storico: il Figlio di Dio si è fatto uomo per salvarci dal peccato (l’offesa a Dio, l’egoismo!) e dal. La Risurrezione non è un mito, una bella favola, ma un fatto che storicamente non si può negare. Altrimenti dovremmo negare l’esistenza di Giulio Cesare e di Budda, di Maometto e di tanti altri personaggi storici, dei quali rimangono meno testimonianze e documenti che non per Cristo.
2) Il livello della fede. La Risurrezione è anche un fatto misterioso, umanamente inspiegabile. E’ un “mistero della Fede” e richiede la Fede, dono di Dio, per essere compreso e creduto. Oggi noi adoriamo il Signore Risorto e chiediamo a Dio di aumentare la nostra fede in Lui, unico Salvatore dell’uomo e del mondo. L’esempio classico è quello dell’apostolo San Tommaso, che non era presente quando Gesù apparve agli altri apostoli, quindi non credeva che fosse risorto. Ma quando può vedere Gesù e toccare le piaghe delle sue mani e del suo costato, allora  crede che è veramente risorto. Dal fatto storico innegabile, passa subito alla fede in Cristo Figlio di Dio: “Mio Signore e mio Dio!”.
Il Venerabile dott. Marcello Candia, missionario laico fra i lebbrosi in Amazzonia, ripeteva spesso: “Signore, aumenta la mia fede”. Io gli dicevo che di fede ne aveva tanta, ma lui rispondeva: “Ricordati Piero, che la fede non basta mai!”. Oggi il mondo moderno secolarizzato, ci porta a “vivere come se Dio non esistesse”. Ma Dio esiste ed è morto in Croce nella seconda persona della Santissima Trinità, Cristo Gesù, che ci ha aperto le porte del Paradiso.
Quanti vivono senza sapere perché vivono!  La loro vita è quasi solo materiale senza una luce dall’alto che la illumini, senza la speranza di una meta da raggiungere, la vita eterna con Dio! Il pessimismo esistenziale così diffuso oggi tra noi italiani, battezzati più che al 90%, è diseducativo per i giovani e viene proprio da questo: Cristo risorto, che è segno di speranza e invito a risorgere con Lui, non dice più nulla. La fede ricevuta da bambini non illumina né riscalda la vita. Oppure, anche se restano alcune devozioni, oggi non bastano più per dare serenità e gioia di vivere.
3)  Il terzo livello di comprensione della Pasqua è quello dell’amore e dell’imitazione di Cristo. Non basta credere intellettualmente. Cosa vuol dire credere in Cristo risorto? Vuol dire vivere la vita di Cristo, conoscere e amare Cristo, mettersi seriamente e con gioia sul cammino dell’imitazione di Cristo, per poter sempre più testimoniarlo con la nostra vita. Il dono della fede che ho ricevuto, non mi è dato solo per viverlo io e la mia famiglia, ma perché, nelle miserie dell’Italia e del mondo, noi siamo luce e sale per gli uomini, lievito per la società in cui viviamo.
La Pasqua dà un senso e indica una meta per la nostra vita: se Gesù è risorto dalla morte, anch’io risorgerò con Lui. Questa è la vera novità del cristianesimo. La risurrezione dalla morte per vivere la vita eterna con Dio è una verità che nessun altra religione, ma solo Cristo ha rivelato e promesso anche a noi.
Il livello della fede è consolante: rende autentica e felice la nostra vita. Ma com’è difficile! Dobbiamo vivere la vita di Cristo, innamorarci di Cristo, imitare Cristo eliminando il peccato, correggendoci dei nostri difetti e cattive abitudini. Il Giubileo della Misericordia di Dio ci chiama alla conversione. Tutti dobbiamo convertirci, anche noi preti siamo peccatori e chiamati alla conversione. E’ un cammino che dura tutta la vita, ci mantiene giovani di spirito e ci dà l’entusiasmo di vivere in Cristo e con Cristo, facendo del bene. La carità copre la moltitudine dei nostri peccati.
Ultima riflessione. Un’espressione popolare significativa è questa: si dice “Sono contento come una Pasqua” quando si è commossi per una grande gioia. Cristo risorto è fonte di gioia e di speranza, ci dà uno sguardo ottimistico sulla nostra vita e sul mondo in cui viviamo, cioè ci fa vedere la realtà che ci circonda con gli occhi di Dio. Non più con i nostri occhi, ma con gli occhi di Dio.
Il Beato Clemente Vismara, missionario in Birmania per 65 anni, ha condotto una vita quanto mai faticosa e penosa, tra poveri e lebbrosi, carestie e pestilenze, guerriglie e dittatura; ha patito la fame e la sete, si è adattato a cibi ripugnanti (topi, vermi, ecc.), per i primi otto anni di missione dormiva in un capannone di fango e paglia e quando pioveva apriva l’ombrello perché non gli piovesse addosso. Ma poi ha creato due cittadelle cristiane mantenendo 300 e più orfani e persone diversamente abili.
Eppure la gente chiamava Clemente Vismara: “Il prete che sorride sempre”, era sempre contento. In una lettera scrive: “Noi qui viviamo la vita dei poverelli di Cristo, ma proviamo un’allegria da paradiso e la preoccupazione del domani è relativamente leggera, poichè l’opera non è nostra ma del Signore Gesù che ha voluto mandarci qui”. In altra lettera scrive: “L’allegria e la pace del cuore non ci sono mai mancate. Viviamo da missionari allegri che godono nel sacrificio, pregustando il premio che sarà dato a chi ha abbandonato il padre e la madre per seguire Gesù”.
Il suo nipote Guido, figlio di Stella Vismara, gli scrive che il mondo è brutto e lui risponde: “Caro Guido, benchè io viva in un mondo pagano, cioè più brutto di quello cristiano in cui vivi tu, ti dico che il mondo è bello e la vita è più bella ancora. Altrimenti a cosa serve la fede?”.