mercoledì 30 marzo 2016

Contraddittoria sentenza della Corte sugli embrioni

embrioni crioconservati

(di Tommaso Scandroglio) Il 23 marzo scorso la Corte Costituzionale ha respinto il ricorso del Tribunale di Firenze che chiedeva il riconoscimento del diritto di utilizzare a scopi scientifici gli embrioni crioconservati prodotti tramite fecondazione artificiale e non destinati all’impianto in utero. La richiesta del Tribunale di Firenze, seppur già vietata dall’art. 13 della legge 40 (legge che ha disciplinato in senso favorevole le pratiche di fecondazione extracorporea), rispondeva alla logica sottesa proprio di questa stessa norma.
La ratio della legge 40 alla fine è infatti molto semplice: l’embrione è una cosa, è puro «materiale genetico» per usare un’espressione adottata dallo stesso Tribunale fiorentino. Ora se l’embrione è una cosa si può rivendicare un diritto su di esso (diritto al figlio), si può produrlo e sovraprodurlo, sia utilizzando i gameti della coppia richiedente (fecondazione omologa) che di quelli di soggetti esterni alla coppia (fecondazione eterologa), si può scartare, congelare, sottoporre alla rischiosa diagnosi pre-impianto, proporlo come “prodotto” a chiunque, dunque anche a coppie fertili, e infine usarlo per fini sperimentali.
Le cosiddette derive della giurisprudenza che in questi anni hanno divelto molti divieti previsti nella legge 40 in realtà rispondono perfettamente alle premesse contenute in questa stessa legge: se l’embrione è un prodotto non può ricevere quella medesima tutela giuridica prevista per le persone.
La Corte Costituzionale nonostante questo però ha rigettato la richiesta del Tribunale fiorentino. Per quale ragione? La Consulta ha fatto riferimento da una parte alla «complessità dei profili etici e scientifici» e dall’altra in modo più significativo alla «dignità dell’embrione» che è richiamata implicitamente dall’art. 1 della legge 40 laddove indica il concepito come soggetto di diritto.
Già in una precedente pronuncia i giudici dell’alta corte avevano affermato che l’embrione «non è certamente riducibile a mero materiale biologico» e, richiamando una precedente sentenza, avevano «riconosciuto il fondamento costituzionale della tutela dell’embrione, riconducibile al precetto generale dell’art. 2 Cost. (diritti inviolabili dell’uomo)». Ma la decisione della Consulta ha i piedi di argilla. Infatti la dignità dell’embrione prima indicata non è intangibile, ma può essere intaccata da altri “diritti”.
Il richiamo è al famigerato ed inconsistente principio del bilanciamento degli interessi, così tante volte citato in riferimento alla legge 194, ma non nuovo nemmeno in tema di fecondazione artificiale. Nel comunicato della Corte (la sentenza integrale sarà nota solo dopo il suo deposito) infatti si legge che il verdetto è stato assunto «in ragione dell’elevato grado di discrezionalità, per la complessità dei profili etici e scientifici che lo connotano, del bilanciamento operato dal legislatore tra dignità dell’embrione ed esigenze della ricerca scientifica: bilanciamento che, impropriamente, il Tribunale chiedeva alla Corte di modificare, essendo possibile una pluralità di scelte, inevitabilmente riservate al legislatore».
In buona sostanza la Corte ci sta dicendo da una parte che l’embrione è soggetto di diritto e quindi ha diritto alla vita, ma dall’altra che questo diritto non è indisponibile bensì può essere bilanciato da altri interessi, tra cui quelli scientifici. Non sta però ai giudici – continua il comunicato – decidere come bilanciare questi interessi contrapposti, sta al legislatore. Quest’ultimo finora ha fatto pendere l’ago della bilancia a favore del nascituro e a sfavore della ricerca scientifica, ma nulla vieta che in futuro possa decidere diversamente.
Quindi la Corte non ha detto “Guai a voi scienziati: l’embrione non si tocca, né ora né mai!”, bensì ha meramente riconosciuto che è incompetente in materia e che usare gli embrioni come materiale per usi sperimentali è decisione del Parlamento e non della Magistratura. Ergo la Corte ha confermato quell’orientamento fatto proprio della giurisprudenza italiana sin dal 1975 quando la stessa Corte costituzionale in tema di aborto affermò che il concepito persona lo deve ancora diventare e quindi non ha un pieno diritto alla vita come le persone già nate.
Come andrà a finire? Crediamo male, proprio perché la legge sull’aborto e quella sulla fecondazione artificiale non riconoscono piena soggettiva giuridica al nascituro, altrimenti non potresti ammazzarlo e produrlo come si fa con la carne in scatola. E dunque, dato che il numero di embrioni abbandonati nei freezer continueranno a crescere, le pressioni per utilizzarli in laboratorio cresceranno di pari passo e i giudici prima o poi daranno semaforo verde alle sperimentazioni. (Tommaso Scandroglio)
corrispondenza romana