domenica 28 febbraio 2016

COSCIENZA BEN FORMATA: COSA È CHIESTO AI POLITICI CATTOLICI


alfano

Da Matteo Carletti
La recente discussione al Senato che ha portato alla prima tappa per il riconoscimento delle “unioni civili” per le persone dello stesso sesso anche in Italia, ha riproposto il tema del comportamento corretto che un politico, che si dica cattolico,
debba tenere. Proprio il Papa, incalzato dai giornalisti di ritorno dal suo viaggio in Messico su questo tema, ha ricordato che un “un parlamentare cattolico deve votare secondo la propria coscienza ben formata”.
Ma cosa vuol dire per un cattolico “coscienza ben formata”? È evidente il riferimento del Pontefice al magistero della Chiesa che, in particolare, da Paolo VI a Benedetto XVI si è trovata a fronteggiare diverse battaglie politiche su questioni etiche e sociali. Il documento di maggior riferimento è senza dubbio la “Nota Dottrinale circa alcune questioni riguardanti l’impegno e il comportamento dei cattolici nella vita politica”, pubblicata dalla Dottrina della Fede il 24 novembre 2002. In merito alla questione della famiglia il documento afferma che “devono essere salvaguardate la tutela e la promozione della famiglia, fondata sul matrimonio monogamico tra persone di sesso diverso e protetta nella sua unità e stabilità, a fronte delle moderne leggi sul divorzio: ad essa non possono essere giuridicamente equiparate in alcun modo altre forme di convivenza, né queste possono ricevere in quanto tali un riconoscimento legale”. E per quanto riguarda l’appoggio dei politici a questioni apertamente contro la legge naturale così si esprime: “Giovanni Paolo II […] ha più volte ribadito che quanti sono impegnati direttamente nelle rappresentanze legislative hanno il «preciso obbligo di opporsi» ad ogni legge che risulti un attentato alla vita umana. Per essi, come per ogni cattolico, vige l’impossibilità di partecipare a campagne di opinione in favore di simili leggi né ad alcuno è consentito dare ad esse il suo appoggio con il proprio voto”.
Un altro documento della Dottrina della Fede (Considerazioni circa i progetti di riconoscimento legale delle unioni tra persone omosessuali) che esplicita in maniera chiara il comportamento dei politici in merito proprio al riconoscimento delle unioni fra persone omosessuali così recita: “Nel caso in cui si proponga per la prima volta all’Assemblea legislativa un progetto di legge favorevole al riconoscimento legale delle unioni omosessuali, il parlamentare cattolico ha il dovere morale di esprimere chiaramente e pubblicamente il suo disaccordo e votare contro il progetto di legge. Concedere il suffragio del proprio voto ad un testo legislativo così nocivo per il bene comune della società è un atto gravemente immorale”.
E ancora: “Nel caso in cui il parlamentare cattolico si trovi in presenza di una legge favorevole alle unioni omosessuali già in vigore, egli deve opporsi nei modi a lui possibili e rendere nota la sua opposizione: si tratta di un doveroso atto di testimonianza della verità”. È lo stesso Benedetto XVI a ribadirlo nell’esortazione apostolica “Sacramentum Caritatis” al punto 83 quando dichiara che “il culto gradito a Dio, infatti, non è mai atto meramente privato, senza conseguenze sulle nostre relazioni sociali: esso richiede la pubblica testimonianza della propria fede. Ciò vale ovviamente per tutti i battezzati, ma si impone con particolare urgenza nei confronti di coloro che, per la posizione sociale o politica che occupano, devono prendere decisioni a proposito di valori fondamentali, come il rispetto e la difesa della vita umana, dal concepimento fino alla morte naturale, la famiglia fondata sul matrimonio tra uomo e donna, la libertà di educazione dei figli e la promozione del bene comune in tutte le sue forme. Tali valori non sono negoziabili. Pertanto, i politici e i legislatori cattolici, consapevoli della loro grave responsabilità sociale, devono sentirsi particolarmente interpellati dalla loro coscienza, rettamente formata, a presentare e sostenere leggi ispirate ai valori fondati nella natura umana”.
Di recente lo stesso prefetto Müller ha ribadito al congresso decennale della Deus caritas est, che compito del politico “è di rispettare la natura sopra cui loro non sono i maestri”, ricordando che il vero compito del politico è di “servire la comunità e non imporre una falsa ideologia”. Ma questo monito (che non deve spaventare, ma spronare e incoraggiare i governanti a realizzare tutte le possibilità di bene di cui sono capaci, secondo la misura e la missione che il Signore affida a ciascuno) è presente anche in tutta la Sacra Scrittura secondo cui “il giudizio è severo contro coloro che stanno in alto” (Sap 6,5) e come ricorda l’evangelista Luca, “A chiunque fu dato molto, molto sarà chiesto; a chi fu affidato molto, sarà richiesto molto di più” (Lc 12,48).