domenica 10 gennaio 2016

Il nome di Dio è Misericordia (2)



Il primo libro di Francesco. "Nessun peccato è troppo grande per Dio"

La Repubblica

(Paolo Rodari) Un affondo profondissimo nel cuore del cristianesimo e, dunque, nell'essenza del pontificato di Francesco: Dio è misericordia, nessun peccato è troppo grande ai suoi occhi. È il succo del primo libro del Papa, "Il nome di Dio è misericordia" (Piemme), scritto col vaticanista Andrea Tornielli e che sarà presentato a Roma il 12 gennaio (data di uscita in contemporanea in 86 Paesi) con la presenza di Roberto Benigni e diretta di Tv2000.
Francesco l'ha sentito nel proprio intimo fin dall'inizio del suo pontificato: è questo il tempo propizio, il "kairòs" della misericordia. Non c'è n'è mai troppa nella Chiesa. E ricorda, Francesco, il suo predecessore Albino Luciani che in un'omelia parlò di padre Lepoldo Mandic che veniva accusato di essere troppo largo in confessionale: "È stato il Signore a essere largo", rispose. "Bisogna entrare nel buio, nella notte che attraversano tanti nostri fratelli", dice oggi Francesco. Bergoglio fa esempi concreti. Tre più di altri sorprendono, perché testimoniano la larghezza d'animo di un pastore che ha fatto sua l'idea che la Chiesa o è "prossima" alla gente - "propter homines" - o non è. Il primo è il racconto di una sua nipote che si è sposata civilmente con un uomo prima che lui potesse avere il processo di nullità matrimoniale. "Quest'uomo era tanto religioso - spiega il Papa - che tutte le domeniche andando a messa andava al confessionale e diceva: "Io so che lei non mi può assolvere, ma ho peccato in questo e quest'altro, mi dia una benedizione". Questo è un uomo religiosamente formato". Il secondo esempio è un ritorno sulle parole che il Papa disse di ritorno dal viaggio in Brasile nel 2013 a proposito delle persone omosessuali: "Chi sono io per giudicare?". Francesco rivela che gli piace il fatto che "si parli di "persone omosessuali": prima c'è la persona, nella sua interezza e dignità. E la persona non è definita soltanto dalla sua tendenza sessuale: non dimentichiamoci che siamo tutti creature amate da Dio, destinatarie del suo infinito amore. Io preferisco che le persone omosessuali vengano a confessarsi, che restino vicine al Signore, che si possa pregare insieme. Puoi consigliare loro la preghiera, la buona volontà, indicare la strada, accompagnarle". "La Chiesa non è al mondo per condannare ma per accogliere", dice Francesco. E di ciò si accorse una prostituta di Buenos Aires (terzo esempio). Ricevette dalla Caritas un pacco per Natale. Ringraziò Bergoglio non per il regalo, ma perché, gli disse, "lei non ha mai smesso di chiamarmi "signora"". È la delicatezza di un Papa che vuole prossimità, insistendo su misericordia e tenerezza di Dio, tratti salienti di un magistero che già al Concilio portarono a un nuovo inizio.
Un brano del libro 
Il vizio dei corrotti incapaci di pentirsi. La corruzione è il peccato che invece di essere riconosciuto come tale e di renderci umili, viene elevato a sistema, diventa un abito mentale, un modo di vivere. Non ci sentiamo più bisognosi di perdono e di misericordia, ma giustifichiamo noi stessi e i nostri comportamenti. Gesù dice ai suoi discepoli: se anche un tuo fratello ti offende sette volte al giorno e sette volte al giorno torna da te a chiederti perdono, tu perdonalo. Il peccatore pentito, che poi cade e ricade nel peccato a motivo della sua debolezza, trova nuovamente perdono, se si riconosce bisognoso di misericordia. Il corrotto, invece, è colui che pecca e non si pente, colui che pecca e finge di essere cristiano, e con la sua doppia vita dà scandalo. Il corrotto non conosce l' umiltà, non si ritiene bisognoso di aiuto, conduce una doppia vita. Nel 1991 avevo dedicato a questo tema un lungo articolo, pubblicato come piccolo libro Corrupción y pecado [nella versione italiana Guarire dalla corruzione, N.d.R.]. Non bisogna accettare lo stato di corruzione come se fosse soltanto un peccato in più: anche se spesso si identifica la corruzione con il peccato, in realtà si tratta di due realtà distinte, seppure legate tra loro. Il peccato, soprattutto se reiterato, può portare alla corruzione, non però quantitativamente - nel senso che un certo numero di peccati fanno un corrotto - quanto piuttosto qualitativamente: si generano abitudini che limitano la capacità di amare e portano all' autosufficienza. Il corrotto si stanca di chiedere perdono e finisce per credere di non doverlo più chiedere. Non ci si trasforma di colpo in corrotti, c' è un declino lungo, nel quale si scivola e che non si identifica semplicemente con una serie di peccati. Uno può essere un grande peccatore e ciononostante può non essere caduto nella corruzione. Guardando al Vangelo penso ad esempio alle figure di Zaccheo, di Matteo, della samaritana, di Nicodemo, del buon ladrone: nel loro cuore peccatore tutti avevano qualcosa che li salvava dalla corruzione. Erano aperti al perdono, il loro cuore avvertiva la propria debolezza, e questo è stato lo spiraglio che ha fatto entrare la forza di Dio. Il peccatore, nel riconoscersi tale, in qualche modo ammette che ciò a cui ha aderito, o aderisce, è falso. Il corrotto, invece, nasconde ciò che considera il suo vero tesoro, ciò che lo rende schiavo, e maschera il suo vizio con la buona educazione, facendo sempre in modo di salvare le apparenze. È un lungo declino nel quale si affonda cercando di salvare soltanto l' apparenza".

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La Croix 
(Sébastien Maillard) Un livre d’entretiens du pape avec son ami journaliste italien, Andrea Tornielli, sort mardi 12 janvier, intitulé Le nom de Dieu est miséricorde. Jorge Bergoglio explique pourquoi la miséricorde est au centre non seulement de sa vie mais aussi des rapports de l’Église avec le monde. La miséricorde de Dieu a bouleversé Jorge Bergoglio dès sa jeunesse. Elle est inscrite dans sa devise épiscopale. Elle est le mot d’ordre de son pontificat. La raison d’être du Jubilé commencé il y a un mois. Plus encore, la mission première de l’Église. Et le remède d’une humanité blessée. (...)