domenica 22 novembre 2015

“Non più due”, il cuore di un papà

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di Paola Belletti
Non più due è un titolo bellissimo.
Intanto obbedisce alla regola dei titoli efficaci: tre, massimo quattro parole. E poi è l’eco cristallina di un passo evangelico, e a Nostro Signore nessuno deve insegnare a comunicare con artifici e trucchetti.
“Non sono più due, ma una sola carne” (Mt 19, 3-12): così, ci ricorda Gesù, ci ha pensati il Padre.
Non ci sono sconti, non soffieranno mai venti abbastanza forti per piegare questo albero.
Guardatevi in Dio, così come vi ha voluti. Guardate in alto, più che indietro.
Niente rammarico nostalgico, quindi, ma la certezza che il nostro impasto è buono, anche se in parte adulterato dall’inclinazione al peccato. Siamo sempre chiamati al massimo, anche in questi tempi, anche ora che la famiglia è attaccata da tutte le parti, soprattutto dentro di noi.
E Andrea lo sta dicendo alla sua innocente, ignara bambina.
Non è un semplice espediente letterario, rivolgersi alla futura donna che vede nella figlia. È  proprio il cuore di un papà, salvato dalla fede e grato delle meraviglie che essa produce innanzitutto nella sua vita matrimoniale, che parla alla figlia guardandola nella luce del suo destino.
Perché amare è questo. È anche coprire di baci e coccole, ma soprattutto è desiderare che il proprio figlio si compia in tutta la sua promessa, che abbia vita in abbondanza, che non muoia per davvero. Amare è desiderare che non finisca nel nulla e poterglielo dire seriamente.
Andrea lo fa regalando alla sua, e a tutte le figlie che saranno spose, considerazioni piene di buon senso e vera saggezza perché il matrimonio sia una umana, gustosa vocazione vissuta e non un polpettone sentimentale, finché duri la propulsione emotiva ed erotica.
E fa tutto questo parlando di Dio, del Suo disegno sull’uomo, del sacrificio di Cristo, del mistero sponsale; e anche di mattoncini LEGO, di piegature di asciugamani e di mestoli; e di quella volta che la mamma ha voluto fare la pizza; e di Maria che è la dimostrazione di quello che Dio può realizzare in una donna; e della mania del controllo e della complessità a volte vertiginosa connaturata alla femminilità.
Ecco: usa il metallo del quotidiano, insospettabile riserva aurea a disposizione di chi sappia guardare, per forgiare, cesellare, levigare dei veri gioielli.
In fondo non ha mai smesso di fare l’orafo, Andrea. Lavora su cose piccole e preziose, le estrae dal fango, le sgrossa, le piega, le pulisce. Le contempla. E poi ce le regala.