martedì 27 ottobre 2015

Martedì della XXX settimana del Tempo Ordinario



Nagasaki, 17 marzo 1865. Padre Petitjean "scopre" i cristiani nascosti giapponesi. 
Dopo trecento anni avevano conservato la fede.

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La fede ci dà già ora qualcosa della realtà attesa, 
e questa realtà presente costituisce per noi 
una «prova» delle cose che ancora non si vedono. 
Essa attira dentro il presente il futuro. 
Il fatto che questo futuro esista, cambia il presente; 
il presente viene toccato dalla realtà futura, 
e così le cose future si riversano in quelle presenti
e le presenti in quelle future.
Il suo regno non è un aldilà immaginario, 
posto in un futuro che non arriva mai; 
il suo regno è presente là dove Egli è amato
e dove il suo amore ci raggiunge.
Benedetto XVI, Spes salvi

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Dal Vangelo secondo Luca 13,18-21
In quel tempo, Gesù diceva: "A che cosa è simile il regno di Dio, e a che cosa lo rassomiglierò? È simile a un granellino di senapa, che un uomo ha preso e gettato nell'orto; poi è cresciuto e diventato un arbusto, e gli uccelli del cielo si sono posati tra i suoi rami". E ancora: A che cosa rassomiglierò il regno di Dio? È simile al lievito che una donna ha preso e nascosto in tre staia di farina, finché sia tutta fermentata".
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La pienezza della vita è nascosta nell'insignificanza, quella da cui tutti scappiamo con terrore. Ma è proprio in ciò che scivola via invisibile che appare il Regno di Dio, come in un «seme gettato» in un campo o nel «lievito nascosto» nell’impasto è presente qualcosa di vivo e fecondo. Come è accaduto nel sepolcro dove è disceso il Signore: al di fuori era solo morte e dolore, ma al di qua della pietra risplendevano vita e gioia. Era un granello quando viene sepolto in terra, ma è un albero quando si eleva al cielo (S. Ambrogio). Gli strumenti umani, tarati sul successo, il prestigio e la visibilità, non possono rilevare le coordinate del Regno di Dio; esse infatti coincidono con il punto esatto della nostra vita dove, umiliati, fraintesi, traditi, diveniamo invisibili alla vista del radar mondano. Solo la fede sa discernere nella Croce il trono regale di Dio, sul limite oltre il quale ci attendono la disperazione, l'esaurimento, la resa riconoscere Gesù che si dona a noi. L'umana insignificanza definisce l'autenticità del nostro essere: come «il granellino di senapa» e il «lievito» nel buio di terra e farina diventano fecondi, così anche noi siamo spogliati di tutto per rivestirci di Cristo e vivere nell’amore per il quale siamo stati creati. «Gettati» nel «giardino» di Dio e «cresciuti» nella fede della Chiesa, siamo chiamati a distendere le nostre braccia sui «rami» della Croce per accogliere «gli uccelli del cielo», immagine biblica dei popoli pagani. La fede triturata dalle avversità, diffonde il suo vigore (S. Ambrogio). «Nascosti» nell’impasto quotidiano di famiglia, scuola, ufficio, mercato, siamo inviati a «fermentare» di luce i fallimenti che prima o poi aggrediscono ogni uomo. Attraverso la nostra insignificanza redenta, nel martirio silenzioso e nascosto che ogni giorno ci attende, il Signore rinnova il suo amore per questa generazione, mostrando in noi il paradosso del Regno di Dio che la può salvare.

I martiri e i cristiani nascosti in Giappone, seme e lievito di salvezza
In Giappone la Chiesa vanta decine di migliaia di martiri. Essa ha conosciuto quasi trecento anni di solitudine, stretta da una persecuzione feroce. Nulla che lasciasse presagire un cambiamento. Non fu una settimana, un mese, un anno. Furono migliaia di giorni, e generazioni che sorgevano e tramontavano nella cappa asfissiante di una vita nascosta, nel timore delle delazioni, ogni preghiera sussurrata, le feste celebrate con gli abiti di ogni giorno: niente sacerdoti, niente sacramenti dopo il battesimo, niente chiese. Solo la propria vita dentro un'interminabile e buia catacomba. Ma il Regno di Dio era lì, nascosto, invisibile, disciolto come lievito nella storia comune di ogni giorno. Insignificanti, i kakure kiristan (cristiani nascosti) hanno vissuto aggrappati alla promessa dei missionari: “torneremo un giorno...”. La fede è stata l'unica roccia cui aggrappare la loro vita. La larghissima maggioranza di loro non hanno visto quel giorno con gli occhi della carne. Ma il regno di Dio non si è mai allontanato dal Giappone: in mezzo alle persecuzioni, nell'insignificanza e nel disprezzo, nel dissolversi quotidiano di ogni speranza umana, esso ha fecondato quella terra, ha fermentato quel popolo. In quei giorni intrisi di fede Dio era presente in loro, nascosto con loro. Nessuno poteva sapere o immaginare. Anche a Roma erano convinti che non vi fossero più cristiani in Giappone. Invece, un giorno di marzo del 1865, a Nagasaki dove aveva costruito una cappella per i commercianti stranieri, ancora vigente l'editto di persecuzione, un missionario francese è raggiunto da una notizia sconvolgente: "abbiamo lo stesso cuore!". Erano un pugno di uomini e donne, un granello di senapa, un po' di lievito. Erano i discendenti dei martiri, nascosti nella terra, nella farina, nella solitudine di ogni giorno. Ed ora erano lì, pronti a stendere ancora le braccia, ad offrire la propria vita, con lo stesso cuore di Cristo. L'insignificanza aveva partorito il senso autentico e profondo celato in essa. Molti di essi morirono martiri poco tempo dopo, testimoniando l'amore di Dio sino alla fine. Questa è la comunità cristiana, la Chiesa di Cristo: braccia distese sulla Croce della misericordia, distese verso ogni uomo, il peggiore, il più peccatore, il più perduto.