giovedì 22 ottobre 2015

Gli avvoltoi





E l' Osservatore Romano accusa "Complotto per screditare il Sinodo". Un filo lega falsa malattia, outing di monsignor Charamsa e lettera dei cardinali
La Stampa
(Andrea Tornielli) I l momento scelto rivela l' intento manipolatorio del polverone sollevato». A metterlo nero su bianco non è qualche commentatore abituato a veder dovunque complotti. È «L' Osservatore Romano», cioè il quotidiano della Santa Sede, che con queste parole conclude la breve e anonima nota contenente la durissima e inequivocabile smentita di padre Federico Lombardi sulla «bufala» messa in pagina dal Qn. E il momento, in effetti, è cruciale. Proprio ieri, infatti, sono stati rese note le relazioni dei tredici circoli linguistici dei padri del Sinodo relativi ai nodi più controversi, come quello dell' ammissione dei divorziati risposati ai sacramenti. Vale la pena di ricordare come, con un timing significativo, proprio alla vigilia dell' inizio del Sinodo, lo scorso 3 ottobre, era scoppiato il caso di monsignor Krzysztof Charamsa, l' officiale della sezione dottrinale della Congregazione per la dottrina della fede, che ha fatto pubblico coming-out in un ristorante romano abbracciato al compagno, dichiarando la propria omosessualità. Charamsa ha annunciato la pubblicazione di un libro con la sua storia. La sua uscita non è sembrata soltanto voler porre all' attenzione dell' assemblea dei vescovi un tema che non era in agenda, ma ha contribuito a rilanciare un' immagine negativa del Vaticano. Cardinali contro Poi, all' inizio della seconda settimana del Sinodo, è arrivata la pubblicazione della lettera al Papa firmata da tredici cardinali e consegnata. Il presunto testo della missiva e le firme sono state divulgate dal vaticanista dell'«Espresso» Sandro Magister, giornalista vicino ad alcuni dei porporati più rigoristi. Nella missiva dei padri si avanzava il sospetto che il Sinodo potesse essere manipolato in senso aperturista a motivo delle scelte fatte dal Papa. Francesco, dopo averla ricevuta, era intervenuto in aula chiedendo di abbandonare «l' ermeneutica cospirativa», come riferito dal direttore della Civiltà Cattolica padre Antonio Spadaro. Il testo della lettera e i nomi dei firmatari, evidentemente ottenuti da una fonte ritenuta attendibilissima, si sono però rivelati non autentici. E la pubblicazione ha così assunto i contorni di un'«operazione» per inquinare il Sinodo. Infatti, quattro dei presunti firmatari - cardinali di primo piano come gli arcivescovi di Milano e Parigi, il relatore del Sinodo e il Penitenziere maggiore - hanno smentito di avere scritto il loro nome in calce. Uno di coloro che hanno invece ammesso di avere aderito, il cardinale George Pell, ha dichiarato a Le Figaro : «Posso assicurare che nessuno dei firmatari ha cercato di renderla pubblica perché avevano tutto l' interesse che questo documento rimanesse privato». Eppure proprio l' autore del presunto scoop, e il testo divulgato da L' Espresso - una bozza non definitiva e dei nomi in parte falsi - rendono evidente come la velina sia uscita dalla cerchia di persone le quali da tempo erano a conoscenza dell' iniziativa, la sostenevano e ne erano state coinvolte, forse perché richieste di un parere o di un consiglio. Qualcuno che non aveva poi ricevuto l' ultima stesura del testo, né l' elenco finale degli aderenti. Intento manipolatorio La clamorosa «bufala» di ieri mattina rappresenta l' ultimo colpo di scena di queste tre settimane di Sinodo. L' Osservatore Romano parla di «intento manipolatorio» e, al di là del momento scelto per pubblicarla, dice che non può non sollevare domande la gravità della falsa affermazione su una malattia (seppure presentata come benigna e curabile) al cervello del Papa. «Un modo per cercare di minarne l' autorevolezza in un momento in cui così tante persone guardano a lui, dentro e fuori la Chiesa», afferma un prelato della Segreteria di Stato.

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La trappola per delegittimare il Pontefice
Corriere della Sera
(Massimo Franco) L' ultima «polpetta» servita durante il Sinodo è la più rancida. E la più velenosa. Perché la notizia di papa Francesco malato di tumore al cervello si è rivelata in poche ore falsa: anche se offerta al Quotidiano Nazionale di Bologna da fonti verosimilmente così autorevoli da indurre in errore il giornale . L e smentite vaticane, ben tre, che hanno spazzato via la «verità» clinica, lasciano però spalancata una voragine sui motivi di questa operazione. Verrebbe da pensare che sia stata pensata nel sottosuolo più torbido del Vaticano; e mirata a delegittimare il pontefice. Il secondo obiettivo è evidente. Ma legare d' istinto ad ambienti vaticani questo attacco alla persona di Francesco forse trascura l' ostilità che ambienti anche esterni alla Chiesa nutrono nei suoi confronti. Qualcuno ha visto con sospetto la tempistica della confessione del teologo polacco Charamsa a proposito della propria omosessualità proprio alla vigilia del Sinodo, con tanto di «lancio» del suo libro. E poi è spuntato il «giallo» della lettera dei cardinali conservatori contro Francesco. Ma quelle erano notizie vere, non assimilabili all' episodio di ieri, nel quale si è andati molto oltre. Anche per questo, attribuire quanto è accaduto nelle ultime settimane a un' unica regia significherebbe forzare un malessere più eterogeneo e diffuso. Questa storiaccia sembra costruita ad arte dai nemici di Jorge Mario Bergoglio per fargli sapere che è nel loro mirino, bersaglio di pallottole impastate con menzogne fangose. Probabilmente, chi l' ha architettata non sperava che la notizia potesse resistere a lungo a una verifica dei fatti. Ma ha contato su un «effetto polverone»; e soprattutto sulla certezza di insinuare in qualcuno il dubbio che il Papa stia rompendo le incrostazioni più sporche del potere perché difetta di equilibrio; che agisca così perché è «malato», perché il suo cervello ha qualcosa che non funziona. È questo, il messaggio subliminale e inquietante che si è cercato di trasmettere. Riemergono così i fantasmi dell' ultima fase convulsa del papato di Benedetto XVI: quasi fossero una maledizione inscindibile dalla storia recente del Vaticano. Si ripropone un confronto, sebbene improprio, col caso di Dino Boffo, il direttore di Avvenire colpito attraverso il Giornale con false veline diffuse proprio da fonti vaticane per consumare vendette intestine. Forse, è il secondo calcolo di chi vuole destabilizzare Francesco: fare in modo che nell' opinione pubblica e nelle file ecclesiastiche cresca un senso di insicurezza; che la fase del rinnovamento sia oscurata da un' artificiosa immagine di caos e di resa dei conti; che il presente sia risucchiato nei veleni di prima del Conclave del marzo 2013. È vero che bisogna stare attenti a non farsi prendere dalla sindrome del complotto. Eppure, gli indizi porterebbero a questa tesi, al di là dello scivolone giornalistico. D' altronde, sia il direttore della Sala stampa vaticana, padre Federico Lombardi, sia l' Osservatore Romano , sia persone vicine al pontefice come Antonio Spadaro, al vertice del quindicinale dei gesuiti Civiltà cattolica, evocano una manovra orchestrata. Prima ieri notte, poi due volte in mattinata, padre Lombardi ha smentito le «irresponsabili illazioni» sulla salute del Papa. Il quotidiano della Santa Sede teorizza che «il momento scelto rivela l' intento manipolatorio del polverone sollevato». E Spadaro ironizza, amaro: «Dopo le menzogne varie si inventano pure la malattia. Ormai non sanno più che dire. Sono alla frutta». Ma a chi si riferisce la terza persona plurale? Chi sono quelli che «inventano»? Il riferimento sembra non tanto al giornale che ha pubblicato il presunto «colpo» ma soprattutto a chi lo ha usato. Persone per ora senza volto: o perché non si vuole o perché non si è in grado di identificarle. Sono quelli che hanno raccontato lo sbarco del neurochirurgo giapponese, Takanori Fukushima, nell' eliporto del Vaticano per un consulto urgente su un presunto tumore cerebrale benigno di Francesco, nel gennaio scorso. Ma è stato facile verificare che dopo dieci mesi il Papa continua a viaggiare e lavorare come sempre. Fin da martedì notte, dunque, la tesi della malattia appariva una stranezza e sollevava «qualche dubbio»: eufemismo tutto vaticano. Il problema è che col passare delle ore si è saputo che non c' era stato nessun consulto con un medico giapponese, mai; che nessun elicottero con Fukushima a bordo era mai atterrato dentro la Città del Vaticano; e che il neurochirurgo aveva avuto un contatto fugace col pontefice sul sagrato di piazza San Pietro mesi prima, durante un' udienza con centinaia di altre persone. Lo ha dichiarato lo stesso luminare. Lo ha comunicato Lombardi durante una conferenza stampa. E lo ha certificato il professor Valter Santilli, fisiatra dell' Università La Sapienza di Roma, che cura da anni la sciatica di Francesco e accompagnò il collega giapponese il 1° ottobre del 2014 a piazza San Pietro. Come si riferisce a parte, dopo l' udienza generale Fukushima chiese di potere incontrare Francesco da solo. Ma anche l' udienza fissata per il 29 gennaio del 2015 saltò per motivi di sicurezza: c' era stata da poco la strage a Parigi contro il settimanale Charlie Hebdo . Colpisce che in Vaticano già ieri mattina quasi tutti avessero la convinzione di una «trappola». Il Papa, informato immediatamente, era caduto dalle nuvole e aveva sottoscritto la smentita «totale». Ma l' allarme era evidente: così palpabile che a qualcuno la reazione netta e ripetuta a colpi di comunicati è parsa perfino eccessiva. Come se tradisse una preoccupazione non tanto per le condizioni di salute di Francesco, quanto per i contraccolpi che queste false notizie possono avere su un Sinodo percorso da tensioni e contrasti difficili da governare e riportare a una sintesi: sebbene tutti scommettano su un finale nel quale l' adesione ai principi della dottrina verrà ribadita e confermata. Con l' avallo convinto del Papa.

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Gli avvoltoi

La Repubblica
(Vito Mancuso) C' È un detto di Gesù da sempre inquietante che in queste ore assume una dimensione ancora più sinistra. «Dove sarà il cadavere, lì si raduneranno insieme anche gli avvoltoi » (Luca 17,37). Il detto si ritrova anche in Matteo 24,28, e in entrambi i Vangeli la frase è del tutto fuori contesto, appare come una specie di masso erratico piovuto dall' alto, completamente a prescindere da ciò che viene prima e ciò che viene dopo. Non è nota l' occasione concreta che spinse Gesù a pronunciare quelle parole, tuttavia esse nella loro forza icastica non fanno che fotografare un' esperienza concreta della vita naturale, a quei tempi sotto gli occhi di tutti. Anche ai nostri giorni però, mutate le forme, non manca la presenza degli avvoltoi. Soprattutto se a essere in gioco è il corpo del Papa. E ancora di più se si tratta del corpo di "questo" Papa. Che papa Francesco sia come minimo scomodo a una non piccola parte dei poteri politici, economici, finanziari e ovviamente ecclesiastici è un semplice dato di fatto, lo documenta bene un recentissimo libro di un giornalista di Avvenire, Nello Scavo, dal titolo I nemici di Francesco, sottotitolo: «Chi vuole screditare il papa, chi vuole farlo tacere, chi lo vuole morto». Ma ora la notizia del tumore al cervello, diffusa dal Quotidiano nazionale parlando di «una macchia, un piccolo tumore al cervello» è destinata ad aumentare a dismisura il volo minaccioso degli avvoltoi. Il portavoce papale padre Lombardi ha subito smentito seccamente la notizia. E L' Osservatore Romano ha parlato di «polverone sollevato con intento manipolatorio». Certo è che sarebbe difficile oggi nascondere a lungo una notizia sulla salute del Pontefice: il corpo del Papa, a differenza dei secoli passati quando era velato alla vista dei più e viveva in una dimensione sacrale che portava a pensarlo come quasi divino, del tutto privo delle manchevolezze dei comuni mortali, ora è quotidianamente esposto allo sguardo delle telecamere di tutto il mondo. Avvenne una quindicina di anni fa con Giovanni Paolo II, il cui morbo di Parkinson, prima sistematicamente negato dal portavoce vaticano, poi divenne evidente agli occhi di tutti. La salute del corpo di un Papa non è mai stata solo un fatto privato, e oggi lo è meno che mai. Il punto vero e proprio però non riguarda la salute di Jorge Mario Bergoglio, riguarda gli avvoltoi. Ciò che colpisce infatti è che la notizia è uscita solo ieri (a dieci mesi di distanza dall' ipotetica visita specialistica) e soprattutto a poche ore dalla chiusura dello strategico Sinodo sulla famiglia. Una casuale combinazione? Ovviamente no; piuttosto l' alzata in volo di uno stormo di neri avvoltoi. Naturalmente non mi riferisco ai giornalisti che, in possesso della notizia, hanno fatto solo il loro mestiere come avrebbe fatto ogni altro giornalista del mondo; mi riferisco piuttosto a coloro che, proprio ora, hanno fatto filtrare la notizia nel momento forse più delicato del pontificato di Francesco. In questo Sinodo infatti il Papa si gioca la gran parte della sua impresa riformatrice: se i vescovi a maggioranza gli diranno di no e bocceranno il suo desiderio di aperture, il suo pontificato è destinato a passare alla storia come il desiderio di un profeta solitario e sognatore, ben poco capace però di tradurre le sue parole e i suoi gesti in leggi e precetti concreti, come ogni pontefice degno di questo nome è invece chiamato a fare. Io non so se vi sia un' unica regia dietro l' outing di monsignor Charamsa dichiaratosi gay e convivente all' inizio del Sinodo, dietro la diffusione di una lettera di una decina di cardinali anti-riforme a metà del Sinodo, e ora dietro questa notizia consegnata alla stampa proprio in prossimità della chiusura del Sinodo. Certo è che tutti e tre gli episodi incorniciano i lavori dell' assise vescovile. Come secondo ogni regia che si rispetti, l' ultimo colpo è stato il più devastante, perché mira a far credere al mondo che Jorge Mario Bergoglio è un Papa malato, per di più malato al cervello, nella sede decisionale della persona, sollevando così una serie di dubbi e di sospetti sulla sua effettiva capacità di guidare la Chiesa. Molti dei cardinali che tre anni e sette mesi fa lo elessero ora gli sono ostili, perché non si immaginavano certo una tale forza riformatrice in quell' argentino che aveva fama di conservatore e che invece si è rivelato subito all' altezza della spinta innovatrice di papa Giovanni XXIII. Il papa bergamasco morì di tumore allo stomaco, ma prima riuscì, a dispetto della Curia, a convocare il Concilio Vaticano II e a iniziare l' opera di rinnovamento della Chiesa. L' opera purtroppo rimase a metà, perché a causa dei timori di Paolo VI non toccò proprio i temi della morale familiare e sessuale su cui papa Francesco ha convocato il Sinodo con l' intenzione di estendere il rinnovamento conciliare anche qui. Non sono pochi nella Chiesa coloro che glielo vogliono impedire senza comprendere l' importanza della posta in gioco. Non si tratta infatti solo di qualche norma di disciplina ecclesiastica, in gioco c' è il cambio di rotta iniziato dalla Chiesa cattolica con il Vaticano II e rimasto incompiuto, volto a disegnare un cattolicesimo non più nemico del mondo moderno, come lo è stato per secoli, ma a fianco della vita degli uomini. In un mondo sempre più piccolo il compimento del processo iniziato con Giovanni XXIII è la condizione sine qua non perché la Chiesa cattolica sia fattore di pace e non di divisione. Papa Francesco lo sa e agisce di conseguenza. Molti però dentro la Chiesa o non lo sanno o non lo desiderano. Essi non esitano a unirsi ai numerosi gruppi di potere economico e politico fuori della Chiesa che hanno visto la recente enciclica sull' ecologia come una seria minaccia ai loro affari. E tra nemici interni e nemici esterni vi sono addirittura alcuni che non esitano a trasformarsi in avvoltoi e a volteggiare sinistramente sul corpo del Papa.