giovedì 24 settembre 2015

Visita al Centro caritativo della parrocchia di St. Patrick di Washington e incontro con i senzatetto. Discorso del Santo Padre.

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Visita al Centro caritativo della parrocchia di St. Patrick di Washington e incontro con i senzatetto. Discorso del Santo Padre. "Il Figlio di Dio è entrato in questo mondo come uno che non ha casa. Gesù non solo ha voluto essere solidale con ogni persona. Egli stesso si è identificato con tutti quelli che soffrono" 
Sala stampa della Santa Sede 
Alle ore 11.15 di questa mattina, il Santo Padre Francesco si è recato in visita al Centro caritativo della parrocchia di St. Patrick di Washington. Il Papa è stato accolto dal Rettore della chiesa all’interno della quale si trovavano riunite centinaia di persone senza fissa dimora della Capitale statunitense. Pubblichiamo di seguito il testo del discorso che Papa Francesco ha rivolto ai senzatetto nel corso dell’incontro:
Discorso del Santo Padre
 Italiano 
Cari amici,
la prima parola che desidero dirvi è “grazie”. Grazie di accogliermi e per lo sforzo che avete compiuto perché questo incontro potesse realizzarsi.
Qui ricordo una persona a cui voglio bene, che è stata molto importante nella mia vita. E’ stata sostegno e fonte di ispirazione. E’ uno a cui ricorro quando sono un po’ “inguaiato”. Voi mi ricordate san Giuseppe. I vostri volti mi parlano del suo.

Nella vita di san Giuseppe ci sono state situazioni difficili da affrontare. Una di queste fu quando Maria stava per dare alla luce Gesù. Dice la Bibbia: «Mentre si trovavano [a Betlemme], si compirono per [Maria] i giorni del parto. Diede alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo pose in una mangiatoia, perché per loro non c’era posto nell’alloggio» (Lc 2,6-7). La Bibbia è molto chiara: non c’era posto per loro nell’alloggio. Immagino Giuseppe, con la sua sposa sul punto di avere il suo figlio, senza un tetto, senza casa, senza alloggio. Il Figlio di Dio è entrato in questo mondo come uno che non ha casa. Il Figlio di Dio ha saputo che cos’è cominciare la vita senza un tetto. Immaginiamo le domande di Giuseppe in quel momento: Come? Il Figlio di Dio non ha un tetto per vivere? Perché siamo senza casa? Perché siamo senza un tetto? Sono domande che molti di voi possono farsi ogni giorno. Come Giuseppe vi domandate: perché siamo senza un tetto, senza una casa? Sono domande che sarà bene farci tutti: perché questi nostri fratelli sono senza casa, perché questi nostri fratelli non hanno un tetto?
Le domande di Giuseppe rimangono presenti oggi, accompagnando tutti coloro che nel corso della storia hanno vissuto e si trovano senza una casa.
Giuseppe era un uomo che si poneva delle domande, ma soprattutto era un uomo di fede. E’ stata la fede a permettere a Giuseppe di trovare la luce in quel momento che sembrava completamente buio; è stata la fede a sostenerlo nelle difficoltà della sua vita. Per la fede Giuseppe ha saputo andare avanti quando tutto sembrava fermarsi.
Davanti a situazioni ingiuste, dolorose, la fede ci offre quella luce che dissipa l’oscurità. Come fu per Giuseppe, la fede ci apre alla presenza silenziosa di Dio in ogni vita, in ogni persona, in ogni situazione. Egli è presente in ciascuno di voi, in ciascuno di noi. (Voglio essere molto chiaro) Non troviamo nessun tipo di giustificazione sociale, morale, o di altro genere per accettare la mancanza di abitazione. Sono situazioni ingiuste, ma sappiamo che Dio le sta soffrendo insieme con noi, le sta vivendo al nostro fianco. Non ci lascia soli.
Sappiamo che Gesù non solo ha voluto essere solidale con ogni persona, non solo ha voluto che nessuno senta o viva la mancanza della sua compagnia, del suo aiuto, del suo amore. Egli stesso si è identificato con tutti quelli che soffrono, che piangono, che patiscono qualche tipo di ingiustizia. Ce lo dice chiaramente: «Ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere, ero straniero e mi avete accolto» (Mt 25,35).
E’ la fede a dirci che Dio è con voi, Dio è in mezzo a noi e la sua presenza ci spinge alla carità. Quella carità che nasce dalla chiamata di un Dio che non cessa di bussare alla nostra porta, la porta di tutti per invitarci all’amore, alla compassione, a donarci gli uni agli altri.
Gesù continua a bussare alle nostre porte, alla nostra vita. Non lo fa magicamente, non lo fa con trucchi, con cartelli luminosi o fuochi d’artificio. Gesù continua a bussare alla nostra porta nel volto del fratello, nel volte del vicino, nel volto di chi ci sta accanto.
Cari amici, uno dei modi più efficaci che abbiamo per aiutare lo troviamo nella preghiera. La preghiera ci unisce, ci affratella, ci apre il cuore e ci ricorda una verità bella che a volte dimentichiamo. Nella preghiera, tutti impariamo a dire Padre, papà, e in essa ci ritroviamo come fratelli. Nella preghiera non ci sono ricchi e poveri, ci sono figli e fratelli. Nella preghiera non ci sono persone di prima o di seconda classe, c’è fraternità.
E’ nella preghiera che il nostro cuore trova la forza per non diventare insensibile, freddo davanti alle situazioni di ingiustizia. Nella preghiera Dio continua a chiamarci e a spingerci alla carità.
Come ci fa bene pregare insieme; come ci fa bene incontrarci in quello spazio dove ci guardiamo come fratelli e ci riconosciamo bisognosi dell’appoggio gli uni degli altri. Oggi voglio unirmi a voi, ho bisogno del vostro appoggio, della vostra vicinanza. Voglio invitarvi a pregare insieme, gli uni per gli altri, gli uni con gli altri. Così potremo portare avanti questo sostegno che ci aiuta a vivere la gioia di sapere che Gesù è sempre in mezzo a noi. Ve la sentite?
Padre nostro…
Prima di lasciarvi, mi piacerebbe darvi la benedizione di Dio:
Il Signore vi benedica e vi protegga;
il Signore vi guardi con benevolenza e vi mostri la sua bontà;
il Signore vi guardi con amore e vi conceda la sua pace (cfr Nm 6,24-26).
E non dimenticatevi di pregare per me.