martedì 29 settembre 2015

DAL GENDER ALLA DOMANDA



DAL GENDER ALLA DOMANDA: COS'E' UNA FAMIGLIA?
di Mario Adinolfi
Ci siamo preoccupati su La Croce di delineare una risposta articolata alla domanda ricorrente: che cos'è l'ideologia del gender? Ne abbiamo elencato i tratti distintivi, abbiamo indicato i "cinque comandamenti" o dettami attorno ai quali ruota, abbiamo individuato la finalità primaria di giungere alla completa desessualizzazione della genitorialità, affidata piuttosto alla tecnologia e alle compravendite tra fecondazioni eterologhe e uteri in affitto, con protagonisti due maschi o due femmine (e a questo punto il numero "due" è un dettaglio accidentale destinato rapidamente a cadere, come già dimostrato da un'infinità di casi).
Il punto di domanda sul gender come ideologia dilagante ci ha fatto perdere di vista però l'altra domanda, quella forse fondamentale: cos'è oggi una famiglia? In tutto questo casino dobbiamo accettare la vulgata secondo la quale c'è famiglia "dove c'è l'amore", in qualsiasi luogo e con qualsiasi modalità dunque questo sentimento solitamente transitorio per senso e intensità si manifesti?
Io credo che se c'è un pregio che dobbiamo riconoscere agli ideologi del gender è di averci costretto a pensare una definizione di famiglia. Prima di tutto, la si può dare? Io credo proprio di sì e davvero non credo che la famiglia sia il luogo "dove c'è l'amore". Io credo che famiglia sia il luogo dove ci sono un uomo e una donna e che questo luogo si perfezioni in dimensione familiare nel momento in cui ci sono dei figli. Tutto il resto, davvero, è solamente una "formazione sociale", non una famiglia. Un aggregato sentimentale certamente meritevole di rispetto e considerazione, non di tutela equiparabile dal punto di vista del diritto pubblico ai diritti e doveri derivanti dal matrimonio.
Per paradosso c'è più famiglia in una ragazza madre che cresce da sola sua figlio, che in due uomini che scimmiottano relazioni genitoriali con un bambino acquistato da un utero affittato. Quella ragazza che da sola anima la sua famiglia lo fa con la ferita aperta dell'assenza del maschio, ma la dualità familiare è comunque evidentemente presente. Il maschio se n'è andato (capita che ad andarsene sia stata lei o che le tragedie della vita colpiscano la figura materna o quella paterna, la situazione è analoga) ma comunque la sua presenza è viva in quel figlio che cresce nel rapporto fortissimo con il genitore che non nega la vicenda del rapporto con l'altro genitore, vivificandolo di fatto con il dolore, talvolta con la rabbia, molto spesso con un analgesico tentativo di oblio.
Senza la dualità uomo-donna non c'è famiglia. Lo spiega benissimo con la genialità che gli è propria Fabrice Hadjadj nel suo "Ma che cos'è una famiglia?", a cui segue nel volume finalmente tradotto in italiano il saggio "La trascendenza nelle mutande", il cui titolo provocatorio è facilmente spiegato in poche righe: "Che cosa dice l’inizio del libro della Genesi? Dio creò l’uomo a sua immagine. Maschio e femmina li creò (Gn 1, 27). In altri termini, l’immagine di Dio si trova nella differenza dei sessi". Hadjadj afferma netto la superiorità della famiglia, “istituzione anarchica per eccellenza”: "Il letto coniugale è più profondo e creativo (più drammatico anche) del laboratorio del dottor Frankenstein, il desco famigliare è un oggetto ben più potente del tablet elettronico. Il letto e la tavola, lo aveva già osservato Anatole France, sono due mobili per i quali bisogna avere la più alta stima. Il proprio della sessualità, la sua originalità primordiale, cioè che si volge verso l’originale e che permette di formare con esso una nuova origine, è di legare insieme degli incomparabili. L’uomo e la donna hanno ugualmente la natura umana, e in ciò sono simili, ma ognuno la conduce alla perfezione per vie diverse e, in ciò, la loro dissomiglianza è la più sorprendente, perché avviene nella stessa uguaglianza, sviluppa una separazione nell’unità, dispiega un’alterità personale nell’identità della natura".
L'analisi della crisi proposta da Hadjadj è disperante: "Quello che ai nostri giorni disfa il tessuto familiare è uno stato di fatto tecnologico. Cieco sarebbe chi si accontentasse di opporre un’intelligenza del sesso a una teoria del gender, o di speculare sui valori tradizionali alla borsa dei valori francesi. La crisi è ben più radicale di quello che vogliamo ammettere. Ormai non manchiamo di morale, ma di mores, di costumi. Non siamo in deficit di idee, ma di presenza. Non si tratta più di diventare migliori, ma di restare semplicemente umani".
Già, restare semplicemente umani. La famiglia è l'ultimo luogo di anarchica umanità. La proposta tecnologica è terrorizzante. Scrive ancora Hadjadj: "Siamo stati googlizzati. Il virtuale domina sul carnale, tanto che la distribuzione dei nostri corpi viene ridistribuita dopo le schede grafiche. Procediamo per profili, dimentichi della fame che ci unisce, della famiglia che ci fonda. Non sappiamo più riunire le generazioni attorno a un pranzo. Chi può ancora ereditare con gioia il vecchio tavolo da pranzo di un bisavolo? Ci precipitiamo piuttosto allo store Apple per procurarci l’ultimo tablet dall’obsolescenza programmata".
Per "riunire le generazioni davanti a un pranzo" abbiamo bisogno di una mamma e di un papà, di una radice vera, profonda, radicata nell'essenza. Il gioco di società tecnologico dei figli mera merce, delle donne uteri da affittare, dei gameti da prendere alla banca del seme o dell'ovulo, della genitorialità desessualizzata, uccidendo la famiglia uccide anche l'essere umano come persona, come individuo in relazione. Troncando la relazione primordiale, quella col ventre materno banalizzato nell'immagine delle "due mamme" o della "nessuna mamma" auspicata dall'ideologia gender, trasforma le persone in cose e queste cose in monadi, controllabili e manipolabili agevolmente proprio per l'assenza di radici consistenti.
La famiglia è la terra feconda che rende ancora possibile il radicarsi. L'ideologia gender è l'ideologia dello sradicamento tecnologico. Quale strada sia preferibile percorrere per gli uomini e le donne del ventunesimo secolo è la questione nodale di questa tragica strettoia dell'intelletto in cui interessi precisi hanno finito per condurci.
La Croce quotidiano