mercoledì 26 agosto 2015

Parola tra le parole



La Bibbia come lievito dell’umanizzazione delle culture. 

(Pietro Bovati) La Scrittura custodisce la Parola di Dio. Certo, Dio parla in molti modi: si rivela nei prodigi della creazione, si manifesta negli eventi della storia, si fa sentire nel profondo delle coscienze, la sua voce risuona oggi nella voce dei testimoni della verità. Ma ognuna di queste modalità di comunicazione è da accogliere alla luce della parola consegnata nel testo sacro, poiché «la Chiesa ha sempre considerato e considera le Sacre Scritture come la regola della propria fede»; avviene così che la lettera biblica, intelligentemente interpretata nell’analogia della fede, diventa la chiave di comprensione, di apprezzamento e ricezione di ogni altra rivelazione di Dio. Quali sono i caratteri di questa Parola? Ne indichiamo tre, che ci appaiono i più significativi.
Il dinamismo della Parola. Nella Scrittura, non troviamo la comunicazione di verità belle e fatte. La Parola è una realtà vivente. Secondo l’immagine biblica è paragonabile a un seme che esprime la sua natura proprio perché cresce, si sviluppa, produce frutti, diversi nella forma, pur essendo generati dalle intrinseche potenzialità del germe originario. La Bibbia cresce con chi la legge, diceva san Gregorio Magno; la Parola infatti crea pensieri e forme di vita e comunità di credenti sempre caratterizzate dalla novità spirituale. Il presente impone sempre nuove letture degli eventi, nuove prospettive di intelligenza della fede. Vi è quindi la necessità di un progresso, di una maturazione che è possibile solo in un continuo ritorno alle fonti, in un abbeverarsi alla sorgente della vita, in assunzione consapevole e riconoscente delle potenzialità del dono presente, disponibile, offerto. Se si tiene conto della natura dinamica della Parola, si comprende perché essa richieda al lettore una conversione, una disponibilità sincera al cambiamento, alla riforma, all’accettazione della novità, che il Cristo, Verbo Divino, è venuto a instaurare.
Parola profetica che rende profeti. E con questo veniamo a evidenziare un altro aspetto costitutivo della Parola biblica, che è la sua natura profetica. Potrebbe apparire che, dicendo questo, intendiamo ribadire un pacifico assunto di fede, quello che attribuisce al testo sacro dei cristiani un valore unico fra tutte le produzioni scritte. Se l’obbedienza a Dio si concretizza nell’assenso alla voce dei suoi inviati ne consegue che la fedeltà della Chiesa al suo Signore si gioca nell’adesione piena alle parole ispirate della Scrittura. Ma la natura profetica della Bibbia va esplicitata mediante un’ulteriore considerazione. Proprio la messa per iscritto del messaggio, proprio questo statuto speciale della comunicazione verbale (scritta) postula un lettore capace di leggere, interpretare, comprendere il messaggio. Non si tratta di presupporre semplicemente un fruitore competente e acuto, ma di evidenziare che il lettore deve essere in grado di percepire lo Spirito della sacra pagina, deve possedere una familiarità di animo, una consonanza di intelligenza che sia proporzionata alla qualità della parola trasmessa. Questa promozione del lettore-profeta non può essere confiscata da nessuna realtà istituzionale. Anche se nella Chiesa cristiana va riconosciuto e apprezzato il ruolo del magistero, a garanzia della comunione di fede, va affermata la partecipazione di ogni fedele al carisma profetico. Carisma che si manifesta nella capacità di discernere il volere divino nel presente storico, tenendo conto dell’insieme della rivelazione, e tenendo conto delle concrete dinamiche del momento e dei suoi attori. Risulta a mio parere del tutto riduttivo il pensare che dall’obbedienza alla parola della Bibbia il lettore ricavi dei contenuti dottrinali che confermano e forse precisano il deposito della fede. La parola profetica è quindi piena di passione, è nutrita della gelosia divina che ama, soffre e si batte per la salvezza di tutti.
Parola di sapienza per l’educazione dell’uomo. Ciò che stiamo cercando di illustrare è il potente dono della Parola di Dio che, trasmettendosi all’uomo, lo trasforma accordandogli le sue stesse potenzialità. Questo è d’altronde il vero progetto divino, nell’atto del suo comunicarsi al profeta e al mondo. Accogliere la Parola di Dio rende perciò dinamica l’intelligenza del credente e rende profetica la sua parola che, come quella di Dio, diviene penetrante e amorosa. E aggiungiamo ora, come ultimo aspetto, che è nell’assimilazione del Verbo di Dio trasmesso dalla Scrittura che il credente è reso sapiente, della vera sapienza di Dio.
La Bibbia non può essere ridotta a una semplice materia dell’insegnamento religioso, accanto ad altre, perché essa è il principio di accoglienza (o di rifiuto) di qualsiasi istruzione. La Bibbia non dice tutto; ma ciò che dice è chiave per un adeguato percorso conoscitivo e per un sicuro progresso nella verità. La sapienza non è oggetto di possesso, ma è aspirazione, ricerca, interrogazione e umile apertura alla luce del vero. Ed è questa la pedagogia della Bibbia, nel suo presentarsi come la storia della ricerca di Dio, del questionamento radicale sul senso dell’esistere, sul mistero del male e sul mistero del bene. La sapienza biblica non dà risposte facili, si compiace piuttosto nel porre interrogativi, e crea così il desiderio di approfondire, di esplorare nuovi territori. Tutto, nella pagina biblica, è ispirato al desiderio di convincere, di toccare dolcemente e potentemente le fibre della coscienza, così da indurre nell’uomo la decisione del bene. Tutte le possibili strategie comunicative vengono dispiegate, al solo scopo di favorire la scelta di libertà, da assumersi con senso di responsabilità. Chi è familiarizzato con la Scrittura è come plasmato a un linguaggio “pastorale”; ciò non significa l’abbandono del rigore nella verità, ma esplicita piuttosto l’intento benefico della parola rivolta agli altri. Lo spirito buono della Bibbia diventa principio universale di sapienza perché ha la sua origine nel fatto che Dio stesso ha voluto donare la sua sapienza agli uomini. Il lettore della Bibbia respira questo spirito, diventando intriso di “timor di Dio”; non ha paura di Dio, anzi ne è dolcemente attratto. La Bibbia è la voce che invita ognuno a desiderare, anzi a chiedere la sapienza; non ribadisce tuttavia solo il bisogno di una sapienza che venga dall’alto, ma si fa strumento e veicolo del dono, mettendo l’uomo in preghiera e nutrendo il suo cuore del frutto squisito che Dio vuole comunicare. Questo frutto è l’umanizzazione della cultura, la nobile consacrazione della storia degli uomini. La drammatica situazione del nostro tempo si spiega — come attesta la Scrittura — a causa del mancato ascolto della Parola di Dio; la speranza per il futuro si radica nel custodire, amare e proclamare il Verbo della vita, che come sale della terra darà senso al nostro presente e sarà fermento di umanità per i figli e i figli dei figli.

L'Osservaore Romano