sabato 29 agosto 2015

Intervista a mons. Nicola Bux su CL


bux e benedetto XVIMons. Bux e Benedetto XVI

Da Francesco Agnoli
In questi giorni Comunione e Liberazione è stata al centro di attacchi molto forti: da una parte Repubblica e il deputato grillino-giacobino che, invitato a parlare, ha sparato ad alzo zero, con violenza inaudita, contro il movimento e la sua storia, certo del successo mediatico di una simile operazione; dall’altra un mondo cattolico non ciellino, ma simpatizzante, rimasto sconcertato dalla volontà del movimento di non partecipare più, come in passato, alle grandi battaglie ideali per la promozione e la difesa della famiglia. L’episodio che ha visto coinvolto padre Carbone, censurato prima da Repubblica, poi dalla dirigenza del Meeting, ha generato ulteriori domande. Anche in molti appartenenti a Cl, che non condividono alcune delle posizioni della dirigenza. La lettera di mons. Luigi Negri, storico esponente del movimento, a Tempi, in solidarietà a padre Carbone, la dice lunga al riguardo, perché non si tratta di una lettera che risponde a Repubblica (quotidiano che fa il suo mestiere ideologico da sempre), ma di un messaggio, e non il primo, lanciato a Cl dall’interno di Cl, da chi ne ha vissuto la storia, conosce ed ama il movimento.
Convinti che il dibattito possa talora servire, se finalizzato al bene e alla chiarezza, abbiamo interpellato, oltre ad altri sacerdoti del movimento, Mons. Nicola Bux, storico collaboratore del cardinal Ratzinger, già amico e collaboratore di don Giussani.
Monsignor Nicola Bux, sollecitati dalle recenti polemiche intorno al Meeting di Rimini di Comunione e Liberazione, vorremmo chiederle alcune riflessioni. Anzitutto, può dirci qualcosa di don Luigi Giussani, e del vostro rapporto?
Ho conosciuto il Servo di Dio, d.Luigi Giussani nel 1972 a Roma. Ero seminarista di 25 anni e abbracciai il movimento perché corrispondeva alle esigenze più profonde del mio essere, tra cui il respiro cattolico. Balthasar e De Lubac affermeranno che Cl era un movimento veramente cattolico. Avevo partecipato da studente al ’68, per un verso attratto dall’istanza di liberazione portata avanti da movimenti di sinistra, per l’altro ancora attratto dalla Chiesa: bisognava prescindere da questa e dalla sua tradizione, come pensavano molti cattolici nel post-concilio – e forse anche oggi – oppure era essa stessa il soggetto della liberazione, in unità con Gesù Cristo? Giussani batteva proprio su questo, in specie dopo la crisi che aveva attraversato Gioventù Studentesca. Di qui l’incentivo all’amicizia con lui, grazie agli incontri, al rapporto personale ed epistolare. Credo che abbia manifestato il massimo della sua stima e affezione, intervenendo alla mia ordinazione sacerdotale il 6 dicembre 1975 a Bari nella Basilica di san Nicola. La mia formazione nelle scienze ecclesiastiche orientali con l’attenzione all’Oriente cristiano e alla liturgia, fu il fulcro della nostra amicizia. Giussani com’è noto, era molto sensibile alla liturgia e alla spiritualità ortodossa. Egli volle pure coinvolgermi nell’affronto di alcune difficoltà del movimento nei rapporti con ecclesiastici, oltre che nelle dimensioni culturale, missionaria ed ecumenica da estendere ai paesi dell’Europa dell’Est e del Medioriente, dove ero stato invitato come docente. Così, si sviluppò l’amicizia e la collaborazione con d. Francesco Ricci, allora responsabile del Centro Studi Europa Orientale di Forlì e padre Romano Scalfi, responsabile del Centro Russia Cristiana di Milano. Infine, durante un corso di esercizi spirituali di sacerdoti di Cl, ai quali quasi annualmente ho partecipato, conobbi il cardinal Joseph Ratzinger.
Cl in Puglia: come iniziaste e dove ha portato questa storia?
Si deve all’impeto missionario del movimento, maturato nell’amicizia col Giuss e dei miei primi amici, come Michelina Savoia, che attualmente lavora presso il Pontificio Consiglio per i Laici in Vaticano, con Filippo Santoro, attuale arcivescovo di Taranto e con Angelo Lagonigro, ora parroco a Bari. Tutto cominciò nell’aprile del 1973 con un momento di ‘parola chiara’ – si diceva così – rivolta da d.Giacomo Tantardini nell’ateneo di Bari, ad una prima aggregazione di universitari. Ancora diacono, divenni responsabile del Clu (=Cl universitari); negli incontri a livello nazionale, entrai in contatto frequente con Angelo Scola, ora cardinale di Milano, che all’epoca lo guidava e poi mi coinvolse nel gruppo di giovani teologi di Communio. Quando lasciai nel 1977, gli universitari erano oltre duecento. Parlavamo con i docenti e anche con i vescovi, trovando a seconda dei casi,attenzione o diffidenza: Lanave di Andria, ex assistente generale di Azione Cattolica e Motolese di Taranto da un lato, Ballestrero dall’altra; il successore, l’abate Magrassi invece, fu entusiasta, più agli inizi. Alla plantatio di Cl in Puglia e non solo, diede un grande contributo d. Luigi Negri, i cui interventi sempre chiari e definiti mi hanno sempre colpito. Come descrive Massimo Camisasca, in regione le comunità nascevano e si sviluppavano, con tutti i problemi della crescita, ma con il nostro ardore giovanile, portando a configurare una presenza nella Chiesa e nella società. Ho menzionato prima d. Tantardini, sacerdote straordinariamente contro corrente, che affascinava non poco, col quale pure collaborai. Per il suo radicalismo – per taluni, massimalismo – egli ha posto non pochi problemi, a mio sommesso avviso, a d. Giussani. In regione si è poi sviluppata una notevole presenza di CL nel mondo della scuola e particolarmente in università, come nell’esperienza della Fraternità per gli adulti, grazie all’attenzione specifica di don Giussani e alla capacità di favorire la comunione e l’unità di don Filippo Santoro. Questi poi è andato missionario in Brasile, rimanendovi per ventotto anni, rispondendo all’invito di don Giuss. che, a sua volta rispondeva alla richiesta pressante dell’arcivescovo di Rio de Janeiro. L’arcivescovo di Bari, Mons. Magrassi, accolse e approvò tutta l’operazione.
Cl è finita nella polemica, ultimamente, soprattutto a causa di un tema di attualità: il gender. L’anno scorso il Meeting prese le distanze da una raccolta di firme, promossa in un suo stand, contro la legge Scalfarotto, che mira a mettere in galera chi obietti all’idea che la famiglia possa essere fatta da due uomini o da due donne; poi, il 20 giugno di quest’anno, la dirigenza di CL ha sostanzialmente preso le distanze dal Family day, pur avendo aderito con entusiasmo nel 2007 ad una iniziativa pressoché identica; infine al recente Meeting, prima si è evitato di mettere in programma qualsiasi incontro sul tema, poi, dopo l’attacco di Repubblica, si sono censurati i domenicani, e due giornaliste, una proprio di Cl, impedendo loro di tenere una conferenza sul gender. Il tutto, hanno notato in tanti, in contemporanea con un avvicinamento piuttosto brusco al PD di Renzi, che delle leggi pro gender e matrimonio gay è il promotore (vedi ddl Scafarotto, Fedeli e Cirinnà, più articoli presenti nella legge sulla Buona scuola). Siamo di fronte ad una riedizione della “scelta religiosa” di Azione Cattolica, da parte del Movimento che ha fatto sempre dell’impegno, a 360 gradi, il suo carisma?
Mi sembra che la ‘tesi’ soggiacente all’attuale impostazione del Movimento sia così descrivibile: l’ortodossia dottrinale, da sola, non basta. Dalla metà del secolo scorso – dagli anni ’50 – la realtà, a molti, non risulta più evidente: questo è poi cresciuto esponenzialmente. Qual è l’origine di questa riduzione dell’io, della ragione, del desiderio dell’uomo, che porta a non riconoscere più l’evidenza? E’ l’influsso del potere. Dunque, non è questione di schieramento (conservatori o progressisti), ma di sguardo al reale. Nel movimento vi sarebbe un TENTENNAMENTO, dovuto all’incomprensione della natura del problema: appunto che l’umano è ridotto e la capacità di comprendere il reale è ridotta: perciò, occorre che venga Qualcuno dal di fuori a salvarci, qui e ora. Ricorrendo al Catechismo: “I precetti della legge naturale non sono percepiti da tutti con chiarezza ed immediatezza. Nell’attuale situazione, la grazia e la Rivelazione sono necessarie all’uomo peccatore perché le verità religiose e morali possano essere conosciute ‘da tutti e senza difficoltà,con ferma certezza e senza alcuna mescolanza di errore'(Concilio Vaticano I, Cost.dogm.Dei Filius, c 2: DS 3005; Pio XII, Lett. enc. Humani generis: DS 3876). La legge naturale offre alla Legge rivelata e alla grazia un fondamento preparato da Dio e in piena armonia con l’opera dello Spirito”. (CCC 1960). Perciò, i cattolici dovrebbero essere cauti quando si parla di legge naturale. La storia di CL offre la risorsa per affrontare questa sfida: l’incontro con ogni uomo, affinché si imbatta in una Presenza attraente: questa fa ritrovare all’uomo se stesso, la natura dell’io e la sua esigenza ultima. Gesù ha messo dinanzi all’uomo una presenza umana non ridotta. Solo se l’io viene ridestato, potrà rendersi conto delle stupidaggini che ha in testa, ad esempio il gender. Chi può aiutare all’incontro? La Chiesa. Questa, sola, preserva Cristo dalla nostra capacità riduttiva. Cristo non è venuto a risolvere i problemi, ma a ridestare l’io, per metterlo in grado di affrontarli. Non c’è altra strada che questa testimonianza.
Cambio di strategia? Resta la domanda sul fatto che, dinanzi al crollo delle evidenze lo Spirito suscitò Giovanni Paolo II – Cl e Giussani, gli han fatto, per dir così, da retroterra culturale – il quale sappiamo come ha agito: ha portato instancabilmente un grande annuncio di Cristo al mondo e al contempo ha fatto una lotta senza quartiere ai capricci, spacciati come diritti, in specie sul grande tema della vita. Sembra che ora Cl voglia continuare col primo, scegliendo la strada dell’incontro tout court, ma abbandonare la seconda.
Il Movimento appare un po’ diviso. Il 20 giugno migliaia di ciellini si sono presentati al Family day, esibendo cartelli molto chiari: “Sono di Cl, e sono qui!”. In molti lamentano una distorsione del carisma di Giussani, ad opera di Don Carròn e dell’attuale dirigenza. Certamente qualcosa è avvenuto: sono stati accantonati, per esempio, personaggi come Giancarlo Cesana, Robi Ronza, e molti altri. Peppino Zola, Antonio Socci e diversi altri laici storicamente legati al Movimento, hanno espresso pubblicamente il loro dissenso rispetto alla linea della dirigenza attuale. Quanto a sacerdoti storici del Movimento, Mons. Camisasca, fondatore della Fraternità sacerdotale san Carlo, pur non dicendo mai nulla pubblicamente, si è schierato a favore delle Sentinelle in piedi, di cui invece don Carròn ha, in varie occasioni, condannato l’operato; Mons. Luigi Negri, l’altro vescovo di Cl, ha addirittura parlato di “tradimento”, proprio rispetto a certe scelte della dirigenza; Don Francesco Ventorino, storico dirigente di Cl, morto recentemente, negli ultimi anni della sua vita è stato accantonato senza tanti complimenti… Vede anche lei una rottura forte tra la Cl di Giussani e quella di Carron, o ritiene si tratti di una visione errata?
Il Papa ricevendo in udienza Cl il 7 marzo scorso, ha avanzato critiche a quello che possiamo definire “aspetto carismatico” di un movimento ecclesiale, sottolineando come un carisma non possa essere al centro di un movimento, ma che il centro debba essere Cristo. In verità, Giovanni Paolo II disse il 12 settembre 1985, ai sacerdoti di CL: “Rinnovate continuamente la scoperta del carisma che vi ha affascinati ed esso vi condurrà più potentemente a rendervi servitori di Cristo Signore!”. Mentre Papa Francesco, al congresso mondiale dei movimenti ecclesiali, il 22 novembre dell’anno scorso, aveva detto: “Per raggiungere la maturità ecclesiale,dunque, mantenete – lo ripeto – la freschezza del carisma…”. Entrambe queste affermazioni sembrano contraddire quella di sabato 7 marzo. Qualcuno ha fatto notare che le stesse parole sono state dette da papa Bergoglio ai gesuiti: forse che la crisi di questi ultimi, a motivo della distanza plurisecolare dal carisma di Ignazio, ha portato a perdere la verità dell’incontro con Cristo, avvenuta proprio attraverso il carisma ignaziano? Non credo che possa essere una ragione per metterlo da parte. Non chiamò Ignazio, ‘Compagnia di Gesù’, quella aggregazione di amici che lo avevano seguito? Perché attraverso di lui stavano con Gesù. Non si può opporre la centralità di Cristo al carisma, in quanto sia la prima che il secondo sono effetto del medesimo Spirito Santo. Il Servo di Dio, Don Luigi Giussani, affermava che il carisma è un dono dello Spirito, fatto a una persona in un determinato contesto storico, affinché dia inizio a una esperienza di fede utile alla Chiesa. Attraverso il carisma, il Verbo incarnato raggiunge l’uomo in ogni tempo, e così incontra Cristo. E’ possibile per tutti, così, seguire Gesù. Di qui, l’utilità dei movimenti ecclesiali, se si mantengono nella Cattolica, come diceva Balthasar. Altra cosa è la deformazione o assolutizzazione del carisma. E’ dal pericolo dell’autoreferenzialità che il Papa ha voluto mettere in guardia i fedeli laici e i sacerdoti che appartengono al movimento di CL.
Nel 2011 don Carròn scrisse una famosa lettera in Vaticano, chiedendo di nominare, come nuovo arcivescovo di Milano, mons. Angelo Scola, per dare una scossa alla chiesa ambrosiana, in grave crisi sotto tutti gli aspetti dopo l’epoca dei cardinali Martini e Tettamanzi. Una simile critica dell’operato e delle idee dei due porporati, si può conciliare con l’attuale linea galantiniana? A tal proposito esiste continuità o rottura tra la visione di Camillo Ruini e quella dell’attuale segretario della Cei? Nella scelta di chiamare al Meeting, non Scola o Bagnasco, ma proprio Galantino, si può intravedere il tentativo di dare alla svolta carroniana una maggior evidenza?
Secondo taluni osservatori, Cl è stata da sempre caratterizzata da una certa libertà, che è stata intesa come spregiudicatezza. A mio avviso, ciò era più che necessario, allorché si trattava di indicare – come ho scritto a febbraio sulla Nuova Bussola Quotidiana – il pensiero non cattolico che vorrebbe dominare nella Chiesa. In merito Giussani era sempre in tensione: infatti citava Paolo VI segreto, nei dialoghi con Jean Guitton. Che dire? Il movimento si è sempre caratterizzato per la chiarezza e il coraggio, un gusto più grande della vita, una gioia e una pace che nessuno può darsi da sé, il centuplo promesso da Cristo a chi diventa davvero suo discepolo. Essere come i santi: mai agitati dai marosi dell’ambizione, disprezzando ogni vanità esteriore e contemplando le verità più alte. Tutto ciò, rende estranei al mondo, “senza patria”, induce alla battaglia contro il peccato e le sue strutture che abitano questo mondo. Se Cl non servisse a questa santità, in senso etimologico, di separatezza dal mondo, sarebbe il sale che ha perso il sapore e che viene calpestato dagli uomini. SPERIAMO CHE NON ACCADA.