giovedì 27 agosto 2015

C'è un giudice a Torino...

Torino, il procuratore generale Maddalena: "No alle due madri per un bambino, scelta in contrasto con l'ordine pubblico"

Torino, il procuratore generale Maddalena: "No alle due madri per un bambino, scelta in contrasto con l'ordine pubblico"

Intervista dopo il ricorso della Procura alla Cassazione contro la trascrizione nell'anagrafe torinese di due donne sposate in Spagna e del figlio: "Avere figli è una legittima aspirazione, non un diritto fondamentale. Mi rendo conto di apparire politicamente scorretto ma la Costituzione parla di uomo e donna"


«Il principio per cui la filiazione sia necessariamente discendenza da persone di sesso diverso è un principio fondamentale, e addirittura immanente perché discendente dal diritto naturale». Lo scrive il procuratore generale Marcello Maddalena nel ricorso alla Corte di Cassazione contro il decreto di Corte d’Appello che aveva ammesso l’iscrizione allo stato civile di Torino di due donne, già sposate in Spagna, come madri di un bambino. Maddalena non è d’accordo, anzi ritiene che sia «in contrasto con l’ordine pubblico l’accettazione di soluzioni antitetiche quale quella spagnola che consente un atto di nascita nel quale al minore siano attribuite due madri.
Dottor Maddalena, perché un ricorso così rigido contro la decisione delle due madri di un solo bambino?
«Perchè ritengo che si tratti di un decreto in contrasto col nostro ordinamento, che non lo prevede e che vieta anche la fecondazione eterologa tra persone di sesso diverso. È opportuno che sia la Cassazione a pronunciarsi».
Non è possibile che a nuovi tipi di famiglie possano seguire nuovi tipi di diritto?
«La creazione di nuovi diritti è sempre da considerare con estrema prudenza. Come dimostra anche il fatto che si potrebbe sostenere il diritto del bambino in questione a sapere chi siano stati sua madre e suo padre. Non volendosi addentrare su questo terreno, vale il principio stabilito dalla nostra Costituzione, che prevede che alla base di una famiglia ci siano un uomo e una donna. Al momento, vale questo».
Eppure del diritto ad avere figli si parla comunemente...
«C’è una tendenza a definire “fondamentali” diritti che in realtà sono individuali, o meglio ancora fanno parte delle aspettative e delle speranze che ogni persona ha nella sua vita. Per esempio, più che di diritto alla salute io parlerei di diritto alle cure. Così come non penso debba esistere un diritto alla clandestinità. Avere figli è un’aspirazione, un desiderio umano rispettabilissimo, ma non un diritto fondamentale di qualsiasi coppia, paragonabile al diritto alla vita o a quello a manifestare il proprio pensiero».
L’aspetto giuridico e quello politico si intrecciano da vicino quando si parla di famiglia?
«In un certo senso mi rendo conto che sostenendo questi principi posso rischiare di diventare “politicamente scorretto”. Tuttavia penso che la giurisprudenza vada tenuta distinta. Altrimenti prima o poi ci ritroveremo col diritto fondamentale alla felicità, e chi non si riterrà abbastanza felice farà causa allo Stato chiedendo i danni per i propri dispiaceri».
Resta il fatto che i bambini, e le decisioni che li riguardano, sono sempre un tema delicato. Mentre si discute sulle due madri ci si accapiglia anche su quali coppie abbiano diritto ad allevare il proprio figlio...
«È vero. Esasperando certi concetti verrebbe da pensare che solo famiglie “perfette” e genitori ricchi abbiano diritto a essere tali. Ovviamente, non è così. Ma il rischio esiste, e bisogna tutelarsene».
La Repubblica