sabato 30 maggio 2015

Santissima Trinità 2015 -- Anno B



DOMENICA DOPO PENTECOSTE  
SANTISSIMA TRINITÀ
Anno B - Solennità
Nella Solennità della Santissima Trinità, la liturgia ci propone il Vangelo in cui Gesù risorto appare su un monte ai suoi discepoli e dice:
“Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro a osservare tutto ciò che vi ho comandato”.
Il Vangelo di oggi ci convoca sul monte, con gli undici discepoli, per ricevere dal Signore l’invio alla missione: “Andate e fate discepoli tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro a osservare tutto ciò che vi ho comandato. Ed ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo” (Mt 28,19-20). Ma prima di diventare testimoni per gli altri, è necessario che entriamo noi in contatto vivo, esistenziale con Dio, il Dio che è Padre, Figlio e Spirito Santo. Il Dio che Cristo ci ha rivelato non è un principio filosofico-teologico da credere, non è il Dio perfettissimo che dal suo freddo isolamento comanda precetti da osservare, non è neppure il “dio” di una religiosità messa a nostro servizio per uscire dai nostri fallimenti, dalle nostre incapacità o dalle nostre paure. Dio è un mistero di relazione, di comunione: un’infinita relazione d’amore, di amore vero, di amore che si dona totalmente. Noi siamo stati creati da questo amore e per amore, “siamo stati creati a immagine della comunione divina” (Evangelii Gaudium, 178), per godere di essa già sin d’ora, anticipata soprattutto nella gioia del banchetto fraterno, e poi per divenire commensali del banchetto eterno in cielo, rivestiti delle bianche vesti della grazia nuziale (cf Ap 7,14). Lasciamoci oggi immergere in questo mistero di comunione: lo Spirito Santo, vincolo d’amore tra Padre e Figlio”, unisca anche noi nello stesso vincolo d’amore. (Pasotti)
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 MESSALE
Antifona d'Ingresso
Sia benedetto Dio Padre,
e l'unigenito Figlio di Dio, e lo Spirito Santo:
perché grande è il suo amore per noi.

 
Colletta

O Dio Padre, che hai mandato nel mondo il tuo Figlio, Parola di verità, e lo Spirito santificatore per rivelare agli uomini il mistero della tua vita, f
a' che nella professione della vera fede riconosciamo la gloria della Trinità e adoriamo l'unico Dio in tre persone. Per il nostro Signore...

Oppure:

O Dio altissimo, che nelle acque del Battesimo ci hai fatto tutti figli nel tuo unico Figlio, ascolta il grido dello Spirito che in noi ti chiama Padre, e f
a' che obbedendo al comando del Salvatore, diventiamo annunziatori della salvezza offerta a tutti i popoli. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te...

LITURGIA DELLA PAROLA

Prima Lettura
  Dt 4, 32-34. 39-40
Il Signore è Dio lassù nei cieli e quaggiù sulla terra; e non ve n'è altro.
 

Dal libro del Deuteronòmio 
Mosè parlò al popolo dicendo: «Interroga pure i tempi antichi, che furono prima di te: dal giorno in cui Dio creò l'uomo sulla terra e da un'estremità all'altra dei cieli, vi fu mai cosa grande come questa e si udì mai cosa simile a questa? Che cioè un popolo abbia udito la voce di Dio parlare dal fuoco, come l'hai udita tu, e che rimanesse vivo?
O ha mai tentato un dio di andare a scegliersi una nazione in mezzo a un'altra con prove, segni, prodigi e battaglie, con mano potente e braccio teso e grandi terrori, come fece per voi il Signore, vostro Dio, in Egitto, sotto i tuoi occhi?
Sappi dunque oggi e medita bene nel tuo cuore che il Signore è Dio lassù nei cieli e quaggiù sulla terra: non ve n'è altro.
Osserva dunque le sue leggi e i suoi comandi che oggi ti do, perché sia felice tu e i tuoi figli dopo di te e perché tu resti a lungo nel paese che il Signore, tuo Dio, ti dà per sempre».
 

Salmo Responsoriale
  Dal Salmo 32
Beato il popolo scelto dal Signore.

Retta è la parola del Signore
e fedele ogni sua opera.
Egli ama la giustizia e il diritto;
dell'amore del Signore è piena la terra.

Dalla parola del Signore furono fatti i cieli,
dal soffio della sua bocca ogni loro schiera.
Perché egli parlò e tutto fu creato,
comandò e tutto fu compiuto.

Ecco, l'occhio del Signore è su chi lo teme,
su chi spera nel suo amore,
per liberarlo dalla morte
e nutrirlo in tempo di fame.

L'anima nostra attende il Signore:
egli è nostro aiuto e nostro scudo.
Su di noi sia il tuo amore, Signore,
come da te noi speriamo.


Seconda Lettura
  Rm 8, 14-17
Avete ricevuto lo Spirito che rende figli adottivi, per mezzo del quale gridiamo: 
«Abbà! Padre!».
 

Dalla let
tera di san Paolo apostolo ai Romani

Fratelli, tutti quelli che sono guidati dallo Spirito di Dio, questi sono figli di Dio. E voi non avete ricevuto uno spirito da schiavi per ricadere nella paura, ma avete ricevuto lo Spirito che rende figli adottivi, per mezzo del quale gridiamo: «Abbà! Padre!».
Lo Spirito stesso, insieme al nostro spirito, attesta che siamo figli di Dio. E se siamo figli, siamo anche eredi: eredi di Dio, coeredi di Cristo, se davvero prendiamo parte alle sue sofferenze per partecipare anche alla sua gloria.
 

Canto al Vangelo
  Cf Ap 1,8
Alleluia, alleluia.

Gloria al Padre, al Figlio, allo Spirito Santo:
a Dio che è, che era e che viene.

Alleluia.

 
    
Vangelo 
 Mt 28, 16-20
Battezzate tutti popoli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo.
 

Dal vangelo secondo Matteo
In quel tempo, gli undici discepoli andarono in Galilea, sul monte che Gesù aveva loro indicato.
Quando lo videro, si prostrarono. Essi però dubitarono.
Gesù si avvicinò e disse loro: «A me è stato dato ogni potere in cielo e sulla terra. Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro a osservare tutto ciò che vi ho comandato. Ed ecco, io so­no con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo»
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“Immersi” nell’amore del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo

Commento al Vangelo della Santissima Trinità 2015 -- Anno B


Per celebrare la Santissima Trinità la Chiesa ci “fa discepoli” dicendoci: “Interroga pure i tempi antichi, che furono prima di te”, apri cioè i libri di storia e chiedi alle vicende che in esse vi sono descritte se “vi fu mai cosa grande come questa”. Chiedi in giro se oggi, nel mondo, si è udita una “cosa simile a questa”.
Anche in occasione di questa Solennità, infatti, la Chiesa, non spiega teoricamente un dogma, ma annuncia un fatto concreto, visibile, sperimentabile: Dio esiste, ed è “Padre, Figlio e Spirito Santo”. E’ questa la cosa inaudita, che non leggerai su nessun giornale e non sentirai in nessun telegiornale.
E perché, invece, la Chiesa lo può annunciare “andando e ammaestrando tutte le nazioni”? Perché è testimone che “Dio è venuto a scegliersi una nazione in mezzo alle altre con prove, segni, prodigi e battaglie, con mano potente e braccio teso e grandi terrori”.
La Chiesa ha cioè sperimentato che Dio ha scelto un pugno di uomini tra i più poveri e deboli, un resto di “schiavi” per liberarli dalle catene del demonio che soggioga tutte le nazioni della terra, e farne dei “figli di Dio” riuniti in una nazione santa.
Questi suoi figli hanno visto “sotto i loro occhi” il “potere” che veniva dal “Cielo”, ovvero più forte della morte, che il Padre ha dato al suo Figlio “sulla terra”; hanno “udito la voce di Dio parlare dal fuoco” e sono “rimasti vivi”, sperimentando cioè l’ardere dello Spirito Santo bruciare ogni peccato, e scrivere nel loro cuore “le Leggi e i comandi” che nessun uomo con le sue forze è in grado di compiere.
Celebrando la Santissima Trinità dunque, la Chiesa narra e canta i memoriali dell’amore di Dio, professando con gratitudine e coraggio la sua fede. Non a caso, infatti, il Credo che recitiamo dopo la proclamazione della Parola di Dio e prima della liturgia eucaristica segue una divisione Trinitaria.
E’ questo credo che unisce la Parola predicata, ascoltata e accolta al suo compimento sull’altare. E’ la fede della Chiesa che ci fa passare dalla Parola del Padre alla sua Incarnazione nel Figlio sino al compimento del suo Mistero Pasquale nello Spirito Santo che trasforma, come le specie eucaristiche, la nostra vita.
Noi crediamo nel Padre, nel Figlio e nello Spirito Santo perché siamo stati “battezzati” in loro, “immersi” cioè nell’amore del Padre che non ci ha mai giudicati ma ha provveduto con pazienza e fedeltà alla nostra vita; nell’amore del Figlio che si è fatto uomo come noi per entrare nella morte che, impaurendoci, ci ha tenuti schiavi, e risorgere insieme a noi da tutte le situazioni di peccato che ci impedivano di amare; nell’amore dello Spirito Santo che ci è stato donato e ha fatto di noi i “figli adottivi di Dio per mezzo del quale gridiamo a Dio “Abbà, Padre!”.
Per questo, dopo aver celebrato il Tempo Pasquale, compimento della missione di Gesù che ci ha salvati, siamo chiamati oggi ad “andare” anche noi “in Galilea, sul Monte che Gesù ha fissato” alla sua Chiesa, quello dove aveva annunciato le Beatitudini e profetizzato l’uomo nuovo che vive “guidato dallo Spirito Santo” secondo le parole del Discorso detto appunto della Montagna. Siamo cioè chiamati ad accogliere in noi il suo compimento per uscire in missione e testimoniarlo al mondo.
E’ vero che alcuni di noi stanno ancora “dubitando”… E’ davvero impossibile per l’uomo che guarda a se stesso “partecipare alle sofferenze di Cristo per partecipare alla sua gloria”.
Insomma, questo blocco granitico di orgoglio e superbia, questo pallone gonfiato dall’ipocrisia che sono io può davvero “ereditare” da Dio la stessa vita eterna che ha “ereditato” Cristo?
Si fratelli, tu ed io, così come siamo oggi possiamo diventare “figli di Dio”. O pensate che tra gli “undici discepoli” Gesù abbia scartato per inidoneità quelli che “dubitavano”? Certo che non li ha scartati, Lui conosce tutti quelli che ha “scelto”. Non a caso quella mattina erano “undici”: Giuda, infatti, chiuso nella superbia che gli aveva impedito di abbandonarsi alla misericordia di Dio, si era autoescluso uccidendosi.
Ed è stato un segno profetico: per salire sul Monte e obbedire a Gesù dobbiamo dare morte al nostro uomo vecchio che dispera della salvezza e non crede al perdono e alla possibilità di cambiare vita nelle acque di misericordia che ci attendono nel grembo della Chiesa.
Esso è il segno del cuore di Dio dove possiamo conoscere l’amore trinitario e credere in Essa, per “sapere oggi e conservare bene nel nostro cuore che il Signore è Dio lassù nei cieli e quaggiù sulla terra, e che non ve n’è altro”.
Non c’è altro luogo dove imparare a credere al Mistero della Trinità che la comunità cristiana. In essa Gesù “si avvicina” con la Parola, i sacramenti e la carne dei fratelli, per essere “con noi tutti i giorni, fino alla fine del mondo”: ciò significa che potremo sperimentare “il potere che gli è stato dato in Cielo” dove è entrato vittorioso sulla morte” in ogni circostanza che vivremo “in terra”.
Per “andare e ammaestrare tutte le nazioni” occorre, infatti, avere l’esperienza di essere “usciti dall’Egitto”, perché è lì che Dio viene “tutti i giorni” a “scegliere” ciascuno di noi.
Coraggio allora, perché siamo stati scelti per rivelare alle nazioni l’amore della Trinità, la possibilità offerta da Dio ad ogni uomo di essere “battezzato nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo” perché tutti, nessuno escluso, consegnino al loro amore i propri peccati e rinascere senza paura come figli di Dio!
Ma per “ammaestrare” le nazioni abbiamo bisogno di ascoltare noi per primi il Maestro che insegna “tutti i giorni” nella Chiesa; e in essa sperimentare i “prodigi” che il Padre compie in noi per entrare con il Figlio nelle “battaglie” contro il demonio, il mondo e la carne e lasciarci guidare dal “braccio teso” e dalla “mano potente” dello Spirito Santo per discernere, in tutto, “i comandi e le leggi” che siamo chiamati ad osservare.
Solo così saremo “felici noi e i nostri figli dopo di noi, restando a lungo nella terra” che è la comunità cristiana, dove gustare le primizia della vita che “il Signore nostro Dio ci darà per sempre”. Fratelli, il mondo che per essere felice si sta degradando nelle caricature più turpi e tragiche dell’amore che feriscono tanti figli innocenti di matrimoni improbibili, sarà “ammaestrato” solo se vedrà realizzarsi in noi la “felicità” di una vita piena nell’amore autentico, cioè libero e gratuito, trasmessa anche ai nostri figli. 

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SS. Trinità di Rublev


Quel Dio in tre persone fondamento della realtà
di Angelo Busetto

Pur se lo diceva Kant, si tratta di un’affermazione sbagliata: “Dal dogma della Trinità, preso alla lettera, non si potrebbe assolutamente ricavare nulla per la prassi, anche nel caso in cui si credesse di capire… Che dobbiamo onorare tre o dieci persone della divinità, non si può trarre da questa differenza, alcuna regola diversa per la condotta della vita”.

L’onda lunga del grande protagonista dell’illuminismo ha percorso i secoli travolgendo l’arida formula del catechismo che proclamava ‘un solo Dio, essere perfettissimo’. A Kant avrebbe potuto rispondere già Origene, il più grande erudito dei primi secoli cristiani: “La formula battesimale trinitaria è la triplice fune che non si spezza, alla quale è sospesa tutta la Chiesa, che in essa ha il suo sostegno”.

Per grazia, continuiamo a credere in un solo Dio in tre persone, fondamento della realtà e principio di ogni persona e dell’intera società. Sarà significativo ricordare che nei secoli delle controversie trinitarie, imperatori e capi ‘cristianizzati’ appoggiavano l’arianesimo. Perché? L’arianesimo, eliminando la divinità di Gesù Figlio di Dio e abolendo la struttura trinitaria, faceva del Dio solitario il patron del potere assoluto.     
Dalla Trinità trae origine la struttura della persona, costituita di intelligenza e amore perché creata ‘a immagine e somiglianza’ del Dio trinitario, come ricorda Sant’Agostino. La Trinità è il fondamento di ogni relazione esistente al mondo. L’unico Dio non è un sasso, ma una catena montuosa di conoscenza e amore: il Padre trova la propria immagine nel Figlio Unigenito e lo ama nel flusso infinito dello Spirito Santo. San Giovanni Damasceno immagina le relazioni delle tre persone divine come una danza di amore, quasi al modo dei danzatori di Matisse; un circolo fantastico di persone che ‘danzano in cerchio’, trattenendosi nel vincolo della conoscenza e dell’amore; talmente unite da costituire un Dio solo; talmente diverse da proiettarsi l’una verso l’altra in un vortice di conoscenza e di amore.

Tutta la realtà creata sgorga dalla sovrabbondanza divina, come libero dono del ‘Signore che dà la vita’. L’intero universo è intrecciato di relazioni che si svolgono a vari piani, da quello chimico-fisico a quello umano e spirituale; dal turbinio della vita dell’atomo all’espansione indefinita delle galassie. Assai più nella fioritura della persona e del suo destino, nella comunione interpersonale che ci immerge nel mare dell’amore e della sapienza divina: amicizia e amore,  famiglia e comunità, in un cerchio che si dilata senza confine.

E’ la grande opera del Figlio di Dio che si fa uomo portando a compimento la ‘immagine divina’ per la singola persona e l’intera umanità. Lo smarrimento della ‘fede trinitaria’ non immiserisce soltanto la nostra conoscenza di Dio, ma inaridisce la conoscenza dell’uomo e appiattisce lo slancio della vita in formule di uguaglianza che spengono ogni originalità. Il respiro trinitario allarga il panorama della conoscenza e dell’amore, accoglie e valorizza la differenza nel circolo dell’unità, apre alla primavera di una vita ‘che sempre sgorga e sempre rifluisce’.

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L’ospitalità e la Trinità

Una meditazione sull’epifania di Mamre
di Robert Cheaib

L’ospitalità è un esercizio sublime dell’amore, che è compimento della legge (cf. Rm 13,10), ed è uno specchio dell’essenza stessa di Dio che è amore (cf. 1Gv 4,8). Nell’esercizio dell’amore ospitale, noi dimoriamo in Dio e Dio dimora in noi (cf. 1Gv 4,16). Per questo «nella virtù di carità la vita dell’uomo in qualche modo si identifica di fatto alla vita divina e l’uomo stesso diviene simile a Dio… Abramo vede Dio, perché è simile a Lui. È precisamente il suo amore puro e generoso per gli uomini che gli fa riconoscere sotto il loro aspetto, il suo Dio».
L’ospitalità dell’amore fa parte della realtà stessa di Dio. «Dio è in sé e per se stesso: ospite e antagonista, padre e figlio, spazio di avversità e di ospitalità». La differenza nel Dio Tri-uno non conduce all’in-differenza, ma alla circumincessio e alla “danza”; non conduce all’ostilità ma all’ospitalità. L’Altro non suscita in Dio allergia, ma piuttosto allegria, diventa l’allegria stessa: «Questi è il Figlio mio, l’amato: in lui ho posto il mio compiacimento» (Mt 3,17). In Dio, l’alterità non è semplicemente tollerata, ma è generata (il Figlio); l’altro non incupisce l’orizzonte, ma lo costituisce, diventa il Soffio e il respiro della relazione d’amore (lo Spirito Santo).
L’ospitalità manifesta la Trinità, ma la Tradizione cristiana antica ha voluto andare ancora oltre parlando di epifania trinitaria nell’ospitalità di Abramo a Mamre (cf. Gen 18). Lo stesso Ambrogio commenta l’inizio del racconto così: «E volgendo lo sguardo – è detto – vide, ed ecco tre uomini stavano in piedi davanti a lui. E, appena li vide, corse loro incontro. Osserva in primo luogo il mistero della fede: gli apparve Dio ed egli vide tre persone. Colui al quale Dio si manifesta vede la Trinità (cuius Deus refulget Trinitatem videt): non accoglie il Padre senza il Figlio né professa il Figlio senza lo Spirito Santo». In un altro testo il santo di Milano scrive: «Abramo vide la Trinità sotto figura…accorgendosi di tre persone e adorandone una sola. Vede tre, ma venera l’unità».
L’ospitalità è una categoria che riassume l’esperienza religiosa, quella cristiana in particolare. Ha inizio con l’accoglienza dell’anelito di Dio che c’è in noi, il “cuore inquieto” che richiama l’Amato. Prosegue con tutta l’esperienza di ospitalità reciproca tra l’uomo e Dio attestato nella Scrittura, culminando, infine, nell’accoglienza del Dio-Ospite-Ostia.
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Il presente articolo è estratto dal libro Alla presenza di Dio. Per una spiritualità incarnata, Il pozzo di Giacobbe, Trapani 2015.