martedì 28 aprile 2015

Una questione morale




Incontro alla Casina Pio IV sui cambiamenti climatici e salvaguardia del pianeta.
Sono soprattutto i poveri a pagare il prezzo dei cambiamenti climatici. Intervenire sulle cause di questo fenomeno rappresenta perciò un dovere “morale” — oltre che un’urgenza sociale ed economica — al quale nessuno deve sottrarsi. È questo in sintesi il messaggio emerso dal seminario «Proteggere la terra, nobilitare l’umanità. Le dimensioni morali dei cambiamenti climatici e dell’umanità sostenibile», svoltosi su iniziativa della Pontificia Accademia delle scienze sociali martedì 28 aprile, nella Casina Pio iv.
Al convegno ha partecipato il segretario generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-moon. Con lui Papa Francesco ha avuto un incontro privato nella sede della Pontificia Accademia, prima che avessero inizio i lavori. Il colloquio è durato circa mezz’ora. Successivamente Ban Ki-moon, in una conferenza stampa, ha spiegato di aver parlato col Pontefice, tra l’altro, della prossima enciclica sul tema dell’ecologia. Il segretario generale delle Nazioni Unite ha avuto anche un colloquio riservato con Sergio Mattarella, presidente della Repubblica italiana, presente al simposio.
Dopo il saluto iniziale del vescovo Marcelo Sánchez Sorondo, cancelliere della Pontificia Accademia delle scienze, Ban Ki-moon ha espresso il suo plauso ai leader religiosi che con la loro iniziativa hanno fatto crescere la consapevolezza del bisogno urgente di favorire uno sviluppo sostenibile e di sensibilizzare l’opinione pubblica sui cambiamenti climatici. Il segretario generale dell’Onu ha detto che occorre mitigare gli effetti dei cambiamenti climatici e adattarsi alle loro conseguenze. Una necessità legata al dovere di sradicare la povertà estrema e ridurre le disuguaglianze per assicurare uno sviluppo equo e sostenibile.
Per questo, ha aggiunto, i cambiamenti climatici sono la questione essenziale del nostro tempo. Essi sono intrinsecamente legati alla salute pubblica, al cibo, all’acqua, alle migrazioni, alla pace e alla sicurezza. È una questione morale, ha detto, che implica la giustizia sociale, i diritti umani e l’etica fondamentale. Ban Ki-moon ha espresso preoccupazione per le nuove generazioni, il cui futuro è minacciato se il mondo non assume subito le proprie responsabilità su questo problema. Perciò è così importante, ha sottolineato, che scienza e religione siano in armonia e non in disaccordo sui cambiamenti climatici.
Il segretario generale ha ricordato che non bisogna perdere tempo perché i cambiamenti climatici stanno avvenendo sempre più repentinamente e gli essere umani ne sono la causa principale. La risposta, ha aggiunto, deve essere globale e integrale, perché gli effetti di questi cambiamenti riguardano tutti, anche se non in modo uguale. Infatti, ha spiegato, quelli che ne soffrono principalmente sono coloro ai quali meno si può imputarne le cause: i poveri e i più vulnerabili della società. I Paesi poveri non hanno infatti i mezzi e le risorse per mitigare e adattarsi agli effetti di questi cambiamenti.
Anche il cardinale Peter Kodwo Appiah Turkson, presidente del Pontificio Consiglio della giustizia e della pace, è intervenuto ai lavori rimarcando che la Chiesa «non è esperta di scienza, tecnologia o economia»; piuttosto, è «esperta in umanità, ossia della vera vocazione della persona ad agire con giustizia e carità». Per questa ragione, essa legge i segni dei tempi nei momenti chiave della storia.
Tra il XIX e il XX secolo, la Chiesa espresse «profonda preoccupazione per le ingiustizie che nascevano dall’industrializzazione, con il grande divario che si creava tra i pochi privilegiati e le masse in difficoltà». Nella seconda metà dello scorso secolo ha rivolto la sua attenzione «alla difficile sfida dello sviluppo globale e alla grave minaccia presentata dall’accumulazione delle armi nucleari durante la guerra fredda». E ora, ha aggiunto, deve «pronunciarsi con forza sulla grande sfida dei nostri tempi, quella dello sviluppo sostenibile».
Il cardinale ha poi ricordato che a settembre Papa Francesco parlerà alle Nazioni Unite sugli obiettivi dello sviluppo sostenibile. Cinquant’anni prima il beato Paolo VIha ricordato, aveva parlato alla stessa assemblea generale. «I problemi erano diversi — ha detto — tuttavia l’orientamento della Chiesa è simile». In quell’occasione, Papa Montini fece appello «alla coscienza morale dell’uomo». Memore di quell’invito, il porporato ha chiesto di adottare «le virtù fondamentali della custodia e della solidarietà. Senza custodia, la terra sarà sempre meno abitabile. Senza solidarietà, l’avidità creerà sempre più confusione». Al contrario, con la custodia e la solidarietà «siamo certi di generare una maggiore sostenibilità e una maggiore sicurezza». Per arrivare a questo, ha concluso, «abbiamo bisogno di quella stessa conversione, quella stessa trasformazione personale, quello stesso rinnovamento del quale il beato Paolo VI ha parlato mezzo secolo fa e che Papa Francesco incoraggia con tanta insistenza».
Tra i presenti, i cardinali Re, Martino, Onaiyekan, gli arcivescovi Becciu, sostituto della Segreteria di Stato, e Gallagher, segretario per i rapporti con gli Stati, il presidente ecuadoriano, e i presidenti delle Pontificie Accademie delle scienze e delle scienze sociali, Werner Aber e Margaret Archer.
L'Osservatore Romano

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Mons. Sorondo: conclusa l'Enciclica del Papa sull'ambiente

Il cancelliere dell’Accademia Pontificia, mons. Marcelo Sanchez Sorondo, parla della l’ultimazione dell’Enciclica di Papa Francesco dedicata ai temi ambientali e la sua prossima uscita – tra fine maggio, inizio giugno – non appena terminato il lavoro di traduzione nelle altre lingue:
R. – Il Papa ha detto questa mattina che l’Enciclica è pronta, che si stanno facendo le traduzioni e che probabilmente si avrà alla fine di maggio o al principio di giugno.
D. – Ban Ki-moon, il segretario generale dell’Onu, ha espresso gratitudine per questo…
R. – E’ molto contento naturalmente. Anche questo Meeting, infatti, avviene per appoggiare l’Enciclica, dando argomenti specificamente scientifici che naturalmente l’Enciclica non potrà dare perché ha uno stile pastorale. Quindi, ci sono due aspetti: uno è quello che viene dalla Bibbia, per cui l’uomo è il custode, nel senso che deve sviluppare la creazione in un modo sostenibile, come diciamo oggi. Lo diceva già Paolo VI nella “Populorum Progressio”. Questo significa inclusione sociale, significa naturalmente un’agricoltura che risponda ai bisogni reali della alimentazione della gente e significa tante altre cose. Quindi, da un parte c’è che l’uomo è custode della Creazione in un modo sostenibile e, dall’altra, che la situazione – non dico della Creazione, perché noi non possiamo intervenire – per quanto riguarda la Terra, la situazione della Terra, è descritta principalmente dalle scienze naturali e dalle scienze sociali. Quindi, noi pensiamo che l’Enciclica toccherà questi due temi.
D. – Come ha detto Ban Ki-moon, scienza e religione sono più che alleate…
R. – Sì, naturalmente, come ha detto Ban Ki-moon, ma come è nello stile di tutti i Papi che mettono sempre in quasi tutte le Encicliche fede e ragione, perché se non c’è la ragione non si può ragionare. La fede è organizzata in concetti e quindi, dall’inizio, fede e ragione vanno insieme. In questo caso, forse, c’è più ragione scientifica che non ragione filosofica, ma c’è ragione. Radio Vaticana