giovedì 23 aprile 2015

Truffe di mercato...



Non era né bellissimo né laureato, ma solo schizofrenico. Il donatore di sperma 9623 ora ha oltre 30 figli 

di Leone Grotti
Laureato in neuroscienze, con un master in intelligenza artificiale, un dottorato in neuroscienze ingegneristiche, 160 di quoziente intellettivo, «maturo», bellissimo e con una «storia clinica impressionante» per quanto riguarda la salute. Così una banca del seme americana ha presentato il donatore 9623 alla coppia lesbica Angela Collins e Margaret Elizabeth Hanson.
L’ACQUISTO E LA SCOPERTA. Angela e Margaret, soddisfatte all’idea di quale figlio sarebbe potuto risultare dalla combinazione del codice genetico di un simile “donatore” con quello di una di loro, sette anni fa hanno comprato quello sperma e un figlio è stato concepito attraverso la fecondazione eterologa. A giugno, sistemando delle carte, le due donne si sono rese conto che in una email della banca del seme venivano indicati per errore anche nome e cognome del donatore (che dovrebbe restare anonimo). Incuriosite, hanno fatto qualche ricerca sul padre e hanno scoperto che l’uomo di cui hanno comprato il seme non ha alcuna laurea, è schizofrenico, è stato arrestato in passato per una piccola rapina e non è neanche bellissimo. La sua foto era stata photoshoppata.
30 VOLTE PADRE. Ecco perché le due donne, che vivono in Canada, hanno fatto causa lo scorso 31 marzo alla Xytex Corp. L’uomo di cui si lamentano sarebbe tra l’altro già felicemente padre di oltre 30 figli. Un numero legale, visto che lo sperma può essere usato fino a un massimo di 60 richiedenti. Nessuno dei protagonisti di questa vicenda, raccontata dall’Associated Press, ha voluto finora rilasciare commenti.
Negli Stati Uniti i donatori di sperma sono obbligati per legge a passare test che dimostrino l’assenza di malattie infettive. Come fatto notare da un comunicato della Xytex in risposta alla coppia, «è il donatore che poi invia una sua fotografia e fornisce copie di di lauree e quant’altro. Noi avvisiamo i nostri clienti che questi dati non vengono verificati da Xytex», un gigante nel campo delle banche del seme. La coppia invece, attraverso il suo avvocato, lamenta la mancata chiarezza dell’azienda su questo punto: «Non ci hanno detto: “Questo è quello che lui dice di essere” ma “questo è quello che lui è”».
TROPPE INFORMAZIONI. Angela e Margaret pensavano forse che anche Xytex, come altre aziende che gestiscono banche del seme dicono di fare, chiedessero ai donatori una storia clinica che risale fino a tre generazioni addietro. Ma, come fanno notare due studiosi americani esperti in materia citati dall’Ap, «non c’è un esame del sangue per malattie mentali» come la schizofrenia. Inoltre, proseguono, anche se ci fossero, a che cosa servirebbero? «Le informazioni fornite ai clienti sono in ogni caso molte di più di quelle che ogni persona media dispone sul proprio partner prima di fare un figlio con lui. Quante persone conoscono la storia clinica della famiglia della propria sposa fino a tre generazioni?».
LE REGOLE DEL MERCATO. Il figlio di Angela, Margaret e il donatore 9623 ora ha sette anni e dovrà essere «monitorato costantemente» per verificare che non diventi schizofrenico a sua volta. E questo ha un costo. Le due donne vogliono essere risarcite e poi pretendono «regole» migliori. Ma quando si compra qualcosa e si firma un contratto, sia l’oggetto della compravendita un mobile, un po’ di sperma o un bambino, si rischia sempre di essere ingannati. Neanche un eventuale test genetico avrebbe potuto smascherare il donatore 9623, che non ha lauree, né un quoziente intellettivo alto ma è un malato mentale. Al mercato si rischia sempre di essere truffati.


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Ma allora perchè ci avete invitati?

Invitati dal Comune di Ferrara, Silvia Vayra, Carlotta Moro e Filippo Irone hanno partecipato a una serie di incontri promossi dall’assessorato alle Pari Opportunità sul tema “Nuovi diritti nuove famiglie”. Questa è la lettera che ci hanno inviato per raccontarci cosa è successo.
Caro direttore, siamo stati invitati agli “incontri partecipati” promossi dal Comune di Ferrara (Assessorato alla Pubblica Istruzione, Formazione, Pari Opportunità) sul tema: “Nuovi diritti nuove famiglie, incontri partecipativi di discussione e raccolta proposte su convivenze, affetti, differenze discriminazioni” (ben 6 incontri). L’intenzione che ci è stata manifestata era quella di recepire osservazioni e proposte del mondo cattolico su questi temi, in una logica di confronto e dialogo. Abbiamo aderito con entusiasmo alla proposta. All’apertura il Sindaco ha introdotto i lavori sottolineando lo scopo e il metodo degli incontri: a tema ci dovevano essere i problemi vissuti dalle famiglie nel vivere quotidiano, seguendo un metodo operativo così dettagliato: «La Giunta ha deciso di non procedere con forza imponendo autoritariamente delle decisioni, ma in un dialogo aperto con le famiglie che possono esprimere le ragioni all’interno della vita sociale… mettendo a confronto tutta una serie di dati che entrano dentro il problema cercando di scoprire le ragioni profonde  delle diverse posizioni che su questo tema si confrontano… Prima di tutto è una esperienza di confronto. Fare un percorso di valorizzazione dell’esperienza che giri intorno alla maternità e alla paternità in maniera significativa».
Si sono aperte le danze, ed è emerso subito tutto il desiderio di dialogare e di esprimere le proprie ragioni. Ma che sorpresa quando il giorno prima del secondo incontro arriva il “report” che – nelle note metodologiche redatte dalla “facilitatrice” – precisa lo scopo del percorso: unicamente quello di riempire di contenuto il registro delle unioni civili, con riconoscimento di tutele a favore delle copie omosessuali. Gli interventi che non vanno nella direzione di tali obiettivi non saranno ritenuti  pertinenti; non verranno inseriti nel documento finale inviato alla Giunta Comunale.
Anziché valorizzare tutti gli interventi e le posizioni, veniamo discriminati all’origine decidendo quali interventi siano pertinenti e quali no: se non condividi l’obiettivo già stabilito all’inizio dei lavori sei cancellato! Ma allora perché ci avete invitati?
L’unica cosa positiva, che l’istituzione non ha potuto eliminare, è stata l’emergere in molti dei partecipanti del desiderio di dialogare, di esprimere ragioni che partivano dalla comune esigenza di verità, di bene, di giustizia, che superava infinitamente il tentativo ideologico di incastrare la discussione dentro la scatola preconfezionata.
Non vogliamo essere trattati da burattini ma da persone, e per questo non ci servono incontri dove la nostra personalità e la nostra identità vengono censurate e represse, bensì luoghi in cui ci sentiamo provocati a riscoprire la nostra vocazione a vivere da uomini e donne impegnati con noi stessi e con la realtà. Questo per noi è il ruolo autentico che le Istituzioni devono garantire ai cittadini, certi che la comune radice umana potrà essere l’unico “facilitatore del dialogo”, e solo partendo da essa potrà nascere un’amicizia che supera le differenze, e aiuta a vivere da protagonisti la costruzione del bene comune.
Silvia Vayra
Carlotta Moro
Filippo Irone

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