mercoledì 29 aprile 2015

Cristianesimo ed ebraismo. Per aprirsi a prospettive possibili





(Cristiana Dobner) Eugene Korn — ebreo ortodosso americano che ha studiato filosofia alla Columbia University, conseguendo la laurea rabbinica alla Yeshiva University di New York — è un’autorità nel campo del dialogo ebraico-cristiano e ha partecipato anche al recente convegno di Salerno promosso dalla Cei. Nel suo intervento, ha sottolineato che «è giunto forse il momento di ripensare il cristianesimo e la teologia cristiana in fatto di ebrei ed ebraismo. A partire da Nostra aetate. Forse davvero possiamo non essere più nemici e porre fine alla guerra ontologica che nella Torah oppose Yaakov e Esaù, simbolicamente ebrei e cristiani». 
Il libro Ripensare il cristianesimo. Punti di vista rabbinici e prospettive possibili (Bologna, Edizioni dehoniane, 2014, pagine 115, euro 11) parte dalla rivoluzione creata dal Vaticano II e si presenta come il fondamento documentato e a lungo riflesso del pensiero del maestro d’Israele, «il primo sinora apparso in lingua italiana — scrive nell’introduzione Giuseppe Laras — totalmente inedito ai più per le questioni affrontate. Si va così a colmare finalmente un’importante e grave lacuna, tanto religiosa quanto culturale».
Con acribia e compiutezza il cristianesimo nel suo sorgere, svilupparsi e propagarsi, viene considerato a tutto tondo, senza elusioni, con toni in cui è assente timore, rivendicazione o qualsiasi altro sentire negativo, mentre è presente un’oggettività fattuale e relazionale.
Nell’ottica ebraica tre differenti capitoli, di pari rigore scientifico, costituiscono l’ossatura del saggio: «La normativa religiosa ebraica e il cristianesimo»; «Cristianesimo ed ebraismo oggi»; «Una nuova teologia e un diverso futuro?». 
Gli interrogativi scandiscono il dettato e il fluire delle idee, delle riflessioni, e impegnano a darsi una risposta personale all’interno della propria fede riflessa e dei legami fra Israele e cristianesimo, con un compito scolpito da Laras: «Il riportare la Bibbia a fondamento della cultura e della vita pratica è un possibile impegno religioso, dalla fecondità straordinaria, condivisibile tra ebrei e cristiani: un impegno in cui si avverte l’urgenza impellente e drammatica in questi anni di crisi, di confusione e di mediocrità». Problemi teologici e realtà storiche si intrecciano in queste pagine con una prassi che, insieme, si deve creare, intessuta di ascolto, amicizia e fraternità: la testimonianza profetica di Carlo Maria Martini ritorna così ad affacciarsi in questa intensa ricerca di unità. 
Monsignor Nunzio Galantino, segretario generale della Cei, durante il convegno di Salerno, aveva sottolineato che «dire “concordemente uniti” è una sfida, un’attesa: perché per troppo tempo siamo vissuti, noi cristiani con gli ebrei, da separati in casa, con l’ombra del sospetto e dell’antisemitismo. Per dialogare ci vuole coraggio e disponibilità interiore, per questo dobbiamo mettere sul tavolo i nostri dubbi». Di conseguenza, ogni comunità e ogni cristiano che presti ascolto al dialogo ebraico-cristiano dovrebbe conoscere e meditare, “ripensare” — proprio come recita il titolo del libretto — questa realtà per schiudersi a nuove idee e prospettive.
Korn non propone un messaggio ingenuo, ma una richiesta esigente. «Esistono reali, significative differenze tra ebraismo e cristianesimo, eppure entrambe le fedi richiedono di credere nella speranza della ricapitolazione messianica della storia, obbligando gli ebrei e i cristiani a confidare nel definitivo progresso morale dell’umanità. Ognuna di queste due religioni insegna ai propri rispettivi fedeli che essi sono investiti del comune impegno di origine divina di rendere il mondo un luogo migliore; che ogni persona possiede un valore sacro, poiché ciascuna è creata a immagine di Dio; che i valori morali sono reali; che esiste un centro spirituale dell’universo; che ogni vita umana è dotata di significato».
Alla luce e con la certezza della Parola dell’Altissimo donata al profeta Michea: «Tutti gli altri popoli camminino pure ognuno nel nome del suo dio, noi cammineremo nel nome del Signore, nostro Dio, in eterno e per sempre».
L'Osservatore Romano