giovedì 26 marzo 2015

Stiamo scherzando col fuoco.


I cattolici aprano la crisi di governo!!!!!!!!!!!!
***Unioni civili, un testo che divide
(anche il Partito democratico)
di Angelo PicarielloLa Commissione Giustizia del Senato ha dato il via libera al testo base sulle unioni civiliil cosiddetto testo Cirinnà. Ignorate, almeno per il momento, non solo la netta contrarietà espressa nella maggioranza di governo dal gruppo di Area Popolare e dall'associazionismo familiare nel corso delle audizioni, ma anche le forti perplessità che rimangono nello stesso gruppo senatoriale del Pd. Il partito di maggioranza relativa, anzi, non ha esitato a fare leva sulla convergenza venuta da settori della minoranza, soprattutto dal gruppo M5S, che di fatto introduce una maggioranza anomala a sostegno del progetto, ora atteso al vaglio dell'aula.

La parificazione anche terminologica al matrimonio traspare in tutto il testoche – pur escludendo la possibilità di adozione – consente la cosiddetta «stepchild adoption», ossia l'adozione del bambino che vive in una coppia formata da persone dello stesso sesso ma che è figlio biologico di uno solo dei due.

Nel Pd conferma le sue obiezioni il vicecapogruppo Stefano Lepri, a nome di un gruppo formato da senatori intenzionati a migliorare il testo in aula con specifici emendamenti. «Non è condivisibile la chiara volontà di rimandare sempre alle leggi che disciplinano il matrimonio», sottolinea Lepri. 

Ma è soprattutto il comma 3 dell'articolo 3 a finire sotto la lente. Al termine di un elenco interminabile di articoli citati che configurano di fatto la (quasi) piena equiparazione al matrimonio, sopraggiunge una previsione che più chiara non poteva essere: «Fatte salve le disposizioni del Codice civile che non sono richiamate espressamente nella presente legge e fatta salva la disposizione di cui all'articolo 6 della legge 4 maggio 1983, numero 184 (ossia la legge sulle adozioni, la cui applicazione viene esclusa, ndr) le disposizioni contenenti le parole "coniuge", "coniugi", "marito" e "moglie", ovunque ricorrano nelle leggi, nei decreti e nei regolamenti, si applicano anche alla parte della unione civile tra persone dello stesso sesso». 

Equiparazione totale, quindi, con la sola eccezione delle adozioni, quand'anche qualche aspetto fosse sfuggito. E con ampia facoltà di far ricorso all'estero a pratiche come l'utero in affitto, peraltro sempre più frequentemente avallata da sentenze assolutorie nei tribunali ordinari.

L'avvocato Simone Pillon, a nome del Forum delle associazioni familiari nel corso di una conferenza stampa convocata al Senato su iniziativa del senatore Carlo Giovanardi (del Ncd) quando ormai l'esito della votazione in commissione era già nell'aria, ha avvertito del rischio cui si va incontro: «Una simile formulazione – ha spiegato – espone la norma a una più che prevedibile censura di legittimità da parte della Corte di giustizia europea».

È già accaduto con una sentenza "pilota" del 19 febbraio del 2013 che ha indotto l'Austria a parificare del tutto al matrimonio la sua legislazione sulle unioni civili. «Altrettanto è accaduto in Germania, a proposito di modello tedesco», ricorda Pillon. Un esito, secondo i giuristi del Forum, già messo nel conto da chi presenta questo progetto. «Non è possibile la mediazione su un testo che conferisca rilevo pubblicistico all'unione fra persone dello stesso sesso. Per via giurisprudenziale – interna o internazionale – l'equiparazione al matrimonio anche sull'adozione e sulla reversibilità delle pensioni, oggi priva di copertura, avverrebbe comunque in seguito», concorda il senatore Maurizio Sacconi, intestatario di una proposta che punta invece sui diritti reciproci ma del tutto trascurata dalla relatrice Monica Cirinnà, del Pd.

Filippo Savarese, portavoce di Manif Pour Tours Italia, annuncia la mobilitazione in tutta Italia: «Non è tardi – dice –, in Francia si è partiti dopo il via libera alla legge, qui partiamo prima». «La vera priorità è la famiglia – ricorda Maria Cristina Maculan, dell'Associazione famiglie numerose – invece oggi il 34 per cento delle famiglie con almeno tre figli si ritrova nella fascia di povertà».
Avvenire*
Unioni civili, Adinolfi: "Ddl Cirinnà preoccupante, i cattolici della maggioranza aprano la crisi di governo"Adriano Scianca
La commissione Giustizia del Senato ha approvato oggi il testo base per il ddl unioni civili presentato dalla relatrice, Monica Cirinnà (Pd). "È un fatto preoccupante per il Paese", spiega il direttore de "La Croce" Mario Adinolfi. Che, intervistato da IntelligoNews, spiega: "Su questi temi serve un dibattito vero. Noi comunque raduneremo i lettori de 'la Croce' al Palalottomatica, il 13 giugno, per dire no all'utero in affitto. Ma nel frattempo potrebbe anche aprirsi una crisi di governo..."

Adinolfi, cosa pensa della decisione della Commissione? 

«Sono estremamente contrario al ddl Cirinnà. Mi sembra un fatto preoccupante per il Paese, poiché equipara ciò che non è equiparabile e trasforma il falso in vero, perché non è vero che un bambino può avere due papà. In questo modo si introduce il matrimonio gay con un altro nome, come ha riconosciuto Scalfarotto in un’intervista a Repubblica. Inoltre si legittima di fatto l’utero in affitto. Ora spero ci siano le condizioni per un dibattito nel Paese che esca un po’ dalla neolingua usata finora».

In che senso?

«Per esempio questo uso dell’inglese è quanto mai sospetto. Si parla di stepchild adoption, a un certo punto si è cominciata a usare l’espressione civil partnership…. Mi pare un dibattito un po’ di soppiatto, mi sembra che si vogliano chiamare le cose non con il loro nome».

E adesso cosa succede?

«L’iter parlamentare è lungo, spero ci siano le condizioni per un dibattito più approfondito di quanto non è accaduto in commissione. Spero che i parlamentari si informino bene, magari proprio leggendo “La Croce”».

Voi avete in mente iniziative particolari?

«Noi raduneremo i lettori de “la Croce” al Palalottomatica, il 13 giugno, per dire che i figli non si comprano. Che le persone non devono diventare cose. L’utero in affitto fa questo: il bambino diventa un oggetto, la donna diventa un utero da affittare. Speriamo di aprire un dibattito vero».

Finora non c'è stato?

«Non è dibattito vero se uno ti mena e l’altro ti tiene. Non può essere che se sei d’accordo con loro sono applausi e se sei contrario sei omofobo. Io non sono omofobo, chi mi conosce, chi legge ciò che scrivo lo sa. Non mi interessa discutere l’omosessualità. Sono un non omofobo contrario ai matrimoni gay. Insomma, penso quello che pensano Dolce & Gabbana. Sono omofobi anche loro?».

Qualche responsabilità ce l'hanno anche i media?

«L’altra sera alle “Invasioni barbariche” c’è stato un mega-spot di 50 minuti all’utero in affitto. E in studio non c’era alcun controcanto ma l’unico parere che si è sentito era quello di Veronesi, che auspicava che la storia lì presentata fosse raccontata nelle scuole. Mi tranquillizza, tuttavia, il fatto che la trasmissione per la prima volta è scesa sotto il 3%. Questo conferma ciò che ho sempre pensato: sono temi antipopolari».  

E invece politicamente che cosa comporta il voto di oggi?

«Dal punto di vista politico mi auguro che i cattolici della maggioranza – e non solo i cattolici, ma tutti gli uomini di buona volontà, perché non è una questione di fede – siano fermi nei loro valori. Su questi temi non si può andare a compromessi e il Pd, agendo così, crea le condizioni per una crisi di governo».
http://www.intelligonews.it/*
Unioni gay, dalla padella di sinistra alla brace di destra
di Alfredo Mantovano

Primo sì in Senato alle unioni gay. Con 14 sì, 8 no e un astenuto, la commissione Giustizia di Palazzo Madama ha approvato il testo base della relatrice Monica Cirinnà (Pd) che regolamenta le unioni civili tra persone dello stesso sesso consentendo anche le adozioni gay tramite l'istituto dello Stepchild Adoption. Ma anche il ddl presentato da Forza Italia non si discosta molto da quello del Pd. Vediamo.
L’intenzione è apprezzabile, il risultato molto di meno. I componenti della Commissione Giustizia del Senato di Forza Italia non condividono il testo sulle unioni civili predisposto dalla senatrice Cirinnà, soprattutto nella versione depositata qualche giorno fa (clicca qui), presumibilmente perché lo ritengono simile al regime matrimoniale. Ma l’articolato che reca come prima la firma del senatore Caliendo nella sostanza è strutturato come quello della relatrice: è uno strumento innovativo e non meramente ricognitivo e, come il d.d.l. Cirinnà, adopera il termine “unioni civili”, dal quale derivano precise conseguenze: a differenza di quello della relatrice, lo riferisce a persone sia dello stesso sia di diverso sesso E però, essendo pure la disciplina contenuta nel d.d.l. Caliendo molto vicina a quella del matrimonio, è arduo che la utilizzino due soggetti di diverso sesso: se costoro vogliono acquisire i diritti e i doveri del matrimonio si sposano, altrimenti scelgono di convivere. Dunque, gli interessati a tale disciplina sono solo le persone omosessuali. 
Vediamo il dettaglio. L’articolo 5 stabilisce che la cessazione dell’unione civile avviene a seguito di«matrimonio tra le parti dell’unione» (lett. c): sembra un modo per preparare la possibilità di matrimonio anche tra persone dello stesso sesso. Ipotizzarlo non è privo di senso, visto che la previsione è per le unioni eterosessuali come per quelle same sex. Immaginiamo, però, il caso della parte di una unione civile che contrae matrimonio con persona diversa dal convivente: la mancanza di impedimento al matrimonio pone questa unione civile in un’evidente posizione svantaggiata, e il terzo che sposa questo contraente inizierà il rapporto coniugale con un coniuge impegnato ad affrontare i problemi giuridici e personali derivanti dalla precedente unione civile, “cessata” in modo così repentino. Il tempo necessario a percorrere l’iter di separazione o di divorzio consente, infatti, quantomeno un periodo utile per disciplinarne le conseguenze, in particolare a tutela delle parti più deboli. Non potrà escludersi, con forme così tenui, che qualcuno mantenga contemporaneamente un’unione civile e un matrimonio in città diverse; non si capisce peraltro chi e con quali modalità informa l’altro contraente dell’unione civile dell’avvenuto matrimonio e della conseguente istantanea cessazione dell’unione stessa.
L’articolo 6 prevede che, in caso di divorzio conseguente a sentenza passata in giudicato per il cambiamento di sesso di una delle parti, le parti stesse possono proseguire il rapporto come unione civile; tale norma equipara nei fatti ancor di più l’unione civile al matrimonio. A proposito dell’articolo 10, che al comma 3 stabilisce invece una pubblicità dell’intera convenzione fra le parti di una unione civile, va ricordato che il regime patrimoniale della famiglia non prevede la pubblicazione del contenuto degli accordi (comunione/separazione dei beni): stabilire diversamente per le unioni civili lede in modo grave la riservatezza. L’articolo 11 richiama gli obblighi di assistenza morale e materiale fra le parti che costituiscono una unione civile: a differenza del d.d.l. Cirinnà, non elenca espressamente gli articoli del codice civile sui doveri dei coniugi, ma – con tale terminologia – il giudice interpreterà gli obblighi guardando proprio agli articoli che vengono letti al momento della celebrazione del matrimonio. 
L’articolo 12 disciplina il diritto della parte meno agiata al sostegno economico nell’ipotesi dicessazione dell’unione civile, con corrispondente dovere dell’altra parte: è la medesima logica del mantenimento che presuppone l'esistenza di una famiglia, dopo la rottura del vincolo matrimoniale. Si prevede che il mantenimento duri per almeno cinque anni: in ragione di cosa se non della istituzione di un regime parafamiliare? Identico discorso vale per l’articolo 13, che pone l’obbligo degli alimenti. La differenza con la famiglia è che non ci sono i tempi – pur in via di contrazione – e le spese del divorzio: qui, come s’è detto, per risolvere l’unione è sufficiente una dichiarazione; gli effetti in termini di alimenti e mantenimento sono però gli stessi. 
L’articolo 15 prevede diritti successori in caso di unione civile che dura da più di nove anni parificabili a quelli del matrimonio, con apertura all’accesso alla quota di “legittima” (co. 2 lett. b). Analoga parificazione al matrimonio c’è per le agevolazioni fiscali (articolo 23). La previsione di diritti successori è segno evidente della pretesa paraconiugale: una mera disciplina dei rapporti patrimoniali non potrebbe mai regolamentare diritti mortis causa al di fuori del testamento. É poi contraddittorio assegnare al convivente che sopravvive usufrutto e anche uso e abitazione (co. 3) in quanto i secondi sono diritti più limitati del primo; quindi, o gli uni o l’altro. Comunque si moltiplicheranno i contenuti: la previsione del diritto di usufrutto su una quota di eredità è talmente farraginosa e intrecciata con i diritti degli eredi da determinare incertezze interpretative e sicure conflittualità.
La delega in tema di salute stabilita dall’articolo 16 comma 2 appare pericolosa: la lett.a) potrebbeessere adoperata come strumento per decidere il fine vita, mentre le modalità di revoca della delega stessa sono altrettanto a rischio, essendo più complicate della revoca di un testamento! Il solo aspetto positivo della proposta di Forza Italia rispetto al Cirinnà è l'esclusione dell'art. 44 lett. b) della legge sull' adozione. È però un'esclusione che ha limitata possibilità di sopravvivenza. Dopo la sentenza della Corte europea Schalk e Kopf del 24 giugno del 2010, una volta che uno Stato Ue approva una legge sulle “unioni civili”, ogni disparità di trattamento tra le unioni civili e il matrimonio è sanzionata dalla Corte come violazione della Convenzione europea sui diritti dell’uomo: se le unioni civili omosessuali sono regolamentate in modo simile al matrimonio, non ci saranno più limiti di differenziazione rispetto al matrimonio medesimo senza che sia violato il principio di non discriminazione sulla base dell’orientamento sessuale tanto caro alle Corti europee. Lo Stato al cui interno si manifesti una simile discriminazione – riguardante per es. la possibilità di adozione – verrebbe immediatamente richiamato a rimuoverla. E quindi ci ritroveremmo per intero con quel d.d.l. Cirinnà dal quale il d.d.l. Caliendo intende discostarsi.