martedì 27 gennaio 2015

Liberi dalla “cronolatria”


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«Il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno» (Matth. 24, 35).
[…] Che cosa è lo studio se non una ricerca di tante, belle e meravigliose verità? Ma che cosa vi dice, a questo proposito, la mentalità moderna, non esclusa quella scientifica? Vi dice che la verità non è immobile, non è definitiva, non è sicura; tanto che oggi si definisce la scuola piuttosto come una ricerca di verità, che non come possesso e conquista di verità. Infatti: tutto cambia, tutto progredisce, tutto si trasforma; il pensiero umano è caratterizzato dal suo movimento, dal suo procedimento storico, dal così detto storicismo, eretto a sistema fino a fare del tempo il generatore e il divoratore delle verità che la scuola viene, man mano, insegnando; la «cronolatria» domina la cultura, con questo risultato, che nulla più è certo, nulla stabile, nulla degno d’essere accettato e creduto come valore al quale si possa confidare la guida e il senso della vita.
Questo fenomeno invade anche il campo religioso, che molti vorrebbero sottoporre ad una revisione radicale, tentando di spogliarlo di quei dogmi, cioè di quegli insegnamenti, che sembrano antiquati e sorpassati dal progresso scientifico, e che sono incomprensibili al pensiero moderno. Nel tentativo di dare alla religione cattolica un’espressione più conforme al linguaggio odierno e alla mentalità corrente, cioè di «aggiornare» l’insegnamento religioso, spesso, purtroppo, se ne sovverte l’intima realtà, e si cerca di renderlo «comprensibile» cambiandone dapprima le formole di cui la Chiesa-maestra lo ha rivestito e quasi sigillato per fargli varcare i secoli conservandone gelosamente l’identità, e alterando poi il contenuto stesso della dottrina tradizionale, sottoponendola alla legge dominante dello storicismo trasformatore. La parola di Cristo così non è più la Verità, che non muta e che rimane sempre identica e pari a se stessa, sempre viva, sempre luminosa, sempre feconda, anche se spesso superiore alla nostra comprensione razionale; ma si riduce ad una verità parziale, come le altre, che la mente misura e modella nei propri confini pronta, nella successiva generazione, a darle un’altra espressione, secondo un libero esame, che la spoglia d’ogni obiettiva e trascendente autorità.
Si dirà che il Concilio ha iniziato e autorizzato un tale trattamento dell’insegnamento tradizionale. Nulla di più falso, se vogliamo rimetterci alla parola magistrale di quel Papa Giovanni, Nostro venerato Predecessore, e inventore, se così è lecito esprimerci, di quell’«aggiornamento», in nome del quale non pochi osano infliggere al dogma cattolico pericolose, e talora spericolate, interpretazioni e deformazioni. Papa Giovanni ebbe a proclamare, nel famoso discorso d’apertura del secondo Concilio Ecumenico Vaticano, che il Concilio stesso doveva riaffermare tutta la dottrina cattolica «nulla parte inde detracta», senza detrarne alcuna sua parte, anche se doveva essere cercato il modo migliore e più confacente alla maturità degli studi moderni di darle espressione nuova più adeguata e più profonda (cfr. A.A.S. 1963, 791-792). Così che la fedeltà al Concilio ci esorta da un lato ad uno studio nuovo e sagace delle verità della fede, dall’altro ci riporta a quella univoca, perenne, consolatrice testimonianza di Pietro, che Gesù volle sua voce infallibile nel seno stesso della sua Chiesa, a garanzia della stabilità della fede e quasi a sfida della abilità arbitraria e consumatrice del tempo.
fonte: vatican.va