sabato 31 gennaio 2015

Giornata per la vita, le cifre spiegano perché ci vuole

Giornata per la vita, le cifre spiegano perché ci vuole
di Renzo Puccetti

Oggi è il giorno che la Chiesa dedica alla giornata per la vita. Questa del 2015 è la 37ª edizione, la prima fu nel 1978, anno d'introduzione della legge 194 che in Italia rese l'aborto su richiesta della donna legale e gratuito. È al contempo luminoso e tragico l'interrogativo che i vescovi hanno rivolto nel loro messaggio per questa giornata: "Che mondo lasceremo ai figli, ma anche a quali figli lasceremo il mondo?". Mi ha sempre colpito il messaggio che il cardinale Bernardin di Chicago, quello che l'abortista presidente USA Obama cita tra le sue figure fonte d'ispirazione, dette in occasione della conferenza della Seamless garment(la tunica senza cuciture) alla Fordham University il 6 dicembre 1983 riguardo alla necessità di costruire una "consistent ethic of life" (coerente etica della vita). In qualche modo faccio mia la prospettiva di quel prelato considerato "open mind" (di mentalità aperta) dall'intellighenzialiberal americana. 
Vi sono molte giornate: dei migranti, della pace, della memoria; tutte hanno al centro la difesa della dignità e inviolabilità della vita umana. Sappiamo che la violazione del bene primario della vita innocente è antica come la storia dell'uomo, il racconto biblico narra che essa inizia con Caino. La potenza mediatica di cui disponiamo ci rimanda continuamente notizie da tutto il globo di violazioni che suscitano orrore, sgomento, riprovazione. C'è però una forma che non solo è silenziata, non solo non indigna né la pubblica opinione, né, come mostrano tutte le rilevazioni, la maggioranza dei cattolici, persino quelli regolarmente praticanti, ma che addirittura riceve sostegno, approvazione, condivisione. È la soppressione dell'essere umano nei suoi primi nove mesi di vita, quando ancora si trova ad essere nel corpo della madre (o nella piastra di coltura nelle procedure di fecondazione artificiale dove la mortalità è del 94%).
Non ho assistito neppure ad una sola puntata di Porta a Porta in cui Bruno Vespa facesse vedere un modellino di un bambino abortito. Dicono che mostrare immagini dei resti umani dopo un aborto sia trash, dicono sia una violenza, una leggerezza che può persino costarti il posto di lavoro. Eppure immagini di barconi affondati, vittime di bombardamenti, di boia sgozzatori e lapidatori, di genocidi sono patrimonio di TG e programmi di approfondimento regolarmente mostrati nelle case degli italiani a grandi e piccini; eppure giustamente intere scolaresche sono condotte ad Auschwitz per vedere e non dimenticare. Ma per le vittime degli ambulatori abortivi non è così: censura delle immagini, delle parole, dei numeri.
Prima che qualche misericordioso evoluzionista dottrinale si cimenti anche in questo ambito, vorrei ricordare che l'essere umano ha diritto alla vita sin dal concepimento e fino alla morte naturale. Vorrei ricordare che negare quel diritto è un "abominevole delitto". È insegnamento di sempre della Chiesa, ribadito da tutti i Papi, dai padri conciliari e dai Santi. Mi pare quindi giusto, opportuno e doveroso dare in questa giornata la misura quantitativa della sanguinaria violazione di questo basilare diritto umano accostandola a quanto invece oggetto di costante attenzione nell'arena mediatica e omiletica. 
L'Agenzia ONU per i rifugiati calcola che nel Mediterraneo sono morti nell'anno appena trascorso 3.419 migranti tentando di raggiungere le coste europee. Gli aborti in Italia nel 2013 sono stati 102.644, un numero trenta volte più grande. Dal 1978 al 2013 sono stati 5.538.322 i figli abortiti legalmente in Italia, l'equivalente degli abitanti di sei regioni: Trentino, Umbria, Marche, Abruzzi, Molise, Basilicata.

Secondo la rivista scientifica "The Lancet" i bambini che annualmente muoiono entro i cinque anni per cause collegate alla malnutrizione sono tre milioni e centomila. Ma altri bambini muoiono prima dei cinque anni e senza che neppure sia stato dato loro il tempo di diventare denutriti: sono i quarantaquattro milioni di bambini abortiti, ottantaquattro al minuto, una cifra quattordici volte più alta del numero spaventoso di morti per fame.

Uomini e donne di ogni età muoiono a causa delle guerre. Matthew White ha scritto un libro intitolato "Il libro nero dell’umanità. La cronaca e i numeri delle cento peggiori atrocità della storia". L'autore ha calcolato che a partire dalla seconda guerra Persiana nel 480 a.C. fino alla seconda guerra nel Congo terminata nel 2002, sono  445 milioni gli esseri umani morti a causa di tutte le guerre. Il numero degli aborti effettuati negli ultimi quarant'anni nel mondo è pari a un miliardo e settecentoventi milioni. L'aborto ha fatto in 40 anni quattro volte più morti di 2.482 anni di guerra.
Nei sei anni e mezzo intercorsi tra la notte dei cristalli e la resa, la bestialità nazista fece scempio di sei milioni di esseri umani "colpevoli" di essere di stirpe ebraica. "Untermensch" (creatura sub-umana), era il modo con cui chiamavano il giudeo. Nelle 27 nazioni che formano l'Europa nel solo 2008 gli esseri umani soppressi con l'aborto sono stati oltre un milione e duecentomila (Sociology Mind, 2012). L'industria dell'aborto europea "tratta" un volume del 30% maggiore rispetto a quella dell'olocausto. Li chiamano "grumi di cellule".

Chi aiutò a sottrarsi alla mattanza nazista viene oggi chiamato "giusto tra le Nazioni" e giustamente Oscar Schindler e Giorgio Perlasca sono eroi celebrati dalla settima arte. Paola Bonzi, Serena Taccari, Sabrina Paluzzi, Flora Gualdani e i volontari dei Centri Aiuto alla Vita che ogni giorno salvano esseri umani sono invece additati quali pericolosi e violenti integralisti a cui si dovrebbe inibire l'accesso ad ospedali, scuole, sale e strade. Lodano la coscienza di Antigone e di tutti coloro che violarono la legge per servire la giustizia, ma la coscienza mia e di tutti i medici obiettori all'aborto vorrebbero fosse ripagata col licenziamento e poi l'interdizione all'esercizio stesso della medicina.
Ora, ditemi voi, davanti a tutto questo, cosa c'è di più nobile che potere raccontare ai nostri figli e nipoti che nel 37º anno di barbarie, con pochissimi mezzi, ma tanto ardore, combattevamo per la civiltà, la speranza e la vita?

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Gianna Jessen, "Grata di essere viva"
di Lorenzo Bertocchi
La sua è la storia di una vita che non doveva esistere. Di questa storia hanno fatto anche un film, October Baby (2011), per dire che tra scegliere la vita e scartarla c’è una bella differenza: una persona. E una persona non è un dettaglio. 
Gianna Jessen l’ho vista sempre in uno schermo, in foto o in qualche filmato sul web, anche questa volta la incontro dietro uno schermo, ma presto potrò stringerle la mano. Perché a breve sarà in Italia. Ma andiamo al sodo. Gianna Jessen è sopravvissuta ad un tentativo di aborto salino, è stata partorita viva, il 6 aprile 1977, dopo 18 ore passate a combattere con una maledetta soluzione salina iniettata nell’utero materno per mandare in fumo la creatura. Ma qualcosa è andato storto nei piani del dottor morte, questa volta l’aborto è abortito, un esuberante sussulto di vita ha schiacciato il drago.
Gianna come ti senti ad essere sopravvissuta?
Grata di essere viva.
Beh, con questa risposta credo ci sia poco altro da chiederti…
Vivo una vita interessante e…inusuale. Fin da subito ho cominciato a lottare. 
Ok, allora dimmi perché continui a lottare?
Perché ho ricevuto la vita e voglio portare la vita. Essere pro-life per me riguarda la dignità di ogni vita umana, riguarda la dignità della madre, del padre, del bambino. Dell’uomo. Continuo a lottare perché voglio difendere chi è vulnerabile alla morte in maniera ingiusta. Ci sono sempre più cose che erano considerate orribili fino a pochi anni fa e che ora stanno diventando la normalità nel pensiero della gente ed è veramente preoccupante riguardo i valori della vita, non solo nel grembo materno.  
Che tipo di combattente sei?
Una mamma. Ho i miei figli, certo, ma ci sono tante persone che non sono mai cresciute, che continuano una vita da adolescente. Mi piace pensarmi come una madre che cerca di donare dei principi, dei valori. Sapendo che a una mamma non interessa essere adorata, ma adorare i propri figli. Le persone possono anche non apprezzare quello che ho da dire, ma in un mondo senza genitori e senza limiti, senza nulla che arrivi davvero a portare pace, quando qualcuno dice: “Hey, so che ci sono dei limiti”, dopo un po’ ti accorgi che le persone cominciano ad ascoltare seriamente. Perché hanno sperimentato l’altra strada e ne hanno provato gli effetti, che sono di morte e non di pace. 
Sembra che la cultura della morte segni molti punti a suo favore…
Penso che stiamo vivendo tempi complicati. Se ami il bene, la bellezza e la gentilezza, ti chiedi quanti sono rimasti al mondo a pensarla come te. Il vero problema è che oggi non esiste più il bene e il male, la verità è qualsiasi cosa che desideri che sia. C’è la verità fai da te. Tutto questo è ridicolo e anche un po’ arrogante. Penso sempre a quanto siamo piccoli: non possiamo far battere il cuore, non possiamo salvarci da un incidente stradale, non possiamo mantenere le nostre funzioni corporee… Siamo piccoli, ma crediamo di poter salvare il pianeta Terra utilizzando cinque volte l’asciugamano per la doccia…
Come?
Voglio dire che abbiamo l’arroganza di pensare che è in nostro potere salvare il pianeta dal decadimento, mentre dall’altra parte non vogliamo aver nulla a che fare con Dio! Se non c’è Dio e niente importa, perché salviamo la Terra? A chi importa? Quando penso alla logica e all’arroganza di tutto questo mi dico che questo nostro tempo è un tempo preoccupante in cui vivere. D’altro canto però è anche un bellissimo tempo, perché penso che sia un occasione perfetta per dire la verità alla gente. Si arriverà a un punto in cui vedremo che questa arroganza non ha senso, e vorremo vedere il vero Dio.
Gianna, ma chi è Dio per una che è “grata di essere viva”?
Mio Padre. L’unico Padre che io abbia mai avuto. Sono cristiana. Ho bisogno di Gesù. Mi guida, mi protegge, condivide tutto di me. E’ tutto per me e non posso fare nulla, non ho nessuno scopo…anche combattere l’aborto, per quanto nobile sia, diventa senza significato, se non posso stare con Gesù, conoscere Gesù. Dio è colui che resuscita i morti, fa l’impossibile, ti resta accanto, ti risponde, gli importa di me, mi dona il tramonto, mi ascolta…
Bellissimo, ma molti che difendono il diritto all’aborto non vogliono sentire parlare del Creatore…
Gli direi: non vuoi avere nulla a che fare con Dio? Ok, va bene, adori la scienza medica? D’accordo, allora guarda le ecografie. Lì vedi un bambino che danza nel grembo di sua madre, a 3 settimane puoi già sentire il battito del suo cuore. E non ho mai capito perché non c’è un altro momento della vita umana in cui quando senti il battito cardiaco lo neghi o lo ignori. Ma secondo la logica dell’aborto puoi arrivare a dire che un cuore che batte è una cosa irrilevante. Di fronte a chi mi dice “voglio poter scegliere”, dico no. La scelta era di andare o non andare a letto con quel ragazzo, quella era la scelta. Sembra che possiamo fare tutto quello che vogliamo senza conseguenze.
Cosa diresti a una donna che ha scelto di abortire?
Non voglio condannare nessuno, ma voglio portare la vita. Le donne che hanno abortito vivono nel dolore, nella rabbia, nell’autodisprezzo, e ci devono convivere. Allora parlo perché voglio davvero vederle libere. A chi difende l’aborto e dice: “e’ per le donne che lo facciamo”, vorrei dire che anch’io sono una donna, e lo ero anche nel grembo di mia madre. Perché nessuna attivista, nessuna femminista, ha lottato per la mia vita? Allora è una menzogna, non lo si fa per le donne, ma è politica e business. Invece, dobbiamo dare spazio a quei centri che aiutano le donne a vivere una gravidanza travagliata, per aiutarle a superare momenti difficili. Troppe donne arrivano all’aborto perché pensano di essere sole, che non ci sia nessuno per aiutarle veramente. Sono migliaia le vite salvate da questi centri. Migliaia di migliaia in tutto il mondo.
Gianna, un'ultima domanda. Hai detto che viviamo tempi complicati. Come se ne esce?
Possiamo e dobbiamo smettere di togliere la vita, sfruttare le donne e i bambini per motivi politici, di potere e denaro. Ma c’è un’altra risposta che vale per tutti i tempi. Da soli non ce la si fa, l’uomo ha bisogno del Salvatore. 
Grazie Gianna. La tua è una storia che non avremmo mai potuto raccontare e questo fa un effetto davvero strano. Un effetto su cui non si riflette mai abbastanza. E’ la differenza tra lo scegliere la vita e scartarla. Per chi vuole vederla in carne ed ossa questa differenza, Gianna sarà in Italia a Imola il prossimo 24 febbraio e a S. Giovanni in Persicelo (Bologna) il 26 febbraio. Per info www.chestertonpersiceto.it (per l’intervista si ringraziano Monica Gibertoni e Lucrezia Jones)