lunedì 22 dicembre 2014

Verbum caro factum est


L'arte cristiana nasce la notte di Natale


di Rodolfo Papa
La nascita di Gesù Cristo rappresenta l’evento più rivoluzionario anche nel campo delle arti: Dio si fa uomo, si rende visibile a noi e dunque rappresentabile
L’arte cristiana va tutta misurata nella capacità di dire Gesù Cristo, vero Dio e vero uomo.
Agli albori del Cristianesimo l’arte cristiana va lentamente prendendo coscienza[1]. Così, nei primi secoli, alcune botteghe di cesellatori e di scultori in argento, avorio e bronzo, lavorano sia per i  pagani che per i cristiani (come per esempio nei noti casi dei dittici senatoriali e consolari). Contestualmente però, nasce anche con sicurezza un’iconografia cristiana legata alla diffusione dei Vangeli e alla stessa forma in parabole della predicazione di Cristo. Questa iconografia non ha paura di prendere dal mondo pagano immagini e simboli, riletti però alla luce della verità.  Così, per esempio, il nuovo messaggio del buon pastore si sovrappone alla iconografia del moscoforo.
In seguito, avviene una vera e propria presa di coscienza del mezzo artistico come strumento di indagine, di riflessione, di introspezione propriamente cristiana.
La fiducia nell’efficacia evangelizzatrice dell’arte ha prodotto nel Medio Evo molti racconti per difenderne la legittimità contro chi la negava con forza. Ne sono esempio la figura di san Luca come ritrattista di Maria, come anche la figura di Nicodemo quale primo scultore cristiano, autore del ligneo Crocifisso miracoloso di Beirut, dal quale si originò la tipologia dei crocifissi detti del “Volto Santo”, come quello di Lucca, o ancora l’immagine del volto di Cristo impressa sul lenzuolo detto della Veronica e poi ancora il Mandylion. La tradizione ha, dunque, cercato di rintracciare una iconografia delle origini, una sorta di “modello” al quale ispirarsi, per poter vedere, anche solo da lontano, il volto dell’Amato.
Questa tensione verso il ritratto del volto di Cristo, presente nel plurimillenario lavoro degli artisti cristiani, è mossa dalla volontà di immaginare la propria vita come contemporanea a quella del Salvatore.  
Ricordiamo, per esempio, come alla base dell’operare artistico del Beato Angelico nei monasteri domenicani, ci fosse una precisa teologia della visione elaborata da sant’Antonino. Sant’Antonino sottolinea che la “porta degli occhi” è la “porta di Gerusalemme” attraverso la quale “intrat Iesus per sensu spirituales, scilicet visum contemplationis”: «In questo ‘introito’ di Cristo nell’anima attraverso la visione; in questa funzione-della-visione di ‘via allacontemplazione’  è da ricercare una delle ragioni, ma tra le principali, che aveva indotto fra Antonino ‘maestro e priore’, ed i frati fiesolani, ad accettare Guido-dipintore quale frate-Predicatore e a consentirgli di ‘arricchire’ con le sue pitture ed affreschi i conventi di ‘osservanza’ (che dovevano essere ‘poveri’) di San Domenico di Fiesole e di San Marco. Infatti dalle ‘pitture’, che la mano di fra Giovanni stendeva sulle tavole o sul muro, partivano ‘raggi’ (avrebbe detto fra Antonino) e stimoli che attraverso l’occhio, sensibile e intelligibile, provocavano la memoria a ‘recogitare li beneficii e doni ricevuti da Dio’, muovevano alla ‘speculatio gustativa’, perché l’affetto ama ciò che capisce e vede: le immagini-visive di fra Giovanni riuscivano dunque di sostegno all’obbligo morale del frate domenicano di ‘contemplare’ e rientravano nell’organizzazione della vita conventuale»[2].        
Il fiorire dei mezzi artistici al servizio del messaggio cristiano è particolarmente intenso nel Rinascimento. A proposito di questo importante momento della cultura, spesso si sottolinea una rinascita dei culti pagani[3], oppure si parla di una permanenza degli antichi dei[4], tanto da connotare l’arte rinascimentale come essenzialmente neopagana. In realtà, il recupero del classico è compiuto in questo periodo nella prospettiva di una cultura autenticamente cristiana; esempio centrale della possibilità di leggere la cultura greco-romana come una sorta di prefigurazione dell’era cristiana è l’interpretazione in chiave cristologica della EglogaIV di Virgilio, in cui si parla di una nuova era che comincerà  con una nuova progenie che scende dal cielo, con la nascita di un “puer” «quo ferrea primum desinet ac toto surget gens aurea mundo». Del resto, Virgilio è  la guida di Dante nelle prime due cantiche della Divina Commedia.
E veramente il Divino Bambino è nato per noi, è nato per tutti, anche per gli artisti, che da quel momento sono chiamati ad annunciarLo.
L’attenzione principale dell’arte cristiana è sempre data all’aspetto kerigmatico, cioè all’annuncio ai non credenti, e a quello didascalico, cioè catechetico per i fedeli. Al centro di tutto c’è il vangelo di Gesù Cristo. Per essere all’altezza del messaggio, l’arte ha sviluppato i propri mezzi espressivi; gli artisti e le loro botteghe, pur ricevendo in eredità dalla tradizione un’ampia e complessa struttura iconografica, tendono a migliorarla, affinando i modi e i mezzi per poter dire con più precisione e profondità qualcosa nel discorso su Dio fatto carne. Questa finalità anima e motiva la nascita e l’approfondimento della prospettiva, la rinascita e l’approfondimento della teoria delle luci e delle ombre, e ancora l’approfondimento della teoria dei colori, fino ad arrivare a vere e proprie strutture di tipo sintattico, capaci di saper organizzare il discorso pittorico tanto da farne un discorso compiuto.  
La tradizione dell’arte cristiana si presenta come un cammino storicamente individuabile, iconologicamente leggibile, artisticamente rilevante e spiritualmente esemplare, un cammino che nasce nel Presepe, nella contemplazione del Bambino Gesù.
Rodolfo Papa, Esperto della XIII Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi, docente di Storia delle teorie estetiche, Pontificia Università Urbaniana, Artista, Storico dell’arte, Accademico Ordinario Pontificio. Website www.rodolfopapa.it Blog: http://rodolfopapa.blogspot.com e.mail: rodolfo_papa@infinito.it .
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NOTE
[1] Cfr. R. Papa, Discorsi sull’arte sacra, Cantagalli, Siena 2012, soprattutto cap. VII.
[2] E. Marino, Beato Angelico. Umanesimo e Teologia, edizione Memorie Domenicane, Roma 1984, p. 35.
[3] Cfr. A. Warburg, La rinascita del paganesimo antico [1932], trad.it. La Nuova Italia, Scandicci (Firenze) 1962, 1980.
[4] Cfr. J. Seznec, La sopravvivenza degli antichi dei [1953], trad.it., Bollati Boringhieri, Torino 2008.