venerdì 19 dicembre 2014

Auguri natalizi di padre Pierbattista Pizzaballa ofm Custode di Terra Santa




Negli auguri del custode Pizzaballa. La sete di giustizia e di verità del Medio oriente

«Anche nel nostro Medio oriente assetato di giustizia e di dignità, di verità e di amore, Cristo si lascia trovare». È quanto sottolinea, nel messaggio augurale per il Natale 2014, il custode di Terra santa, padre Pierbattista Pizzaballa, il quale invita non a guardare «all’attesa e alla ricerca errate degli Erode di oggi, ma a quella di cui sono ricchi i Magi». Infatti — questo è l’invito — «non guardiamo all’ingannevole scrutare dei segni dei dotti della Gerusalemme di ogni tempo, ma allo stupore che rende pronti e capaci di accoglienza i pastori di Betlemme. Non ascoltiamo le paure del mondo, ma il coro degli angeli che ci annunciano la salvezza».Il tradizionale messaggio prende spunto da un versetto evangelico: «Poiché il popolo era in attesa e tutti, riguardo a Giovanni, si domandavano in cuor loro se non fosse lui il Cristo» (Luca, 3, 15). Il tema è dunque quello dell’attesa che alberga nel cuore di ogni persona. E in questa prospettiva, medita il padre custode, «la nostra vita di fede è una vita in attesa: sappiamo in cuor nostro che il messia nato a Betlemme è la risposta di Dio alla nostra attesa. Tuttavia sentiamo che, nonostante impegno e ideali, la nostra resta una debole fede, e siamo come chiusi in una gabbia a causa del peccato». Il compito è dunque quello di «lasciarci convertire dal tempo dell’attesa dando a esso i sogni e le fatiche, il coraggio e la serenità nella concretezza dei giorni. Perché sappiamo che il Cristo che nasce a Betlemme è la risposta di Dio. Solo lui può spegnere la nostra sete, il nostro bisogno di senso». Non solo, «di questa certezza dobbiamo ogni volta nutrire i nostri dubbi, risollevare le nostre stanchezze. Il tempo dell’attesa di cieli e terra nuovi è il tempo della nostra fede, anche quando siamo chiamati a sperare contro ogni speranza. Perché alla sete del nostro cuore sappiamo che corrisponde la fedeltà di Dio».
Nel messaggio c’è soprattutto l’invito a uno sguardo realistico sulla realtà, che nasce proprio dall’emergere della novità cristiana. «Non cambieremo le sorti del mondo. Non risolveremo i problemi di questi nostri popoli lacerati e divisi. Ma nessuno ci potrà impedire di amarli, di fare la giustizia nel nostro piccolo contesto. Nessuno può rubarci la dignità che ci è stata data. Nessuno può toglierci l’amore e la speranza che sono stati riversati nei nostri cuori e che non ci deludono mai». Se dunque la vita di fede è una «vita in attesa», come è eterna l’attesa presente nel cuore dell’uomo, «il tempo di Natale — sottolinea il padre custode — ci richiama, nella fedeltà gioiosa all’accoglienza del dono di Dio, a lasciare il nostro cuore aperto, spalancato, alla speranza, alla giustizia, all’amore. È questo che ci dice il Natale. Ogni anno. Anche quest’anno, nel turbine dei drammi che ci circondano, lasciamoci stupire. Lasciamoci ritrovare dal Dio-con-noi, che ci attende sulla soglia del nostro cuore».
L'Osservatore Romano

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L'attesa, la fede e la pienezza di senso negli auguri natalizi del Custode di Terra Santa

«Anche nel nostro Medio Oriente assetato di giustizia e di dignità, di verità e di amore, Cristo si lascia trovare. Non guardiamo all’attesa e alla ricerca errate degli Erode di oggi, ma a quella di cui sono ricchi i Magi. Non guardiamo all’ingannevole scrutare dei segni dei dotti della Gerusalemme di ogni tempo, ma allo stupore che rende pronti e capaci di accoglienza i pastori (...) 

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Testo integrale


Lc 3, 15: Poiché il popolo era in attesa e tutti, riguardo a Giovanni, si domandavano in cuor loro se non fosse lui il Cristo…: l’attesa del Messia, che abbraccia l’Annunciazione, il Natale, il Battesimo, le nozze di Cana, ci dispiega
l’eterna attesa del cuore dell’uomo. La nostra vita di fede è una vita in attesa: sappiamo in cuor nostro che il Messia nato a Betlemme è la risposta di Dio alla nostra attesa. Tuttavia sentiamo che, nonostante impegno e ideali, la nostra resta una debole fede, e siamo come chiusi in una gabbia a causa del peccato. Chi potrà spegnere la sete di amore, di attenzione, di sorriso, di giustizia, di dignità, di verità che il nostro cuore anela per se stesso, e che attende nell’altro? La fede ci insegna a vivere nella speranza: il tempo viene per chi lo sa aspettare.
Dobbiamo lasciarci convertire dal tempo dell’attesa dando ad esso i sogni e le fatiche, il coraggio e la serenità nella concretezza dei giorni. Perché sappiamo che il Cristo che nasce a Betlemme è la risposta di Dio. Solo lui
può spegnere la nostra sete, il nostro bisogno di senso. Il nostro essere mancanti, la nostra attesa, possono esseri colmati solo dalla sua irruzione. E non abbiamo bisogno di grandi cose per stupirci di fronte a questa incredibile
realtà, non dobbiamo cercare questa risposta lontano da noi. “Non è nel cielo, perché tu dica: “Chi salirà per noi nel cielo e ce lo porterà e ce lo farà udire perché lo mettiamo in pratica?” Non è di là dal mare, perché tu dica: “Chi passerà per noi di là dal mare e ce lo porterà e ce lo farà udire perché lo mettiamo in pratica?”. Invece questa parola è molto vicina a te; è
nella tua bocca e nel tuo cuore, perché tu la metta in pratica” (Deut. 30, 12-14). Questa consapevolezza ci stupisce ogni volta daccapo.
Di questa certezza dobbiamo ogni volta nutrire i nostri dubbi, risollevare le nostre stanchezze. Il tempo dell’attesa di cieli e terra nuovi è il tempo della nostra fede, anche quando siamo chiamati a sperare contro ogni
speranza. Perché alla sete del nostro cuore sappiamo che corrisponde la fedeltà di Dio. Noi sappiamo che Dio con noi, a sua volta, ci attende. Attende di essere ritrovato. Non lontano e fuori da noi, ma nel nostro cuore e nel
cuore di ogni uomo.
Anche nel nostro Medio Oriente assetato di giustizia e di dignità, di verità e di amore, Cristo si lascia trovare. Non guardiamo all’attesa e alla ricerca errate degli Erode di oggi, ma a quella di cui sono ricchi i Magi.
Non guardiamo all’ingannevole scrutare dei segni dei dotti della Gerusalemme di ogni tempo, ma allo stupore che rende pronti e capaci di accoglienza i pastori di Betlemme. Non ascoltiamo le paure del mondo, ma il coro
degli angeli che ci annunciano la salvezza: “È nato per voi un Salvatore, che è Cristo, il Signore” (Lc 2, 11). Siamo ancora capaci di questo stupore? Siamo ancora capaci di un umile, docile e vigilante discernimento?
Certo! Siamo realisti. Non cambieremo le sorti del mondo. Non risolveremo i problemi di questi nostri Popoli lacerati e divisi. Ma nessuno ci potrà impedire di amarli, di fare la giustizia nel nostro piccolo contesto.
Nessuno può rubarci la dignità che ci è stata data. Nessuno può toglierci l’amore e la speranza che sono stati riversati nei nostri cuori e che non ci deludono mai (cf. Rom. 5, 5).
Il tempo di Natale ci richiama, nella fedeltà gioiosa all’accoglienza del dono di Dio, a lasciare il nostro cuore aperto, spalancato, alla speranza, alla giustizia, all’amore. È questo che ci dice il Natale. Ogni anno. Anche quest’anno, nel turbine dei drammi che ci circondano, lasciamoci stupire. Lasciamoci ritrovare dal Dio-con-noi, che ci attende sulla soglia del nostro cuore.
Buon Natale.
Terrasanta.net