giovedì 27 novembre 2014

Udienza ai partecipanti alla seconda fase del Congresso Internazionale della Pastorale delle Grandi Città (Barcelona, Spagna) ricevuti oggi in Vaticano. Discorso di Papa Francesco



Sala stampa della Santa Sede
 
Alle ore 11.30 di questa mattina, nella Sala del Concistoro del Palazzo Apostolico, il Santo Padre Francesco ha ricevuto in Udienza i partecipanti alla seconda fase del Congresso Internazionale della Pastorale delle Grandi Città (Barcelona, 24-26 novembre 2014). Pubblichiamo di seguito il discorso che il Papa ha rivolto ai presenti: 
Cari fratelli e sorelle,
vi ringrazio per la vostra partecipazione a questo incontro, che si ricollega al momento preparatorio svoltosi a Barcellona nello scorso maggio. Ringrazio il Cardinale Sistach per le sue parole di introduzione.
Più che fare un discorso formale, desidero parlarvi a partire dalla mia esperienza personale, di uno che è stato pastore di una città popolosa e multiculturale com’è Buenos Aires. E anche dell’esperienza che abbiamo realizzato insieme come vescovi delle 11 diocesi che compongono quella regione ecclesiastica; con loro, partendo da diversi ambiti e proposte, abbiamo cercato in comunione ecclesiale di affrontare alcuni aspetti pastorali per l’evangelizzazione di quell’agglomerato urbano con una popolazione di circa 13 milioni di persone, al tredicesimo posto nel mondo tra le città più densamente popolate. Nel riflettere con voi, desidero entrare in questa “corrente” per aprire nuove strade, desidero anche aiutare a vagliare possibili paure, che molte volte tutti in un modo o nell’altro subiamo e che ci confondono e ci paralizzano.

Nella Evangelii gaudium ho voluto richiamare l’attenzione sulla pastorale urbana, ma senza opposizione con la pastorale rurale. Questa è un’ottima occasione per approfondire sfide e possibili orizzonti di una pastorale urbana. Sfide, cioè luoghi in cui Dio ci sta chiamando; orizzonti, cioè aspetti ai quali credo che dovremmo prestare speciale attenzione. Ne riporto solo quattro, ma voi ne scoprirete altri.
1.    Attuare un cambiamento nella nostra mentalità pastorale.
Nella città abbiamo bisogno di altre “mappe”, altri paradigmi, che ci aiutino a riposizionare i nostri pensieri e i nostri atteggiamenti. Non possiamo rimanere disorientati, perché tale sconcerto ci porta a sbagliare strada, anzitutto noi stessi, ma poi confonde il popolo di Dio e quello che cercano con cuore sincero la Vita, la Verità e il Senso.
Veniamo da una pratica pastorale secolare, in cui la Chiesa era l’unico referente della cultura. Come autentica Maestra, essa ha sentito la responsabilità di delineare, e di imporre, non solo le forme culturali, ma anche i valori, e più profondamente di tracciare l’immaginario personale e collettivo, vale a dire le storie, i cardini a cui le persone si appoggiano per trovare i significati ultimi e le risposte alle loro domande vitali.
Ma non siamo più in quell’epoca. Non siamo nella cristianità. Oggi non siamo più gli unici che producono cultura, né i primi, né i più ascoltati. Abbiamo pertanto bisogno di un cambiamento di mentalità pastorale, ma non di una “pastorale relativista”, che per voler esser presente nella “cucina culturale” perde l’orizzonte evangelico, lasciando l’uomo affidato a sé stesso ed emancipato dalla mano di Dio. Questo non si potrebbe chiamare pastorale! Chi fa così non ha vero interesse per l’uomo, ma lo lascia in balìa di due pericoli ugualmente gravi: gli nascondono Gesù e la verità sull’uomo stesso. Strada che porta l’uomo alla solitudine della morte (cfr Evangelii gaudium, 93-97).
Occorre avere il coraggio di fare una pastorale evangelizzatrice audace e senza timori, perché l’uomo, la donna, le famiglie e i vari gruppi che abitano la città aspettano da noi, e ne hanno bisogno per la loro vita, la Buona Notizia che è Gesù e il suo Vangelo. Tante volte sento dire che si prova vergogna ad esporsi. Dobbiamo lavorare per non avere vergogna o ritrosia nell’annunciare Gesù Cristo.
2.    Il dialogo con la multiculturalità
Si tratta allora di acquistare un dialogo pastorale senza relativismi, che non negozia la propria identità cristiana, ma che vuole raggiungere il cuore dell’altro, degli altri diversi da noi, e lì seminare il Vangelo.
Abbiamo bisogno di un atteggiamento contemplativo, che senza rifiutare l’apporto delle diverse scienze per conoscere il fenomeno urbano – questi apporti sono importanti – cerca di scoprire il fondamento delle culture, che nel loro nucleo più profondo sono sempre aperte e assetate di Dio. Ci aiuterà molto conoscere gli immaginari e le città invisibili, cioè i gruppi o i territori umani che si identificano nei loro simboli, linguaggi, riti e forme per raccontare la vita.
La religiosità del popolo
Dio abita nella città. Bisogna andare a cercarlo e fermarsi là dove Lui sta operando.
So che non è la stessa cosa nei diversi Continenti, ma dobbiamo scoprire, nella religiosità dei nostri popoli, l’autentico substrato religioso, che in molti casi è cristiano e cattolico. Non possiamo misconoscere né disprezzare tale esperienza di Dio che, pur essendo a volte dispersa o mescolata, chiede di essere scoperta e non costruita. Lì ci sono i semina Verbi seminati dallo Spirito del Signore. Non è bene fare valutazioni affrettate e generiche del tipo: “Questa è solo un’espressione di religiosità naturale”. Da lì possiamo cominciare il dialogo evangelizzatore, come fece Gesù con la Samaritana e sicuramente con molti altri al di là della Galilea.
La Chiesa in America Latina e nei Caraibi, da alcuni decenni, si è resa conto di questa forza religiosa, che viene soprattutto dalle maggioranze povere.
Dio continua a parlarci oggi, come ha sempre fatto, per mezzo dei poveri, del “resto”. In generale, le grandi città oggi sono abitate da numerosi migranti e poveri, che provengono dalle zone rurali, o da altri continenti, con altre culture. Sono pellegrini della vita, in cerca di “salvezza”, che molte volte hanno la forza di andare avanti e di lottare grazie a un senso ultimo che ricevono da un’esperienza semplice e profonda di fede in Dio. La sfida è duplice: essere ospitali verso i poveri e i migranti – la città in genere non lo è – e valorizzare la loro fede. E’ molto probabile che questa fede sia mescolata con elementi del pensiero magico e immanentista, ma dobbiamo riconoscerla, interpretarla e sicuramente anche evangelizzarla. Ma non ho dubbi che nella fede di questi uomini e donne c’è un potenziale enorme per l’evangelizzazione delle aree urbane.
3.    I poveri urbani
La città, insieme con la molteplicità di offerte preziose per la vita, ha un risvolto che non si può nascondere e che in molte città è sempre più evidente: i poveri, gli esclusi, gli scartati. La Chiesa non può ignorare il loro grido, né entrare nel gioco dei sistemi ingiusti, meschini e interessati che cercano di renderli invisibili.
Tanti poveri, vittime di antiche e nuove povertà. Povertà strutturali e endemiche che stanno escludendo generazioni di famiglie. Povertà economiche, sociali, morali e spirituali. Povertà che emarginano e scartano persone, figli di Dio. Nella città, il futuro dei poveri è più povertà.
PROPOSTE
Vi propongo due nuclei pastorali, che sono azioni ma non solo. Penso che la pastorale è più che azione, è anche presenza, contenuti, atteggiamenti, gesti.
Uscire e facilitare
Si tratta di una vera trasformazione ecclesiale. Tutto pensato in chiave di missione. Un cambiamento di mentalità: dal ricevere all’uscire, dall’aspettare che vengano all’andare a cercarli.
Uscire per incontrare Dio che abita nella città e nei poveri. Uscire per incontrarsi, per ascoltare, per benedire, per camminare con la gente. E facilitare l’incontro con il Signore. Rendere accessibile il sacramento del Battesimo. Chiese aperte. Segreterie con orari per le persone che lavorano. Catechesi adatte nei contenuti e negli orari della città.
Ci riesce più facile far crescere la fede che aiutarla a nascere. Penso che dobbiamo continuare ad approfondire quei cambiamenti necessari nelle nostre varie catechesi, sostanzialmente nelle nostre forme pedagogiche, affinché i contenuti siano meglio compresi, ma al tempo stesso ci occorre imparare a risvegliare nei nostri interlocutori la curiosità e l’interesse per Gesù Cristo, per poi invitare ad aderire a Lui e a seguirlo. Dobbiamo imparare a suscitare la fede.
La Chiesa samaritana. Esserci.
Si tratta di un cambiamento nel senso della testimonianza. Nella pastorale urbana, la qualità sarà data dalla capacità di testimonianza della Chiesa e di ogni cristiano.
Qui sta la chiave. Con la testimonianza possiamo incidere nei nuclei più profondi, là dove nasce la cultura. Attraverso la testimonianza la Chiesa semina il granello di senape, ma lo fa nel cuore stesso delle culture che si stanno generando nelle città.
La testimonianza concreta di misericordia e tenerezza che cerca di essere presente nelle periferie esistenziali e povere, agisce direttamente sugli immaginari sociali, generando orientamento e senso per la vita della città. Così come cristiani contribuiamo a costruire una città nella giustizia, nella solidarietà e nella pace.
Con la pastorale sociale, con la Caritas, con diverse organizzazioni, come sempre ha fatto la Chiesa nel corso dei secoli, possiamo farci carico dei più poveri con azioni significative, azioni che rendano presente il Regno di Dio manifestandolo e dilatandolo. Anche imparando a lavorare insieme a quanti già stanno facendo cose molto efficaci in favore dei più poveri. E’ uno spazio assai propizio alla pastorale ecumenica caritativa, in cui assumiamo impegni di servizio ai più poveri insieme a fratelli di altre Chiese e comunità ecclesiali.
In tutto questo è molto importante il protagonismo dei laici e degli stessi poveri.
Cari fratelli e sorelle, questo è quanto la riflessione sull’esperienza pastorale mi ha suggerito. Mi dà gioia pensare che stiamo facendo insieme un cammino, e che lo facciamo nella scia di tanti santi pastori che ci hanno preceduto; cito ad esempio solo il beato Giovanni Battista Montini, che durante il suo episcopato a Milano curò con zelo appassionato la grande missione cittadina. Il loro esempio e la loro intercessione, con quella della nostra Madre celeste, ci aiutino ad attuare un fruttuoso cambiamento di mentalità, ad aumentare la nostra capacità di dialogare con le diverse culture, a valorizzare la religiosità dei nostri popoli, e a condividere Vangelo e pane con i più poveri delle nostre città. Grazie.