sabato 29 novembre 2014

Le mani di Francesco



Da Ankara a Istanbul nel segno del dialogo. 
(Gaetano Vallini) I gesti a volte dicono più delle parole, andando anche oltre il loro valore simbolico. Così le visite compiute nella mattinata di oggi, sabato, da Papa Francesco alla moschea Sulthjan Ahmet, la “Moschea Blu”, e al museo di Santa Sofia — primi significativi momenti della seconda e ultima tappa di questo viaggio in Turchia, Istanbul — sono ulteriori segni di apertura verso i musulmani, che confermano la volontà di proseguire in amicizia sulla strada di un dialogo sempre più convinto, nel rispetto reciproco.
Incontri che avevano avuto un importante prologo nel pomeriggio di ieri ad Ankara, con la visita alla Diyanet, la Presidenza per gli affari religiosi, e i primi colloqui con alcuni esponenti della comunità musulmana turca. A Istanbul il Pontefice si fermerà fino a domenica, giorno in cui è previsto l’appuntamento culminante: la partecipazione alla celebrazione della divina liturgia al Fanar nella festa di sant’Andrea, patrono del Patriarcato ecumenico di Costantinopoli, dopo una prima visita già questo pomeriggio. 
Partito alle 9.30 locali dall’aeroporto internazionale Esenboğa di Ankara, dopo una breve cerimonia di saluto cui ha partecipato un rappresentante del Governo turco, l’aereo papale è atterrato dopo circa un’ora allo scalo internazionale Atatürk. Qui il Pontefice è stato salutato, con un caloroso e fraterno abbraccio, dal Patriarca ecumenico di Costantinopoli, con il quale erano presenti il governatore di Istanbul e altre autorità locali. Francesco e Bartolomeo si sono dunque ritrovati insieme. Ed è la quarta volta, dopo gli incontri del 19 marzo 2013 in San Pietro in occasione dell’inizio del pontificato, — avvenimento storico, perché mai prima un Patriarca di Costantinopoli vi aveva partecipato — del maggio scorso in Terra Santa e dell’8 giugno in Vaticano durante a preghiera per la pace con Mahmoud Abbas e Shimon Peres.
Dall’aeroporto il Papa ha raggiunto in automobile l’Hippodrome, la grande piazza antistante la “Moschea Blu”, dove si era radunata una piccola folla per porgergli un saluto. Ad accoglierlo nel cortile è stato il gran mufti di Istanbul, Rammy Yaran. All’ingresso, il Pontefice ha tolto le scarpe ed è stato accompagnato all’interno, dove gli hanno dato il benvenuto alcuni imam e altri esponenti della comunità musulmana. La visita si è svolta in un’atmosfera di grande cordialità. Il Papa ha ascoltato con attenzione tutte le spiegazioni dell’ospite, tradottegli da padre Andrés Vicens Nadal. E per due volte ha sottolineato l’importanza della preghiera di adorazione: «Dobbiamo adorare Dio e non solo lodarlo e glorificarlo». Quindi una volta giunti davanti al Mihrab — che indica l’esatta direzione della Mecca e che nelle moschee di Istanbul riporta un verso della Sura 19 dedicato a Maria — il gran mufti e il Papa si sono soffermati in silenzio per un momento di adorazione, durato circa tre minuti. 
Lasciata la moschea, sempre in auto il Pontefice ha percorso un chilometro per raggiungere il museo di Santa Sofia. Ad accoglierlo, presso la “porta dell’imperatore”, è stato il direttore, Hayrullah Cengiz, che lo ha poi accompagnato nella visita guidata all’antica basilica, edificio simbolo di una città che già nelle sue diverse denominazioni — Istanbul, Costantinopoli, Bisanzio — evoca un passato carico di storia; una storia ultramillenaria che qui trova quasi una sintesi: fatta edificare da Costantino nel 325, distrutta e ricostruita più volte nel corso dei secoli, Santa Sofia è stata cattedrale cristiana di rito bizantino fino al 1054; quindi sede patriarcale greco-ortodossa, cattedrale cattolica, poi moschea, prima di essere definitivamente trasformata in museo da Atatürk nel 1935. Un luogo, come scrisse Olivier Clément, dove «Dio e l’uomo, il cielo e la terra non conoscono separazioni». 
Prima di lasciare l’edificio, Papa Francesco ha scritto una frase in ricordo della visita sul libro d’oro: in greco «santa sapienza di Dio» e in latino «quanto amabili i tuoi santuari, Signore».
In automobile si è poi trasferito nella sede della Rappresentanza pontificia, dove ad attenderlo, nel giardino della residenza, c’era una piccola delegazione delle comunità cattoliche locali (latina, armena, sira e caldea) guidate dai rispettivi vescovi: una sessantina di persone con le quali il Pontefice ha avuto un incontro quasi familiare, caratterizzato da strette di mano, foto-ricordo e tanti sorrisi, soprattutto da parte dei numerosi bambini. Una testimonianza di gioia per la presenza del vescovo di Roma qui, in una terra in cui la comunità ecclesiale è una minoranza che comunque sente forte il legame con il successore di Pietro, come ha sottolineato nel saluto monsignor Ruggero Franceschini, arcivescovo di Izmir (Smirne), amministratore apostolico del vicariato dell’Anatolia e presidente della Conferenza episcopale turca.
Nel pomeriggio è in programma il secondo, più ampio, appuntamento con il “piccolo gregge”: la messa nella cattedrale dello Spirito Santo, alla quale partecipano vescovi, sacerdoti, religiosi e numerosi fedeli in rappresentanza delle diverse comunità cattoliche del Paese. Successivamente il Pontefice si reca al Fanar, sede del patriarcato, per la preghiera ecumenica nella chiesa di San Giorgio e per un incontro privato con Bartolomeo. 
Come anticipato, nel pomeriggio di ieri, invece, ad Ankara il Papa era stato in visita alla Diyanet. L’istituzione fu fondata nel 1924 da Atatürk nel suo sforzo di trasformare la Turchia in uno Stato laico. A fare gli onori di casa, in un clima di grande cordialità, è stato il presidente del dipartimento, Mehmet Gormez, che dopo averlo accolto all’ingresso, ha accompagnato Francesco nel proprio studio privato, dove erano alcuni esponenti della comunità musulmana. Quindi i due si sono trasferiti in un salone dove hanno tenuto i discorsi ufficiali, alla presenza di giornalisti della stampa internazionale. Ricordando quanto sta drammaticamente accadendo nella regione del Medio oriente, entrambi hanno condannato ogni violenza compiuta in nome di Dio. E hanno ribadito l’importanza del dialogo tra le religioni, che il Papa si è augurato diventi creativo e trovi nuove modalità.
La prima giornata di Francesco in Turchia si era chiusa con un incontro non previsto nel programma ufficiale, nella sede della nunziatura apostolica: quello con una decina di fedeli della piccolissima comunità cattolica di Ankara. Il Pontefice si è intrattenuto per circa mezz’ora con loro e poi con i sacerdoti gesuiti che ne hanno la cura pastorale.


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Dialogo di amicizia
Mentre inizia la festa di sant’Andrea, patrono della Chiesa patriarcale di Costantinopoli, l’arrivo e la mattinata a Istanbul di Papa Francesco — con le visite alla moschea Sultan Ahmet (la celebre Moschea Blu), a Santa Sofia, oggi museo, e il semplice saluto della comunità cattolica nel piccolo giardino della delegazione apostolica — hanno segnato il passaggio alla parte ecumenica del viaggio in Turchia. Itinerario che è stato aperto ad Ankara dagli incontri con le autorità politiche e religiose del Paese.Quarta visita di un Papa in meno di cinquant’anni, il viaggio di Francesco rappresenta un nuovo momento di quel «dialogo di amicizia, di stima e di rispetto» — così si è subito espresso il Pontefice — i cui semi furono gettati quasi un secolo fa da Benedetto XV durante la prima guerra mondiale e poi dalla presenza di Angelo Roncalli, delegato apostolico nel Paese per un decennio. Seguirono dal 1967 le visite di Paolo VI, Giovanni Paolo II e Benedetto XVI, segnate soprattutto dagli incontri con i patriarchi costantinopolitani Atenagora, Demetrio e Bartolomeo.
Legata indissolubilmente alle origini e alla storia della Chiesa, è questa una terra «cara a ogni cristiano» ha ricordato il Papa, accennando alle missioni di san Paolo, alle antichissime tradizioni mariane e ai primi sette concili, tutti qui celebrati. E aggiungendo subito dopo un elogio della vitalità e un cenno all’importanza del ruolo e della responsabilità sullo scenario internazionale dell’attuale Turchia, oggi in prima linea nell’accoglienza di un numero enorme di profughi che cercano scampo dalla tragedia in atto in Siria e in Iraq.
L’unica via — ha ripetuto Francesco incontrando le autorità turche — è quella del dialogo, che prenda coscienza anche delle differenze per costruire la pace. E questa non può prescindere dal generale rispetto della dignità di ogni essere umano, e dunque di una libertà religiosa e di una libertà di espressione. «Per quanto tempo dovrà soffrire ancora il Medio Oriente a causa della mancanza di pace?» si è chiesto con angoscia il Papa che ha di nuovo con forza condannato il fondamentalismo e il terrorismo che stanno insanguinando la regione, con la persecuzione spietata e feroce delle minoranze religiose, in particolare dei cristiani e degli yazidi.
E la tragica situazione dei perseguitati è tornata nell’incontro con le autorità religiose nella Presidenza degli Affari religiosi, il Diyanet, dove già nel 2006 Benedetto XVI aveva confermato il desiderio di amicizia e collaborazione con l’islam per respingere le strumentalizzazioni delle fedi. Come capi religiosi «abbiamo l’obbligo di denunciare tutte le violazioni della dignità e dei diritti umani» ha ripetuto Francesco, che ancora una volta ha condannato con nettezza «la violenza che cerca una giustificazione religiosa».
Ma la condanna non basta e occorre adoperarsi per allontanare l’intolleranza e l’odio che si celano dietro pretesti religiosi. In questo musulmani e cristiani possono molto, ha sottolineato il Papa ricordando — in linea con la dichiarazione conciliare Nostra aetate — gli elementi comuni tra le due religioni, «pur vissuti secondo le proprie tradizioni». Per invertire una rotta che, disprezzando l’uomo, porta la morte e offende Dio.
L'Osservatore Romano

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Radio Vaticana
Nella sua seconda giornata in Turchia, il Papa si è trasferito da Ankara ad Istanbul. Qui, la prima tappa è stata la visita alla Moschea Blu. Ce ne parla il direttore della Sala Stampa vaticana, padre Federico Lombardi, raggiunto telefonicamente da Sergio Centofanti: (...)

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Il cardinale Kasper: "L'abbraccio con Bartolomeo, per l'unità dei cristiani"
La Repubblica
 
(Paolo Rodari) "La strada dell'unità fra cristiani è ancora da percorrere pienamente. Ma Francesco col suo ecumenismo dell'incontro e dell'amicizia ci sta facendo fare passi importanti. E il suo ribadire la disponibilità a discutere circa l'esercizio, non dunque l'essenza, del primato (...)