martedì 28 ottobre 2014

Mercoledì della XXX settimana del Tempo Ordinario



La Porta Santa evoca il passaggio
che ogni cristiano è chiamato a compiere dal peccato alla grazia.
Gesù ha detto: «Io sono la porta»,
per indicare che nessuno può avere accesso al Padre
se non per mezzo suo.
C'è un solo accesso che spalanca l'ingresso nella vita di comunione con Dio:
questo accesso è Gesù, unica e assoluta via di salvezza.
Solo a lui si può applicare con piena verità la parola del Salmista:
«E' questa la porta del Signore, per essa entrano i giusti».
Giovanni Paolo II, Incarnationis Mysterium
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Passava per città e villaggi, insegnando, mentre camminava verso Gerusalemme.
Un tale gli chiese: «Signore, sono pochi quelli che si salvano?». Rispose: «Sforzatevi di entrare per la porta stretta, perché molti, vi dico, cercheranno di entrarvi, ma non ci riusciranno. Quando il padrone di casa si alzerà e chiuderà la porta, rimasti fuori, comincerete a bussare alla porta, dicendo: Signore, aprici. Ma egli vi risponderà: Non vi conosco, non so di dove siete. Allora comincerete a dire: Abbiamo mangiato e bevuto in tua presenza e tu hai insegnato nelle nostre piazze. Ma egli dichiarerà: Vi dico che non so di dove siete. Allontanatevi da me voi tutti operatori d'iniquità! Là ci sarà pianto e stridore di denti quando vedrete Abramo, Isacco e Giacobbe e tutti i profeti nel regno di Dio e voi cacciati fuori. Verranno da oriente e da occidente, da settentrione e da mezzogiorno e siederanno a mensa nel regno di Dio. Ed ecco, ci sono alcuni tra gli ultimi che saranno primi e alcuni tra i primi che saranno ultimi».

(Dal Vangelo secondo Luca 13,22-30)

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Gesù cammina verso Gerusalemme, passa tra le città e i villaggi, e annuncia il Vangelo, compiendo così le parole del salmo: "Tu visiti la terra e la disseti, coroni l'anno con i tuoi benefici, al tuo passaggio stilla l'abbondanza". Gesù visita la nostra "città", con le ricchezze del suo insegnamento ci disseta, passa fa stillare l'abbondanza nella nostra vitaEssa infatti "è una questione aperta, un progetto incompleto. Come si impara l'arte di vivere? Quale è la strada alla felicità? Evangelizzare vuol dire: mostrare questa strada - insegnare l'arte di vivere. Gesù dice... Io ho la risposta alla vostra domanda fondamentale; io vi mostro la strada della vita, la strada alla felicità - anzi: io sono questa strada" (Benedetto XVI). 

In questo contesto si svolge il dialogo del Vangelo. Alcuni rabbini sostenevano che tutto Israele si sarebbe salvato in virtù della fedeltà di Dio. Altri invece affermavano: «Dio ha creato questo mondo per amore di molti, ma quello futuro per pochi». Gesù non cade nel tranello, e, come al solito, mette a fuoco la questione: si tratta della salvezza, dell'arte di vivere una vita piena per ereditare quella eterna; e ciò riguarda ciascuno di noi. Non importano le statistiche, quelle ad esempio nelle quali si perdono i Testimoni di Geova. Per questo Gesù presenta l'immagine della porta stretta attraverso la quale siamo chiamati ad entrare. Innanzi tutto essa ci insegna che la salvezza è al di là del luogo dove oggi noi ci troviamo: è necessario un passaggio, una pasqua, un cambiamento. E' la metanoia, la conversione, movimento ineludibile nel quale apprendere l'arte di vivere

Ma l'immagine della porta stretta illumina anche il tempo e lo spazio della salvezza. Nelle mura della città vi era la porta grande attraverso la quale, durante il giorno, passavano i carri, gli animali e le persone. All'interno di essa ve ne era una più stretta, la porta di servizio, che veniva chiusa per ultima. C'è un tempo favorevole per entrare, poi non si potrà più. Annunciando il Vangelo nelle città e nei villaggi, Gesù inaugura il tempo della Grazia: "Lo Spirito del Signore è sopra di me; per questo mi ha consacrato con l'unzione, e mi ha mandato per annunziare ai poveri un lieto messaggio, per proclamare ai prigionieri la liberazione e ai ciechi la vista; per rimettere in libertà gli oppressi, e predicare un anno di grazia del Signore... Oggi si è adempiuta questa scrittura che voi avete udita con i vostri orecchi" (Lc. 4, 18-21). 

L'anno di Grazia era l'anno giubilare della riconciliazione, del perdono, del riscatto descritto nel Libro del Levitico che iniziava con la celebrazione di Yom Kippur, la Grande festa della Riconciliazione. Per continuare ad abitare la Terra occorreva ri-entrare in essa attraverso la porta della conversione e del perdono, che supponeva la restituzione delle terre, il condono dei debiti e la liberazione degli schiavi. 

Nel corso dei secoli la Chiesa ha recuperato la Tradizione giubilare, istituzionalizzandola nel 1300, quando Bonifacio VIII diede inizio al primo giubileo della storia cristiana. Non a caso l'Anno Santo si inaugura con l'apertura della Porta Santa: il Papa, dolce Cristo in terra, la spalanca perchè ogni uomo possa attraversarla al termine di un pellegrinaggio di conversione: "Passare per quella porta significa confessare che Gesù Cristo è il Signore, rinvigorendo la fede in lui per vivere la vita nuova che Egli ci ha donato. E' una decisione che suppone la libertà di scegliere ed insieme il coraggio di lasciare qualcosa, sapendo che si acquista la vita divina. E' con questo spirito che il Papa per primo varcherà la porta santa...". E' molto interessante ricordare la storia della Porta Santa in San Pietro: "Nella Basilica Vaticana l'apertura della porta santa è attestata per la prima volta nel Natale del 1499. Una piccola porta, probabilmente di servizio, che si trovava nella parte sinistra della facciata della Basilica di S. Pietro, fu allora allargata e trasformata in porta santa, proprio nel luogo in cui si trova ancora oggi" (Mons. P. Marini, Indicazioni rituali sull'apertura della Porta Santa nel Giubileo del 2000)

Nel suo passare attraverso i luoghi degli uomini, le loro storie comuni e quotidiane, Gesù apre la porta su un tempo nuovo e favorevole, un kairos di salvezza. "Al momento favorevole ti ho esaudito e nel giorno della salvezza ti ho soccorso. Ecco ora il momento favorevole, ecco ora il giorno della salvezza!" (2 Cor. 6, 2). Ci è data, ora, l'occasione per entrare - un oggi irripetibile da cogliere, un anno giubilareun anno coronato di benefici - perchè poi la porta sarà chiusa: "Cercate il Signore, mentre si fa trovare, invocatelo, mentre è vicino" (Is. 55,6). Il Signore apre ogni giorno per noi delle porte attraverso le quali poterci riconciliare con il nostro passato, con le persone care; non siamo noi a stabilire i tempi della conversione, è Lui che ci visita offrendoci le occasioni per uscire dalla mediocrità e dalla dissipazione e prendere sul serio la nostra vita. 

La porta stretta significa anche che c'è uno spazio, una dimensione cui adeguarsi per entrare. Non siamo noi la "misura"; la misura autentica che ci definisce è la "porta". Il passaggio, la conversione suppone un adeguarsi alla piccolezza della porta. La porta stretta taglia e recide tutto quello che in noi ci fa schiavi della carne; essendo stretta ci obbliga a dimagrire spiritualmente. Ogni morte quotidiana, ogni evento che nella nostra vita uccide un pezzettino di uomo vecchio, è il segno dell'amore fedele di Dio, l'occasione da cogliere per adeguarci alla porta che introduce nella felicità. La porta stretta è la Croce di ogni giorno, che ricrea, nei diversi momenti favorevoli, la sua immagine in noi; così il Padre ci potrà riconoscere quali suoi figli nel Figlio, a Lui somiglianti, e aprirci la porta del Paradiso.

Gesù ci consegna anche la chiave per aprire la porta, l'atteggiamento con il quale cogliere l'occasione e adeguarci alle sue dimensioni: la lotta. La traduzione "sforzatevi" non fa giustizia all'originale greco che dice "lottare", entrare nell'agone che ci è presentato quotidianamente, la lotta per la libertà autentica. Per questo San Paolo, "di fronte alla sublimità della conoscenza di Cristo Gesù", considerava sterco e impedimento tutto quello che poteva essere per lui un guadagno per potersi vantare, giustificare, salvare secondo la carne. Conoscere il Signore al punto di essere crocifisso con Lui, perchè la propria vita fosse completamente unita e trasformata in quella di Cristo: identificato con Cristo per "essere trovato in lui". Così per ciascuno di noi, non basta aver partecipato all'eucarestia, aver ascoltato la sua Parola per varcare la soglia del Paradiso. 

Non vi sono passaporti validi se non quello che reca l'immagine di Cristo. "Non però che io abbia già conquistato il premio o sia ormai arrivato alla perfezione; solo lotto per correre e conquistarlo, perché anch'io sono stato conquistato da Gesù Cristo. Fratelli, io non ritengo ancora di esservi giunto, questo soltanto so: dimentico del passato e proteso verso il futuro, corro verso la mèta per arrivare al premio che Dio ci chiama a ricevere lassù, in Cristo Gesù" (Fil. 3,12-14). Nella stretta porta delle Croce si spalancano le braccia del Signore colme di misericordia. In ogni istante abbiamo l'occasione di essere accolti, ultimi perchè piccoli, deboli e incapaci di nulla, e perciò primi nell'essere amati.