domenica 26 ottobre 2014

L'appello di Francesco: credete nella famiglia

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di Bruno Forte

Quale volto della Chiesa cattolica ha espresso il Sinodo dei Vescovi, conclusosi domenica scorsa con la celebrazione presieduta da Papa Francesco in Piazza San Pietro per la beatificazione di Paolo VI? La risposta a questa domanda può articolarsi nelle tre affermazioni seguenti: una Chiesa "sinodale"; una Chiesa impegnata nel dialogo con la complessità delle culture; una Chiesa pronta a scommettere sulla famiglia quale cellula vitale per il futuro del mondo. 


Anzitutto una Chiesa "sinodale". È stato lo stesso Francesco a chiarire questa espressione, parlando ai vescovi partecipanti al Sinodo sabato 4 ottobre: «Abbiamo vissuto davvero un'esperienza di Sinodo, un percorso solidale, un cammino insieme. Ed essendo stato un cammino, come in ogni cammino ci sono stati dei momenti di corsa veloce, quasi a voler vincere il tempo e raggiungere al più presto la mèta; altri momenti di affaticamento, quasi a voler dire basta; altri momenti di entusiasmo e di ardore. Ci sono stati momenti di profonda consolazione ascoltando la testimonianza dei pastori veri che portano nel cuore saggiamente le gioie e le lacrime dei loro fedeli... e anche altri momenti di desolazione, di tensione e di tentazioni». Chi come me ha vissuto dal di dentro il Sinodo, non può che confermare questa descrizione, che corrisponde a quella di una Chiesa non arroccata nelle sue sicurezze, che sta in ascolto dei segni dei tempi, pronta a mettersi in gioco per corrispondere alle chiamate di Dio e a spendersi per il bene degli uomini, al cui servizio è mandata. Una Chiesa dove tutti devono sentirsi coinvolti e partecipi, ciascuno secondo le responsabilità connesse ai doni ricevuti. Tutt'altro che massa passiva, la Chiesa che il Sinodo ha espresso mi sembra quella più volte auspicata da Papa Francesco, comunità di battezzati adulti nella fede, che nella più completa libertà di espressione e nel reciproco ascolto si sforzano di discernere e realizzare con e per gli altri i disegni divini. Una Chiesa in cui, al di là di ogni logica individualista, tutti sono chiamati a camminare insieme, secondo il significato etimologico della parola "sinodo": cammino comune, via da percorrere uniti.
Questa Chiesa di cristiani adulti e responsabili si è dimostrata al Sinodo più che mai impegnata a dialogare con la complessità delle culture dell'intero "villaggio globale": i vescovi, gli uditori e gli esperti presenti rappresentavano i più diversi popoli della terra, con le loro identità storiche e spirituali, accomunati fra loro dalla medesima fede in Cristo e dalla comunione universale della Chiesa. Le radicazioni locali si sono coniugate al respiro della cattolicità, mostrando come si possa entrare veramente in dialogo con la diversità quando si vive la fedeltà a un'identità profonda, capace di trascendere e insieme unire le differenze. È avvenuto così che le sfide riguardanti la famiglia nei più diversi contesti siano state presenti, senza oscurare il progetto divino sull'amore umano rivelato in Cristo, accentuando anzi l'urgenza di proporre a tutti il "Vangelo della famiglia", quale che siano le situazioni concrete in cui l'annuncio va realizzato. Globale e locale interagiscono in profondità nell'esperienza della "communio catholica", e fanno della Chiesa la più "glocale" delle istituzioni operanti sul pianeta al servizio della promozione di tutto l'uomo in ogni uomo. Lungi dal cancellare la ricchezza delle identità, la cattolicità la esalta e la mette in comunicazione con altri doni, possibilità diverse che fecondano l'unità universale e ne sono a loro volta arricchite e stimolate. L'inculturazione dell'unica fede in lingue e storie diverse non mortifica i valori dell'umano, ma li vivifica dal di dentro, purificandoli e portando loro la luce nuova del Vangelo. Proprio così, il Sinodo ha potuto parlare alle famiglie del mondo, così come esse sono vissute nei contesti tradizionali e in quelli segnati da profondi processi di trasformazione. Dalla Cina all'America Latina, dal Nord europeo e occidentale al Sud del pianeta, dall'America Latina all'Africa, dall'India all'emisfero australe, la causa della famiglia e dell'amore che ne costituisce l'attrazione e la forza, nonostante tutte le difficoltà e le sfide, risuona attraverso la Chiesa come buona novella e scuola di autentica umanizzazione (come afferma il Concilio Vatricano II nella Costituzione "Gaudium et spes" al n. 52). In questa attitudine di ascolto e di dialogo nei confronti delle realtà più diverse si riconosce, poi, l'ispirazione che il Sinodo di Papa Francesco ha tratto dal magistero di Paolo VI, il Papa del dialogo con la modernità, non a caso beatificato a conclusione dell'Assemblea sinodale.
La Chiesa scommette, infine, sulla famiglia: lo fa, certo, non ingenuamente, ben consapevole anzi delle prove che in tanti modi la segnano e dei condizionamenti che ne rendono spesso pesante il cammino, legati al mondo sociale e del lavoro, alla varietà di situazioni politiche ed economiche, alla fragilità crescente dei rapporti umani. Lo fa, però, nella convinzione che un grembo di crescita nella propria umanità, una scuola di socializzazione, una rete di vita che apra alla fede e alla comunità ecclesiale, una via di santificazione fondata sul reciproco sostenersi e incoraggiarsi, sono necessari a tutti. La sfida non è da poco, e con grande lucidità Papa Francesco ha indicato le tentazioni da superare per corrispondervi: quella dell'irrigidimento ostile, e cioè «il voler chiudersi dentro lo scritto (la lettera) e non lasciarsi sorprendere da Dio, dal Dio delle sorprese (lo spirito), dentro la legge, dentro la certezza di ciò che conosciamo e non di ciò che dobbiamo ancora imparare e raggiungere», tentazione «degli zelanti, degli scrupolosi, dei premurosi e dei cosiddetti - oggi - tradizionalisti». Quindi, la tentazione del buonismo distruttivo, «che tratta i sintomi e non le cause e le radici», e quella del voler tutto e subito, pretendendo o di trasformare le pietre in pane, «per rompere un digiuno lungo, pesante e dolente», o di trasformare il pane in pietra, per «scagliarla contro i peccatori, i deboli e i malati», trasformandolo in «fardelli insopportabili». La tentazione, infine, di scendere dalla croce, «per accontentare la gente, e non rimanerci, per compiere la volontà del Padre», e trascurare l'obbedienza alla verità, «considerandosi non custodi ma proprietari e padroni o, dall'altra parte, utilizzando una lingua minuziosa e un linguaggio di levigatura per dire tante cose e non dire niente». Scommettere sulla famiglia oggi vuol dire navigare fra queste opposte sponde, scegliendo così la via del servizio all'uomo forse più esigente e difficile, la sola, tuttavia, veramente costruttiva e conforme al progetto del Creatore, che ha voluto la Sua creatura per amore, chiamandola a realizzarsi nella risposta alla vocazione decisiva ad amare.
Il Sole 24 Ore
Bruno Forte è Arcivescovo di Chieti-Vasto

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Tutti i successi del Sinodo   
Formiche
 
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