giovedì 2 ottobre 2014

Francesco: l'angelo custode esiste, ascoltiamo i suoi consigli



Messa del Papa a Santa Marta. Tutti abbiamo un angelo
L'Osservatore Romano
Tutti abbiamo un angelo sempre accanto, che non ci lascia mai soli e ci aiuta a non sbagliare strada. E se sapremo essere come bambini riusciremo a evitare la tentazione di bastare a noi stessi, che sfocia nella superbia e anche nel carrierismo esasperato. È proprio il ruolo decisivo degli angeli custodi nella vita dei cristiani che Papa Francesco ha ricordato, nel giorno della loro festa, durante la messa celebrata giovedì 2 ottobre a Santa Marta.
Sono due le immagini — l’angelo e il bambino — che, ha fatto subito notare Francesco, «la Chiesa ci fa vedere nella liturgia di oggi». Il libro dell’Esodo (23.20-23a), in particolare, ci propone «l’immagine dell’angelo», che «il Signore dà al suo popolo per aiutarlo nel suo cammino». Si legge infatti: «Io mando un angelo davanti a te per custodirti nel tuo cammino e per farti entrare nel luogo che ho preparato». Dunque, ha commentato il Papa, «la vita è un cammino, la nostra vita è un cammino che finisce in quel luogo che il Signore ci ha preparato».Ma, ha puntualizzato, «nessuno cammina da solo: nessuno!». Perché «nessuno può camminare da solo». E «se uno di noi credesse di poter camminare da solo, sbaglierebbe tanto» e «cadrebbe in quello sbaglio, tanto brutto, che è la superbia: credersi di essere grande». Finendo anche per avere quell’atteggiamento di «sufficienza» che porta a dire a se stessi: «Io posso, io ce la faccio» da solo.
Invece il Signore dà una chiara indicazione al suo popolo: «Vai, tu farai quello che io ti dirò. Tu camminerai la tua vita, ma ti darò un aiuto che ti ricorderà continuamente quello che tu devi fare». E così «dice al suo popolo come dev’essere l’atteggiamento con l’angelo». La prima raccomandazione è: «Abbi rispetto della sua presenza». E poi: «Dai ascolto alla sua voce e non ribellarti a lui». Perciò oltre a «rispettare» si deve anche saper «ascoltare» e «non ribellarsi».
In fondo, ha spiegato il Papa, «è quell’atteggiamento docile, ma non specifico, dell’obbedienza dovuta al padre, che è proprio dell’obbedienza del figlio». Si tratta in sostanza di «quell’obbedienza della saggezza, quell’obbedienza dell’ascoltare i consigli e scegliere il meglio secondo i consigli». E bisogna, ha aggiunto, «avere il cuore aperto per chiedere e ascoltare consigli».
Il passo del Vangelo di Matteo (18, 1-5.10) propone invece la seconda immagine, quella del bambino. «I discepoli — ha detto il vescovo di Roma commentando il brano — litigavano su chi fosse il più grande tra loro. C’era disputa interna: il carrierismo. Questi che sono i primi vescovi avevano questa tentazione del carrierismo» e dicevano tra loro: «Io voglio diventare più grande di te!». In proposito Francesco ha rimarcato: «Non è un buon esempio che i primi vescovi abbiano fatto questo, ma è la realtà».
Da parte sua «Gesù insegna loro il vero atteggiamento»: chiama a sé un bambino, lo pone in mezzo a loro — riferisce Matteo — e così facendo indica espressamente «la docilità, il bisogno di consiglio, il bisogno di aiuto, perché il bambino è proprio il segno del bisogno di aiuto, di docilità per andare avanti».
«Questa è la strada», ha assicurato il Pontefice, e non quella di stabilire «chi è più grande». In realtà, ha ribadito ripetendo le parole di Gesù, «sarà più grande» colui che diventerà come un bambino. E qui il Signore «fa quel collegamento misterioso che non si può spiegare, ma è vero». Dice infatti: «Guardate di non disprezzare uno solo di questi piccoli, perché io vi dico che i loro angeli nei cieli vedono sempre la faccia del Padre mio che è nei cieli».
In pratica, ha suggerito Francesco, «è come se dicesse: se voi avete questo atteggiamento di docilità, questo atteggiamento di stare a sentire i consigli, di cuore aperto, di non voler essere il più grande, quell’atteggiamento di non volere camminare da solo il cammino della vita, sarete più vicini all’atteggiamento di un bambino e più vicini alla contemplazione del Padre».
«Tutti noi secondo la tradizione della Chiesa — ha spiegato ancora il Papa — abbiamo un angelo con noi, che ci custodisce, ci fa sentire le cose». Del resto, ha confidato, «quante volte abbiamo sentito: “Ma, questo... dovrei fare così... questo non va... stai attento!”». È proprio «la voce di questo nostro compagno di viaggio». E possiamo essere «sicuri che lui ci porterà alla fine della nostra vita con i suoi consigli». Per questo bisogna «dare ascolto alla sua voce, non ribellarci». Invece «la ribellione, la voglia di essere indipendente, è una cosa che tutti noi abbiamo: è la stessa superbia, quella che ha avuto il nostro padre Adamo nel paradiso terrestre». Di qui l’invito del Papa a ciascuno: «Non ribellarti, segui i suoi consigli!».
In realtà, ha confermato il Pontefice, «nessuno cammina da solo e nessuno di noi può pensare che è solo: c’è sempre questo compagno». Certo, capita che «quando noi non vogliamo ascoltare il suo consiglio, ascoltare la sua voce, gli diciamo: “Ma vai via!”». Ma «cacciare via il compagno di cammino è pericoloso, perché nessun uomo, nessuna donna può consigliare se stesso: io posso consigliare un altro, ma non consigliare me stesso». Infatti, ha ricordato Francesco, «c’è lo Spirito Santo che mi consiglia, c’è l’angelo che mi consiglia» e per questo ne «abbiamo bisogno».
Il Papa ha invitato a non considerare «questa dottrina sugli angeli un po’ fantasiosa». Si tratta invece di una «realtà». È «quello che Gesù, che Dio ha detto: “Io mando un angelo davanti a te per custodirti, per accompagnarti nel cammino, perché non sbagli”».
In conclusione Francesco ha proposto una serie di domande perché ciascuno possa fare un esame di coscienza con se stesso: «Com’è il rapporto con il mio angelo custode? Lo ascolto? Gli dico buongiorno, al mattino? Gli dico: custodiscimi durante il sonno? Parlo con lui? Gli chiedo consiglio? È al mio fianco?». A questi interrogativi, ha detto, «possiamo rispondere oggi»: ciascuno di noi può farlo per verificare «com’è il rapporto con quest’angelo che il Signore ha mandato per custodirmi e accompagnarmi nel cammino, e che vede sempre la faccia del Padre che è nei cielo».

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L’angelo custode esiste, non è una dottrina fantasiosa, ma un compagno che Dio ci ha posto accanto nel cammino della nostra vita: è quanto ha detto Papa Francesco nell’omelia della Messa mattutina a Casa Santa Marta, nel giorno in cui la Chiesa celebra la memoria dei Santi Angeli Custodi. 
Le letture del giorno – afferma Papa Francesco - presentano due immagini: l’angelo e il bambino. Dio ha messo al nostro fianco un angelo per custodirci: “Se uno di noi credesse di poter camminare da solo, sbaglierebbe tanto”, cadrebbe “in quello sbaglio tanto brutto che è la superbia: credere di essere grande”, autosufficiente. Gesù insegna agli apostoli ad essere come i bambini. "I discepoli litigavano su chi fosse il più grande tra loro: c’era una disputa interna … eh, il carrierismo, eh? Questi che sono i primi vescovi, avevano questa tentazione del carrierismo. ‘Eh, io voglio diventare più grande di te …’. Non è un buon esempio che i primi vescovi facciano questo, ma è la realtà. E Gesù insegna loro il vero atteggiamento”, quello dei bambini: “la docilità, il bisogno di consiglio, il bisogno di aiuto, perché il bambino è proprio il segno del bisogno di aiuto, di docilità per andare avanti … Questa è la strada. Non chi è più grande”. Quelli che sono più vicini all’atteggiamento di un bambino, sono “più vicinialla contemplazione del Padre”. Ascoltano con cuore aperto e docile l’angelo custode:
“Tutti noi, secondo la tradizione della Chiesa, abbiamo un angelo con noi, che ci custodisce, ci fa sentire le cose. Quante volte abbiamo sentito: ‘Ma … questo … dovrei fare così, questo non va, stai attento …’: tante volte! E la voce di questo nostro compagno di viaggio. Essere sicuri che lui ci porterà alla fine della nostra vita con i suoi consigli, e per questo dare ascolto alla sua voce, non ribellarci … Perché la ribellione, la voglia di essere indipendente, è una cosa che tutti noi abbiamo; è la superbia, quella che ha avuto il nostro padre Adamo nel Paradiso terrestre: la stessa. Non ribellarti: segui i suoi consigli”.
“Nessuno cammina da solo e nessuno di noi può pensare che è solo” – ha proseguito il Papa – perché c’è sempre “questo compagno”:
“E quando noi non vogliamo ascoltare il suo consiglio, ascoltare la sua voce, è come dirgli: ‘Ma, vai via!’. Cacciare via il compagno di cammino è pericoloso, perché nessun uomo, nessuna donna può consigliare se stesso. Io posso consigliare un altro, ma non consigliare me stesso. C’è lo Spirito Santo che mi consiglia, c’è l’angelo che mi consiglia. Per questo, abbiamo bisogno. Questa non è una dottrina sugli angeli un po’ fantasiosa: no, è realtà. Quello che Gesù, che Dio ha detto: ‘Io mando un angelo davanti a te per custodirti, per accompagnarti nel cammino, perché non sbagli’”.
Papa Francesco conclude così l’omelia:
“Io, oggi, farei la domanda: com’è il rapporto con il mio angelo custode? Lo ascolto? Gli dico buongiorno, al mattino? Gli dico: ‘Custodiscimi durante il sonno?’. Parlo con lui? Gli chiedo consiglio? E’ al mio fianco. Questa domanda possiamo risponderla oggi, ognuno di noi: com’è il rapporto con quest’angelo che il Signore ha mandato per custodirmi e accompagnarmi nel cammino, e che vede sempre la faccia del Padre che è nei cieli”.Radio Vaticana.