lunedì 13 ottobre 2014

Custodi della bellezza



Paolo VI e gli artisti.
(Antonio Paolucci) Giovanni Battista Montini è stato un intellettuale di gran rango, uomo di cultura internazionale approfondita e affinata negli anni della nunziatura a Parigi. Vicino alla filosofia di Jacques Maritain, amico di Jean Guitton autore della sua biografia spirituale, attento alle avanguardie, sensibile ai movimenti e alle idee che attraversano il primo Novecento europeo, ebbe modo di conoscere e di frequentare, fra gli altri, Cocteau e Severini, Chagall e Rouault e di riflettere sui testi di Paul Sérusier e di Maurice Denis.
Temperamento riflessivo e tendenzialmente pessimista, Giovanni Battista Montini sapeva che ricomporre il divorzio fra arte e Chiesa era impresa ardua, al limite della temerarietà e tuttavia riteneva, da intellettuale e da pastore, che l’azzardo andasse tentato, che il cattolicesimo non poteva sottrarsi al confronto con la realtà artistica del nostro tempo. Nel discorso agli artisti tenuto in Cappella Sistina il 7 maggio 1964, un anno dopo la sua ascesa al trono di Pietro col nome di Paolo VI, Giovanni Battista Montini elabora e propone una dottrina estetica destinata a rimanere una delle pagine più alte nella storia del cattolicesimo novecentesco. Per Paolo VI l’artista è chiamato a rendere visibile, nella pienezza della sua libertà espressiva e quindi nell’esercizio della sua spontaneità di “creatore”, ciò che è trascendente, inesprimibile, “ineffabile”.La Collezione d’Arte Religiosa Moderna che, dipartimento autonomo dei Musei Vaticani, Paolo VI inaugurò il 23 giugno 1973, dopo averla personalmente e amorosamente costruita insieme al suo segretario monsignor Pasquale Macchi, era destinata a testimoniare la “religiosità” presente nell’arte moderna e contemporanea; ora affidata a iconografie tradizionali, ora sottesa a soggetti “secolari” quali paesaggi, nature morte, ritratti, composizioni informali. Partendo dal riconoscimento della “religiosità” innata alle forme figurative della modernità sarebbe stato possibile — era questo il pensiero ultimo del Papa — avviare la ricomposizione del divorzio fra Chiesa e artisti e prefigurare “l’arte sacra” del futuro.
Per tutte queste ragioni e perché la Galleria d’arte moderna dei Musei Vaticani con le sue quattrocentocinquanta opere esposte e le migliaia conservate in deposito, con i capolavori di Matisse e di Van Gogh, di Chagall e di Otto Dix, di Bacon e di Fontana, di Rouault e di Severini, di Arturo Martini e di Manzù, appare oggi come uno dei più grandi lasciti consegnati alla cultura universale della Chiesa del Novecento, noi dei Musei non potevamo lasciar cadere l’evento della beatificazione di quel grande Pontefice, senza esprimere la nostra gratitudine e la nostra ammirazione per l’azione da lui svolta nel settore delle arti.
 
23 giugno 1973. Fioritura in tempi aridi
Il 23 giugno 1973, allo scadere del primo decennio di pontificato, Paolo VI inaugura la Collezione d’Arte Religiosa Moderna dei Musei Vaticani, che aprirà al pubblico il 21 novembre dello stesso anno. Lo stesso giorno, per l’occasione, nell’Aula Paolo VI l’orchestra della Rai tiene un concerto diretto da Leonard Bernstein. Sono 542 le opere esposte: un insieme che vuol essere documentario, come dichiara lo stesso Pontefice, «più che dell’Arte, dell’artista moderno, il quale è Profeta e Poeta, a suo modo, dell’uomo d’oggi».
La stampa internazionale dà grande risalto all’evento, sottolineandone l’eccezionalità e ponendo l’accento sull’importanza dell’operazione attivata dal Pontefice. In particolare viene segnalato l’alto livello dell’insieme delle opere, che rende la collezione degna di confronto con le più significative raccolte internazionali di arte moderna e contemporanea.
«L’Osservatore Romano» il giorno seguente dedica all’inaugurazione ampio spazio, riportando la versione integrale del discorso che Paolo VI rivolge in Sistina al mondo dell’arte, insieme all’elenco completo dei 260 artisti esposti nelle sale. Per citarne solo alcuni: Bacon, Balla, Boccioni, Capogrossi, Casorati, Carrà, Chagall, Dalì, Denis, Dix, Fazzini, Fontana, Greco, Manzù, Marini, Matisse, Morandi, Rodin, Shahn, Siqueiros, Sironi, Wildt.
La cronaca dell’avvenimento riportata da «L’Osservatore Romano», suggestivamente intitolata La nuova aiuola nel vecchio giardino, narra la gratitudine del Papa verso tutti coloro che hanno reso possibile l’ambizioso progetto e la sua gioia nel constatare che ancora esistono, «nonostante la palese aridità dei tempi», artisti in grado di confrontarsi con l’arte religiosa.
La Collezione viene collocata negli spazi che ancora occupa: gli appartamenti di Innocenzo III, Sisto v e Alessandro vi Borgia e gli ambienti sottostanti la Sala Regia e la Sistina. L’allestimento è curato da Dandolo Bellini, architetto, pittore, collezionista d’arte, che aveva allestito la Galleria d’Arte Sacra dei Contemporanei di Milano-Niguarda, inaugurata a Villa Clerici nel 1955. L’anno successivo l’allora arcivescovo di Milano Giovanni Battista Montini in visita ufficiale alla Galleria, aveva affermato: «Qui ci si riconcilia con l’arte moderna», ponendo così le basi non solo per la futura amicizia con Bellini.
A partire dal 1974 la Collezione, fedele all’idea di Paolo VI di tenere vivo l’interesse e il dibattito intorno all’arte sacra, diventa promotrice di iniziative espositive, pubblicazioni, convegni, relazioni e progetti con altre istituzioni, anche al fine di promuovere e ampliare la conoscenza della raccolta. Al 1974 risale la prima mostra, su evangelizzazione e arte, dedicata al volto di Cristo, realizzata nell’atrio dell’Aula Paolo VI in occasione de terzo  
 
Sinodo dei vescovi.
Negli ultimi decenni il nucleo ha continuato ad arricchirsi di importanti presenze internazionali, tra cui Burri, Perilli, Paladino, Tano Festa, raggiungendo un totale di oltre ottomila opere. E il suo «volto» espositivo si è trasformato, includendo tra i capolavori visibili al pubblico anche i monumentali bozzetti per la Cappella di Vence di Henri Matisse, donati dal figlio dell’artista nel 1980 in occasione dell’importante mostra «Nuove acquisizioni», organizzata da monsignor Macchi a due anni dalla morte di Paolo VI.
Oggi la Collezione offre ai visitatori una variegata panoramica dell’arte italiana e internazionale, sempre più rispondente agli attuali criteri espositivi.
 
Il rifiuto di Henry Moore e una vetrata troppo cara
Nel 1964 Paolo VI commissiona all’architetto e ingegnere Pier Luigi Nervi una grande aula destinata alle udienze papali. Per rispondere alle specifiche esigenze Nervi concepisce uno spazio a pianta trapezoidale, con posti a sedere eliminabili, che può raggiungere una capienza massima di circa dodicimila posti in piedi, ideato per consentire la visione diretta del trono papale da ogni punto della sala. Vengono previsti sofisticati impianti per il condizionamento, l’insonorizzazione e l’illuminazione.
Il progetto viene vagliato dalla Commissione permanente per la tutela dei monumenti storici e artistici della Santa Sede e la realizzazione dell’aula termina nel 1971. Per la decorazione dell’aula fin dalla metà degli anni Sessanta vengono consultati alcuni dei maggiori artisti contemporanei, tra cui Moore, che rifiuta l’incarico, Chagall, che propone una vetrata a costi troppo elevati, e Pericle Fazzini. Quest’ultimo viene contattato dal Vaticano nel 1965, ma la decisione definitiva giunge, grazie al personale intervento di Paolo VI, nel 1971 quando viene approvata l’idea di un monumentale Cristo risorto in bronzo. L’artista lavora per alcuni anni all’impresa. La realizzazione del prototipo a grandezza naturale avviene nella chiesa sconsacrata di San Lorenzo in Piscibus, vicina a San Pietro: usa chiavi elettriche incandescenti per “plasmare" in polistirolo la struttura, terminata nel 1975. Ci vorranno due anni per fondere i vari pezzi, poi assemblati nella definitiva collocazione.
In occasione dell’inaugurazione, avvenuta due giorni dopo l’ottantesimo compleanno di Paolo VI, il 28 settembre 1977, il Pontefice dichiara: «Non parleremo se non della monumentale e unica figura, quella di Gesù Cristo risorto, vivente e benedicente, che domina questa sala, e che noi oggi inauguriamo: dice quale sia la testimonianza affidata al ministero apostolico, essere quel Gesù, ch’è stato crocifisso, costituito Signore e Cristo».
 
Una mostra al Braccio di Carlo Magno

«Paolo VI e gli artisti. “Siete custodi della bellezza nel mondo”» è il tema della mostra che sarà inaugurata, nel pomeriggio di giovedì 16 ottobre, al Braccio di Carlo Magno. Rimarrà aperta fino al 15 novembre. Promossa dal Governatorato dello Stato della Città del Vaticano — Direzione dei Musei Vaticani, l’esposizione nasce quale omaggio per la beatificazione di Papa Montini, il prossimo 19 ottobre, e presenta opere provenienti dalla Collezione d’Arte contemporanea dei Musei Vaticani, voluta dallo stesso Pontefice e da lui inaugurata nel 1973. Il catalogo (di cui pubblichiamo ampi stralci in pagina), edito dalle Edizioni Musei Vaticani, è presentato dal direttore Antonio Paolucci, contiene i testi della curatrice, Francesca Boschetti, e alcuni illuminanti passi dei testi di Paolo VI. Alla presentazione della mostra interverranno — oltre al direttore dei Musei e alla curatrice — il cardinale Giuseppe Bertello e il vescovo Fernando Vérgez Alzaga, rispettivamente presidente e segretario generale del Governatorato.
L'Osservatore Romano

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Paolo VI: su www.agensir.it dossier realizzato da settimanale diocesi di Brescia
SIR
 
È da oggi on line sul sito del Sir un dossier su Paolo VI realizzato dal settimanale della diocesi di Brescia (“La Voce del Popolo”), in collaborazione con altre testate Fisc (Federazione italiana settimanali cattolici), in vista della beatificazione di domenica prossima (clicca qui). (...)