giovedì 25 settembre 2014

Il Sinodo “in pillola”




"Humanae Vitae": il coraggio e la lungimiranza di Paolo VI

Il dott. Renzo Puccetti racconta in un libro il dibattito sui temi etici e morali nato in seno al Vaticano II che portò Montini a scrivere la storica Enciclica

In prossimità del Sinodo straordinario sulla Famiglia, una delle intenzioni degli organizzatori è quella di ricomporre la frattura sui temi morali ed etici avvenuta durante il Concilio Vaticano II. Di pari passo, il 19 ottobre, papa Francesco celebrerà la beatificazione di Paolo VI, il Pontefice che ha dato il via alla grande assise conciliare e che ha scritto e pubblicato l’enciclica Humanae Vitae, meglio conosciuta come il documento pontificio che si oppose all’uso delle pillole contraccettive. Molte sono ancora oggi le domande sul come e perché l’enciclica suscitò così tante critiche. Quali furono gli argomenti che vedevano alcuni vescovi e cardinali favorevoli all’utilizzo delle pillole contraccettive?  Cosa c’è di sbagliato nellaHumanae Vitae? E quali furono invece i meriti di quell’enciclica?
Uno dei migliori libri sul tema è quello scritto dal dott. Enzo Puccetti, “I veleni della contraccezione”, pubblicato dalle Edizioni Studio Domenicano. Nel corso di alcune discussioni con l'autore, ebbi modo di esprimere la necessità di una documentazione più vasta sul tema che raccontasse nei dettagli quanto era accaduto. Puccetti ha preso sul serio la sfida. Ha letto, studiato, fatto ricerche e interviste, consultato decine e decine di testi in lingue diverse. Dopo tre anni di lavoro ne è venuto fuori un libro di 400 pagine ed oltre 800 voci bibliografiche. Il libro è così ricco di informazioni originali da diventare oggetto per un docufilm sull'ultima enciclica di Montini.
“Sembrava un'impresa proibitiva per le nostre deboli forze - dichiara il medico a ZENIT - ma evidentemente la nostra audacia è piaciuta al Cielo, perché incredibilmente tutte le porte si sono spalancate ed a breve si comincerà il montaggio di quello che ci auguriamo possa essere uno strumento al servizio della Chiesa e della verità storica”.
Nel libro pubblicato dalla ESD lei racconta quanto accadde al Concilio in merito allutilizzo o meno delle pillole contraccettive. Può dirci quale era il pensiero di Paolo VI in proposito?
Il Santo Padre aveva aperto la porta alla verità. In fin dei conti la pillola aveva fatto la sua comparsa nelle farmacie americane e inglesi soltanto nel 1957, la soppressione ovulatoria che induceva, simulava tremendamente il meccanismo fisiologico che si realizza durante l'allattamento, inoltre si stavano accumulando studi teologici che consideravano lecita l'assunzione della pillola a scopo terapeutico in varie circostanze. Il Papa voleva vederci chiaro, per questo consentì la discussione in Concilio e favorì i lavori di una commissione pontificia istituita nel 1963 da Papa Giovanni XXIII. Ad un certo punto però ebbe chiaro che l'obiettivo di alcuni settori che spingevano per aprire all’uso della pillola poteva ribaltare l'intera dottrina bimillenaria sulla contraccezione cambiando il concetto di legge morale naturale, invertendo la gerarchia dei beni del matrimonio, soggettivizzando la morale facendo della coscienza umana l'organo supremo creatore della verità, cancellando il concetto di tradizione come fonte magisteriale. La Chiesa che ne sarebbe uscita poteva scivolare su un crinale pericoloso, avrebbe cessato di essere la Chiesa del Signore, per essere sempre più la chiesa condizionata dai desideri egoistici degli uomini, il rischio era di avere un nuovo vitello d'oro. Avvisato di questo esiziale pericolo da un sacerdote gesuita espressamente giunto dagli Stati Uniti verso cui tutti noi abbiamo un debito immenso, padre John Cuthbert Ford, il Santo Padre comunicò ai padri conciliari che la questione della pillola veniva sottratta dalla discussione conciliare, la avocò a sé, considerando le conclusioni della commissione pontificia uno dei tanti contributi messi a disposizione per la riflessione.
Quali erano invece le posizioni dei Padri Conciliari e come intervenne Paolo VI  per spiegare le ragioni del non utilizzo delle pillole contraccettive?
Il cardinale Giuseppe Siri scrisse, personalizzando molto e probabilmente in modo anche eccessivo, che al Concilio si stava assistendo ad uno scontro tra Orazi e Curiazi. Un settore minoritario, ma molto bene organizzato che sarà indicato come ‘Alleanza Europea’ riuscì ad avere una rappresentanza enorme nelle commissioni conciliari, con ben tre dei quattro cardinali moderatori. Le commissioni conciliari eranoi veri centri motore della redazione dei testi. A ben vedere tutto l'attacco che Paolo VI subirà nella seconda parte del suo pontificato ha a che fare con l'avere impedito il tentativo di trasformare il Concilio in un'assemblea che avrebbe stravolto la dottrina. Le principali argomentazioni sostenute per giustificare la contraccezione erano il primato e la salvaguardia del bene dell'unione degli sposi minacciata da nuovi figli. L’idea dei favorevoli alle pillole era che la nascita dei figli avrebbe minacciato l’unità della coppia. Altra argomentazione per giustificare la pillola era l'applicazione del principio di totalità agli atti umani, per cui sarebbe stato sufficiente che la relazione coniugale si dimostrasse essere aperta ai figli ma non ad ogni singolo atto coniugale. Inoltre si proponeva la totale dissociazione tra qualità morale e atti della coscienza degli sposi, come se la coscienza non avesse il bisogno e il dovere di essere rettamente formata. Il Papa volle che si svolgesse un confronto, ma chiarì bene che non vi era motivo sufficiente per potere modificare le norme già dettate da Papa Pio XII. Purtroppo molti laici, religiosi, sacerdoti e persino vescovi avevano imboccato la via che annunciava un cambiamento certo e imminente. Quando Papa Paolo VI ribadì la dottrina nell'enciclica Humanae vitae fu per loro una doccia gelata, un vero e proprio shock a cui solo in pochi reagirono con umiltà e docilità. Molti, cedettero alla superbia, mettendo da subito in piedi una contestazione più o meno aperta contro il Magistero del Papa ed inaugurando quello che verrà indicato come il magistero parallelo dei teologi e dei vescovi.
Sulla famiglia, sulla procreazione e sullutilizzo dei contraccettivi, Paolo VI scrisse e pubblicò lHumanae Vitae. Può spiegare le motivazioni che spinsero il Papa a pubblicare lEnciclica?
Tutti auspicavano un pronunciamento del Papa, ma poiché vi erano coloro che contestavano la dottrina costante della Chiesa sulla contraccezione, durante l'attesa, si disse che la legge era dubbia e come tale non era obbligante. Il silenzio del Papa finiva per facilitare questo giochino; ne era consapevole padre Ford e ne era ben consapevole lo stesso Papa che comprendeva chiaramente come il suo silenzio di fronte agli attacchi alla dottrina consentisse di considerare la stessa dottrina non più certa, ma probabile e quindi non obbligante, in ossequio alla norma che lex dubia non obligat. Fu così che Papa Paolo VI ruppe gli indugi con l’Humanae vitae precisando l'inscindibilità dei significati procreativo e unitivo dell'atto coniugale. Secondo Paolo VI, con le pillole contraccettive si manifesta una intenzione contraria alla vita. Inoltre si propone di escludere l'azione di Dio nella creazione della vita umana interferendo con le Sue leggi, e si nega la conservazione del senso di mutuo e vero amore dell'atto coniugale stesso.
Le reazioni allHumanae Vitae furono controverse. Alcuni raccontano che con alcune Conferenze Episcopali si rischiò la rottura. Che può dirci in proposito?
Vi fu fedeltà ed infedeltà, esattamente come avviene oggi. In diversi dissero che il documento del Papa non era infallibile e come tale criticabile e quindi violabile. I vescovi italiani e quelli della conferenza episcopale americana sostennero il Papa, mentre i documenti dei vescovi di Belgio, Olanda, Austria, Germania, Canada erano contrari. Il cardinale Christoph Schönborn qualche hanno fa ha chiesto pubblicamente perdono per quanto fecero i suoi confratelli nell'episcopato austriaco. Di recente il vescovo di Anversa Johan Bonny ha raccontato che Papa Paolo VI ricevette il vescovo di Namur André-Marie Charue a cui espresse nei modi più netti la propria insoddisfazione per la dichiarazione dei vescovi belgi. Charue rispose al Papa che avrebbe firmato di nuovo quella dichiarazione e poi, davanti al Papa, pianse.
Al di là delle critiche alcuni sostengono che lHumane Vitae fu una Enciclica profetica e che Montini fu coraggioso e saggio. Lei cosa ne pensa?
L'enciclica fu fedele, drammatica, coraggiosa, profetica, semplice, di carattere dottrinale e pastorale. La cancellazione della procreazione nell'atto coniugale aveva come obiettivo quello di ridurre il sesso ad una mera attività banalizzante, ad un gioco irresponsabile. Secondo il cardinale Carlo Caffarra l’espulsione e banalizzazione della sessualità nei casi seri della vita, “è una ideologica negazione della realtà dell'essere umano che nella sessualità ha una privilegiata estensione esteriore della propria interiorità”. Come aveva intuito il filosofo marxista Max Horkheimer, la contraccezione ha privato la sessualità del peso esistenziale suo proprio. Le conseguenze di riduzione e indebolimento della moralità le aveva già annunciate Papa Paolo VI. Se il sesso è un gioco, perché impegnarsi tutta la vita con un solo compagno di giochi? Perché limitarsi con il giogo matrimoniale? Perché non divorziare se si trova un nuovo compagno che ci fa divertire di più? Gli effetti della diffusa contraccezione non hanno impedito le gravidanze giovanili, ed hanno indebolito i legami matrimoniali. Il sesso si è ridotto sempre più a merce di scambio per fini egoistici. Inoltre la mentalità contraccettiva ha preparato il terreno alla mentalità abortiva. San Giovanni Paolo II ha scritto nell’Evangelium vitae che contraccezione e aborto sono il frutto di una medesima pianta. Abbiamo molte prove di questo; in Francia soltanto il 3,1% delle donne sessualmente attive in età fertile non usa la contraccezione, si vendono un milione e duecentomila pillole del giorno dopo, ma la cifra degli aborti nel 2013 è impressionante: 216.854. Negli Stati Uniti le donne del National Survey of Family Growth che nel corso della vita hanno usato la contraccezione riportano una percentuale di aborti doppia rispetto a quante non hanno mai usato contraccettivi. Se nel 1968 si poteva essere miopi e confusi per non vedere quanto male avrebbe fatto  la contraccezione, oggi, a distanza di ben 46 anni dall'enciclica, i cattivi risultati sono ben chiari. Quante persone che oggi conosciamo non sarebbero mai nate se la Chiesa avesse ceduto alla contraccezione? E quanti sacerdoti, religiose e religiosi in meno ci sarebbero? E poi, se la nascita di bambini e delle bambine è un bene, perché una pillola che ne impedisce la nascita e che interferisce nei processi naturali delle donne dovrebbe essere un progresso?
Ha un ricordo personale su Paolo VI? Cosa pensa del fatto che verrà beatificato?
Dei 15 anni di pontificato per ragioni anagrafiche ho ricordi soltanto della seconda metà. Ricordo mia mamma rattristata per gli attacchi che venivano rivolti alla persona del Papa in quegli anni in cui gli animi erano esagitati per i fumi del '68. Paolo VI è stato il Papa della mia infanzia, quello che vedevo sul teleschermo mentre in ginocchio ricevevo la benedizione urbi et orbi nei giorni di Natale e Pasqua e che seguivo durante la via crucis del venerdì santo. È il Papa che ho riscoperto da adulto come uomo sofferente, in silenzio, tradito e abbandonato dagli amici di un tempo. Il Papa che dalla Domenica delle Palme dell'inizio del pontificato, quando godeva di un consenso che ricorda molto da vicino quello odierno di Papa Francesco, rimanendo fedele e difendendo la fede, ha subito quasi senza rispondere il martirio bianco della contestazione. Tutti noi dell'associazione "Vita è" abbiamo accolto con grande gioia la notizia che Papa Paolo VI sarebbe stato proclamato beato il prossimo 19 ottobre. 
Zenit
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È noto che durante il Concilio Vaticano II i padri conciliari dibatterono a lungo circa le questioni pastorali poste dalla massiccia diffusione della “pillola”, e la stragrande maggioranza di loro non vedeva nulla di peccaminoso nel suo utilizzo.
Il dibattito fu lungo e acceso, a tratti molto aspro (si narra che il card. Ottaviani abbia apostrofato in aula il card. Suenens con queste parole “l’avesse presa tu’ madre!”), finche Paolo VI con una decisione, che deve essere stata davvero sofferta, avocò a sé l’intera materia, avviando poi il processo che lo portò a pubblicare quattro anni dopo quell’enciclica profetica che fu l’ “Humanae Vitae”.
Fu il classico esempio di una decisione giusta presa con le motivazioni sbagliate, o almeno largamente insufficienti. Paolo VI infatti temeva che separando il sesso dal “rischio” della generazione ci si sarebbe avviati per una via di deresponsabilizzazione dell’amore, scoperchiando un vaso di Pandora con conseguenze imprevedibili.
La storia ha largamente confermato i suoi timori e tutto quello che è accaduto dopo, dalla depenalizzazione di divorzio e aborto alla fecondazione artificiale fino alle proposte di matrimoni omosessuali o addirittura di poligamia viene da quel punto originale: la separazione del sesso dalla generazione.
E se Paolo VI allora non avesse avuto quel coraggio oggi la Chiesa si troverebbe a combattere la sua battaglia fondamentale in favore dell’uomo senza armi.
Eppure le motivazioni di Paolo VI erano insufficienti.
Non sarebbe giusto né umano infatti fondare una decisione morale sulla paura, non è moralmente buono un bene fatto per paura, e quindi non si può legare la moralità del sesso alla paura di una gravidanza. Bisognava aspettare il genio del filosofo e teologo card. Woijtyla che ebbe il coraggio di scrivere un libro immenso, “Amore e responsabilità”, in cui fondava i punti essenziali dell’insegnamento cristiano sull’amore non sulla paura, ma su un’analisi fenomenologica del rapporto sessuale.
Una volta divenuto Papa, Woijtyla ha portato questo approccio innovativo e geniale (si partiva dalla concretezza esistenziale dell’uomo e non più dal dogma) anche nel suo magistero, fino alle straordinarie catechesi sulla sessualità umana pronunciate dal 1981 al 1985 che hanno cambiato per sempre il magistero cattolico in materia, non nel suo esito, ma nella sua metodologia.
Se penso all’imminente Sinodo dei Vescovi vedo profilarsi in qualche modo una situazione simile, con l’episcopato diviso e rumorosamente polemico, il Santo Padre che tace e prega e l’opinione pubblica, almeno quella dei giornali mainstream, fortemente schierata e che tenta di tirare i padri sinodali qua e là.
Per quanto importante, il parere di un Sinodo è sempre soltanto consultivo: alla fine dei conti sarà comunque il Santo Padre a decidere e certamente non invidio la responsabilità che si è assunto convocando questo Sinodo. Bisogna altresì riconoscere che era assolutamente necessario farlo, non essendo più sopportabile lo “scisma di fatto” in cui la grande maggioranza dei Cattolici vivono in materia di morale familiare.
Come al tempo del Concilio la discussione sulla sessualità umana era stata semplificata dai giornali in termini di “Pillola sì, pillola no”, così oggi è ridotta alla questione “comunione ai divorziati sì, comunione no”, come se il Magistero della Chiesa fosse una specie di vigile urbano che deve concedere o no l’accesso ad una strada.
I vescovi però sanno bene che il Magistero è tutt’altro: a loro spetta non il compito di concedere permessi, ma di orientare le scelte morali, cioè la vita concreta, dei credenti. Non si tratta quindi di depenalizzare qualcosa, ma di comprendere e spiegare le motivazioni profonde dell’agire. Per questo non possono fare semplicemente ciò che vogliono, le loro decisioni invece devono essere, e sono certo che saranno, ispirate alla globalità complessiva della visione cristiana dell’uomo, a partire proprio dalle direttive tracciate da Giovanni Paolo II, che restano come un’imprescindibile punto di riferimento.
Come allora, molti non accettano di ridurre il dibattito a quella che è indubbiamente una semplificazione grossolana, e anche io spero che il Sinodo abbia un largo respiro, andando a toccare le questioni di fondo, esistenziali, della vita di famiglia, mentre la questione della comunione ai divorziati resta in sé marginale.
Tuttavia, anche se marginale, è vero che, come la questione della pillola, anche questa ha in sé una carattere simbolico forte, che si presta bene a polarizzare la discussione. Si tratta infatti in ultima analisi di decidere se il matrimonio è semplicemente un atto privato tra due persone che si vogliono bene (come vorrebbe tutta la corrente mainstream) e quindi ridurlo alla manifestazione di un sentimento, il che porta inevitabilmente al “love is love” di Obama, oppure se l’amore tra un uomo e una donna ha una rilevanza cosmica, se è qualcosa che riguarda tutta la Chiesa e in ultima analisi l’universo intero, se un uomo e una donna sposandosi non si assumono una responsabilità non solo l’uno verso l’altro, ma verso la società, il cosmo, Dio stesso.
In realtà tutta la morale familiare sta o cade su questo punto, la questione quindi è solo apparentemente marginale, come solo apparentemente marginale era quella della pillola. In realtà, ancora una volta il rischio è quello di deresponsabilizzare l’amore, di separare il sesso dalle sue ragioni esistenziali, e come la massiccia introduzione della contraccezione scoperchiò il vaso di Pandora che ha riempito di demoni la nostra vita, così oggi ci troviamo di fronte ad un rischio simile.
Ben venga un dibattito sereno, aperto e senza pregiudiziali, anche violento se necessario. Ben venga perché il problema sul tappeto è enorme e va sviscerato in tutte le sue componenti, ma alla fine decida il Papa, nella sua autonoma responsabilità davanti a Dio. Mi fido di lui, mi fido dello Spirito Santo che lo ha scelto, prego per sostenerlo in questo smisurato compito che si è assunto.
Originally posted on La fontana del villaggio