lunedì 18 agosto 2014

Il Vangelo nel cuore



Il  tweet di Papa Francesco: "Abbiate fiducia nella potenza della croce di Cristo! Accogliete la sua grazia riconciliatrice e condividetela con gli altri!" (18 agosto 2014)
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Nuovo tweet del Papa: "Tanti innocenti sono stati cacciati dalle loro case in Iraq. Signore, ti preghiamo perché possano presto ritornarvi." (18 agosto 2014)

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(Gian Maria Vian) Parlando ai vescovi asiatici Francesco si è presentato come il «fratello Papa» e questa definizione, tanto efficace quanto espressiva di una evidenza generalmente percepita, aiuta a capire i consensi che ha suscitato la sua visita in Corea, e certamente non solo tra i cattolici. Terzo viaggio internazionale del pontificato e, dopo quelli di Giovanni Paolo II nel 1984 e nel 1989, terzo di un Pontefice nel «Paese del calmo mattino» in appena trent’anni, è stato anche il primo in Estremo oriente di Bergoglio, che già da giovane gesuita avrebbe voluto essere missionario in queste terre.

Nei cinque giorni coreani un sogno ha dunque iniziato a realizzarsi, annunciando una missione senza confini. E innanzi tutto Francesco si è rivolto a tutti gli abitanti di un Paese vivace, dove i cattolici sono una minoranza importante in rapida crescita e dove il Papa con la beatificazione di 124 martiri ha celebrato le origini eroiche di una giovane Chiesa nata da laici tra la fine del Settecento e gli inizi dell’Ottocento. Si è avviato poi un duplice dialogo: con i giovani dell’Asia, che qui hanno tenuto il loro sesto incontro, e con un gruppo di vescovi del continente.
Il viaggio di Francesco in Corea ha così idealmente abbracciato tutta l’Asia, dove tra meno di cinque mesi il Papa tornerà per visitare Sri Lanka e Filippine. E se il Pontefice ha paragonato con efficacia la penisola coreana divisa a una famiglia dove comunque tutti parlano la stessa lingua e ha concluso la sua visita pregando per la pace e per la drammatica situazione delle minoranze religiose in Iraq, davanti ai vescovi asiatici ha auspicato che si aprano a rapporti sempre più fraterni tutti i Paesi del continente, anche quelli che ancora non hanno rapporti pieni con la Santa Sede.
Chiarissima è dunque risuonata la parola del Papa indirizzata a tutta la penisola coreana e all’intero continente asiatico, dove vive la maggioranza dell’umanità, presentandosi appunto come quella di un fratello che ha saputo farsi vicino per aprire le sue braccia a tutti, senza distinzioni. E la consegna che Francesco ha lasciato in questo viaggio asiatico è il cuore stesso del Vangelo di Cristo: adorare Dio e fare il bene. Questo ha detto il Pontefice alle migliaia di giovani che sono venuti in Corea da tutto il continente e che con questo messaggio tornano ora nei loro Paesi.
Francesco lascia trasparire il Vangelo con i suoi gesti e con le sue parole: per questo motivo l’essenza dell’annuncio cristiano vissuto così radicalmente dal Papa è stata avvertita nella sua autenticità dai credenti ma anche da chi non si riconosce in alcuna religione. Così avvenne alle origini della Chiesa in Corea, nella vita dei martiri, in gran parte laici e in maggioranza anonimi, e molto tempo prima, quando la via di Cristo fu testimoniata in alcune regioni del continente asiatico.
Fondamentale è stato soprattutto il discorso ai vescovi dell’Asia sul dialogo che è costitutivo dell’identità cristiana e dunque alla base stessa della missione della Chiesa: mezzo secolo dopo, nei contenuti e nei fatti un forte rilancio della Ecclesiam suam, l’enciclica programmatica di Paolo VI. La Chiesa cresce non per proselitismo ma per attrazione, ha ancora ricordato il Papa citando le parole di Benedetto XVI. Attrazione che deriva dall’aprirsi all’altro per camminare insieme, alla presenza di Dio.

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L'Osservatore Romano
Per la Corea, che da oltre sessant’anni vive «un’esperienza di divisione e di conflitto», e per tutta l’Asia, Papa Francesco vede all’orizzonte «nuove opportunità di dialogo, di incontro e di superamento delle differenze». E così, a conclusione del suo terzo viaggio oltre i confini italiani, lancia un messaggio che mette insieme realismo e speranza: anche quando ogni prospettiva umana sembra «impercorribile e perfino talvolta ripugnante» — assicura durante la messa celebrata nella cattedrale di Seoul (...)
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Padre Lombardi: Francesco e la cultura dell'incontro

Papa Francesco ha concluso il suo viaggio in Corea lanciando un nuovo messaggio di pace e riconciliazione. Anche ieri, incontrando i vescovi dell’Asia, aveva ribadito la necessità di promuovere il dialogo e la cultura dell’incontro sottolineando una parola, l’empatia. Il commento di padre Federico Lombardi.
D. – A proposito di vocabolario, l’omelia della Messa nella Giornata della gioventù asiatica ha ruotato attorno al motto “Gioventù dell’Asia ‘Alzati!’”…
R. – E’ stata una omelia che ha analizzato e seguito le grandi parole su cui questi giovani si sono incontrati. Naturalmente il Papa cerca di dare a questi giovani la carica dell’entusiasmo di cui hanno bisogno per vivere le situazioni non sempre facili, anzi spesso difficili, in cui si trovano e che sono spesso situazioni di minoranza nella società in cui vivono, che sono situazioni che comportano spesso gravi problemi di carattere sociale, di carattere economico. Quindi sono giovani che devono essere incoraggiati, ma non con un senso di compatimento, ma con un senso di grande dignità, che loro devono scoprire e vivere e che trova il suo fondamento in una fede vissuta. Molto bello mettere i giovani a confronto con la testimonianza dei martiri, che sono poi veramente gli eroi della vita cristiana, quelli che hanno saputo giocare se stessi pienamente anche nelle situazioni di contrasto più duro nei confronti della fede, nei confronti della loro vita, per affermare la positività della loro fede e anche per quelli che sono i martiri coreani, che sono anche martiri di un impegno di uguaglianza sociale e di carità nella società, che rifiutava un’attenzione veramente a tutti e in particolare ai più deboli o alle persone considerate inferiori. Quindi il Papa vuole indicare a questi giovani la via del coraggio, dell’entusiasmo, della gioia, sempre fondata però su una fede sicura, che viene dall’incontro con Cristo, dalla conoscenza con Gesù Cristo e dalla familiarità con Lui.
D. – Dalla Corea il seme del nuovo annuncio è stato gettato: Indonesia 2017…
R. – Queste Giornate della gioventù asiatiche percorrono i diversi Paesi del continente. Noi abbiamo avuto, in uno degli incontri dei giovani con il Papa, una bellissima rappresentazione culturale fatta dai giovani indonesiani che erano qui presenti e che hanno manifestato la ricchezza e la specificità delle culture di questo immenso arcipelago: erano danze di cinque culture differenti, il che vuol dire che i problemi dell’accogliersi, del capirsi, valgono anche all’interno di ognuno di questi grandi Paesi. Il fatto che l’itinerario passi dalla situazione coreana ad una situazione molto diversa, come è quella indonesiana, dice il grande itinerario che la Chiesa deve percorrere, le varietà delle sue situazioni, la meraviglia anche – diciamo pure - delle culture o delle situazioni che si incontrano e che vanno confrontate poi con il Vangelo per essere aiutate a dare il meglio di sé.
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Nella mano tesa del Papa verso la Cina la revisione storica dei metodi missionari    
Corriere della Sera
 
(Luigi Accattoli) Umiltà, empatia, impegno a «farsi capire», no al proselitismo e allo spirito di conquista: sono le cinque indicazioni che papa Francesco ha dato ai cattolici dell’Asia per realizzare una più efficace presenza in quel continente, che costituisce — ha detto — la «grande frontiera» del cristianesimo. Ha accennato ai «Paesi» con i quali la Santa Sede «non ha ancora una relazione piena» e non ha nominato la Cina, ma il suo primo pensiero non può che essere stato per questo Paese. 

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L’apertura di Francesco alla Cina di Xi Jinping «Camminiamo insieme». Il Papa: non veniamo come conquistatori    
Corriere della Sera
 
(Gian Guido Vecchi) Sono passati più di quattro secoli da quando il gesuita Matteo Ricci conquistò la stima dei cinesi scrivendo nella loro lingua il trattato «Sull’amicizia» e disegnando un mappamondo che diede al «Regno di Mezzo» una nuova visione della Terra: con la finezza di tener conto del punto di vista cinese e, nel 1584, mettere al centro la Cina, non l’Europa. 

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Seul - Cattedrale di Myeong-dong. Santa Messa per la pace e la riconciliazione. Omelia del Santo Padre:  "La croce di Cristo rivela il potere di Dio di colmare ogni divisione, di sanare ogni ferita e di ristabilire gli originali legami di amore fraterno. Questo, dunque, è il messaggio che vi lascio a conclusione della mia visita in Corea. Abbiate fiducia nella potenza della croce di Cristo!

[Text: Italiano, Français, English, Español]
   
Cari fratelli e sorelle,
la mia permanenza in Corea si avvia al termine e non posso che ringraziare Dio per le molte benedizioni che ha concesso a questo amato Paese e, in maniera particolare, alla Chiesa in Corea. Tra queste benedizioni conservo specialmente l’esperienza, vissuta insieme in questi ultimi giorni, della presenza di tanti giovani pellegrini provenienti da tutte le parti dell’Asia. Il loro amore per Gesù e il loro entusiasmo per la diffusione del suo Regno sono stati un’ispirazione per tutti.
La mia visita ora culmina in questa celebrazione della Santa Messa, in cui imploriamo da Dio la grazia della pace e della riconciliazione. Tale preghiera ha una particolare risonanza nella penisola coreana. La Messa di oggi è soprattutto e principalmente una preghiera per la riconciliazione in questa famiglia coreana. Nel Vangelo, Gesù ci dice quanto potente sia la nostra preghiera quando due o tre sono uniti nel suo nome per chiedere qualcosa (cfr Mt 18,19-20). Quanto più quando un intero popolo innalza la sua accorata supplica al cielo!

[T]
La prima lettura presenta la promessa di Dio di restaurare nell’unità e nella prosperità un popolo disperso dalla sciagura e dalla divisione. Per noi, come per il popolo di Israele, questa è una promessa piena di speranza: indica un futuro che fin d’ora Dio sta preparando per noi. Tuttavia questa promessa è inseparabilmente legata ad un comando: il comando di ritornare a Dio e di obbedire con tutto il cuore alla sua legge (cfr Dt 30,2-3). Il dono divino della riconciliazione, dell’unità e della pace è inseparabilmente legato alla grazia della conversione: si tratta di una trasformazione del cuore che può cambiare il corso della nostra vita e della nostra storia, come individui e come popolo.
In questa Messa, naturalmente ascoltiamo tale promessa nel contesto dell’esperienza storica del popolo coreano, un’esperienza di divisione e di conflitto che dura da oltre sessant’anni. Ma il pressante invito di Dio alla conversione chiama anche i seguaci di Cristo in Corea ad esaminare la qualità del loro contributo alla costruzione di una società giusta e umana. Chiama ciascuno di voi a riflettere su quanto, come individui e come comunità, testimoniate un impegno evangelico per i disagiati, per gli emarginati, per quanti non hanno lavoro o sono esclusi dalla prosperità di molti. Vi chiama, come cristiani e come coreani, a respingere con fermezza una mentalità fondata sul sospetto, sul contrasto e sulla competizione, e a favorire piuttosto una cultura plasmata dall’insegnamento del Vangelo e dai più nobili valori tradizionali del popolo coreano.
[T]
Nel Vangelo di oggi, Pietro chiede al Signore: «Se il mio fratello commette colpe contro di me, quante volte dovrò perdonargli? Fino a sette volte?». Il Signore risponde: «Non ti dico fino a sette volte, ma fino a settanta volte sette» (Mt 18,21-22). Queste parole vanno al cuore del messaggio di riconciliazione e di pace indicato da Gesù. In obbedienza al suo comando, chiediamo quotidianamente al nostro Padre celeste di perdonare i nostri peccati, «come noi li rimettiamo ai nostri debitori». Se non fossimo pronti a fare altrettanto, come potremmo onestamente pregare per la pace e la riconciliazione?
Gesù ci chiede di credere che il perdono è la porta che conduce alla riconciliazione. Nel comandare a noi di perdonare i nostri fratelli senza alcuna riserva, Egli ci chiede di fare qualcosa di totalmente radicale, ma ci dona anche la grazia per farlo. Quanto, da una prospettiva umana, sembra essere impossibile, impercorribile e perfino talvolta ripugnante, Gesù lo rende possibile e fruttuoso attraverso l’infinita potenza della sua croce. La croce di Cristo rivela il potere di Dio di colmare ogni divisione, di sanare ogni ferita e di ristabilire gli originali legami di amore fraterno.
[T]
Questo, dunque, è il messaggio che vi lascio a conclusione della mia visita in Corea. Abbiate fiducia nella potenza della croce di Cristo! Accogliete la sua grazia riconciliatrice nei vostri cuori e condividetela con gli altri! Vi chiedo di portare una testimonianza convincente del messaggio riconciliatore di Cristo nelle vostre case, nelle vostre comunità e in ogni ambito della vita nazionale. Ho fiducia che, in uno spirito di amicizia e di cooperazione con gli altri cristiani, con i seguaci di altre religioni e con tutti gli uomini e le donne di buona volontà che hanno a cuore il futuro della società coreana, voi sarete lievito del Regno di Dio in questa terra. Allora le nostre preghiere per la pace e la riconciliazione saliranno a Dio da cuori più puri e, per suo dono di grazia, otterranno quel bene prezioso a cui tutti aspiriamo.
Preghiamo dunque per il sorgere di nuove opportunità di dialogo, di incontro e di superamento delle differenze, per una continua generosità nel fornire assistenza umanitaria a quanti sono nel bisogno, e per un riconoscimento sempre più ampio della realtà che tutti i coreani sono fratelli e sorelle, membri di un’unica famiglia e di un unico popolo. Parlano la stessa lingua.
[T]
Prima di lasciare la Corea, vorrei ringraziare la Signora Presidente della Repubblica, signora Park, le Autorità civili ed ecclesiastiche e tutti coloro che in qualsiasi forma hanno aiutato a rendere possibile questa visita. In special modo, vorrei rivolgere una parola di personale riconoscenza ai sacerdoti della Corea, che quotidianamente lavorano al servizio del Vangelo e alla costruzione del Popolo di Dio nella fede, nella speranza e nella carità. Chiedo a voi, quali ambasciatori di Cristo e ministri del suo amore di riconciliazione (cfr 2 Cor 5,18-20), di continuare a costruire legami di rispetto, di fiducia e di armoniosa cooperazione nelle vostre parrocchie, tra di voi e con i vostri Vescovi. Il vostro esempio di amore senza riserve per il Signore, la vostra fedeltà e dedizione al ministero, come pure il vostro impegno caritatevole per quanti si trovano nel bisogno, contribuiscono grandemente all’opera di riconciliazione e di pace in questo Paese.
Cari fratelli e sorelle, Dio ci chiama a ritornare a Lui e ad ascoltare la sua voce e promette di stabilirci sulla terra in una pace e prosperità maggiori di quanto i nostri antenati abbiano mai conosciuto. Possano i seguaci di Cristo in Corea preparare l’alba di quel nuovo giorno, quando questa terra del calmo mattino godrà le più ricche benedizioni divine di armonia e di pace! Amen.
Francese
Chers frères et soeurs,
Mon séjour en Corée arrive à son terme et je ne peux que remercier Dieu pour les nombreuses bénédictions qu’il a accordées à ce pays bien-aimé et, de manière particulière, à l’Église en Corée. Parmi ces bénédictions, je conserve particulièrement l’expérience, vécue ensemble ces derniers jours, de la présence de nombreux jeunes pèlerins provenant de toute l’Asie. Leur amour pour Jésus et leur enthousiasme pour la diffusion de son Règne ont été une inspiration pour tous.
À présent, ma visite culmine avec cette célébration de la  Messe, au cours de laquelle nous implorons de Dieu la grâce de la paix et de la réconciliation. Cette prière a une résonnance particulière dans la péninsule coréenne. La messe d’aujourd’hui est surtout et principalement une prière pour la réconciliation de cette famille coréenne. Dans l’Évangile, Jésus nous dit combien puissante est notre prière quand deux ou trois sont réunis en son nom pour demander quelque chose (cf. Mt 18, 19-20). À plus forte raison quand un peuple entier élève sa supplication pressante vers le ciel !
La première lecture présente la promesse de Dieu de restaurer dans l’unité et dans la prospérité un peuple dispersé par le malheur et la division. Pour nous, comme pour le peuple d’Israël, c’est une promesse pleine d’espérance : elle indique un avenir que, dès à présent, Dieu prépare pour nous. Cependant, cette promesse est inséparablement liée à un commandement : le commandement de revenir vers Dieu et d’obéir de tout cœur à sa loi (cf. Dt 30, 2-3). Le don divin de la réconciliation, de l’unité et de la paix est inséparablement lié à la grâce de la conversion : il s’agit d’une transformation du cœur qui peut changer le cours de notre vie et de notre société, comme individus et comme peuple.
Naturellement, au cours de cette Messe, nous écoutons cette promesse dans le contexte de l’expérience historique du peuple coréen, une expérience de division et de conflit qui dure depuis plus de soixante ans. Mais l’invitation pressante  de Dieu à la conversion appelle aussi les disciples du Christ en Corée à examiner la qualité de leur contribution à la construction d’une société juste et humaine. Elle appelle chacun de vous à réfléchir sur la façon dont vous témoignez, comme individus et comme communauté, d’un engagement évangélique pour les défavorisés, pour les marginalisés, pour ceux qui n’ont pas de travail ou sont exclus de la prospérité de beaucoup. Cette invitation vous appelle, comme chrétiens et comme Coréens, à repousser avec fermeté une mentalité fondée sur la suspicion, sur l’antagonisme et sur la compétition, et à favoriser plutôt une culture façonnée par l’enseignement de l’Évangile et par les plus nobles valeurs traditionnelles du peuple coréen.
Dans l’Évangile de ce jour, Pierre demande au Seigneur : « Quand mon frère commettra des fautes contre moi, combien de fois dois-je lui pardonner ? Jusqu’à sept fois ? ».  Le Seigneur répond : « Je ne te dis pas jusqu’à sept fois, mais jusqu’à soixante-dix fois sept fois » (Mt 18, 21-22). Ces paroles vont au cœur du message de réconciliation et de paix délivré par Jésus. En obéissant à son commandement, nous demandons quotidiennement à notre Père céleste de pardonner nos péchés, « comme nous pardonnons à ceux qui nous ont offensé ». Si nous n’étions pas prêts à faire de même, comment pourrions-nous honnêtement prier pour la paix et la réconciliation ?
Jésus nous demande de croire que le pardon est la porte qui conduit à la réconciliation. En nous ordonnant de pardonner à nos frères sans aucune réserve, il nous demande de faire quelque chose de totalement radical, mais il nous donne aussi la grâce pour le réaliser. Ce qui, du point de vue humain, semble impossible, irréalisable, voire parfois répugnant, Jésus le rend possible et fructueux par l’infinie puissance de sa croix. La croix du Christ révèle le pouvoir qu’a Dieu de résorber toute division, de guérir toute blessure et de rétablir les liens originels de l’amour fraternel.
C’est donc le message que je vous laisse en conclusion de ma visite en Corée. Ayez confiance dans la puissance de la croix du Christ ! Accueillez la grâce réconciliatrice dans vos cœurs et partagez-la avec les autres ! Je vous demande de rendre un témoignage convaincant au message réconciliateur du Christ, dans vos maisons, dans vos communautés et dans tout domaine de la vie nationale. Je suis convaincu que, dans un esprit d’amitié et de coopération avec les autres chrétiens, avec les adeptes des autres religions et avec tous les hommes et toutes les femmes de bonne volonté qui ont à cœur l’avenir de la société coréenne, vous serez levain du Règne de Dieu en cette terre. Alors, nos prières pour la paix et la réconciliation monteront vers Dieu de cœurs plus purs et, par le don de sa grâce, obtiendront ce bien précieux auquel nous aspirons tous.
Prions donc pour l’émergence de nouvelles opportunités de dialogue, de rencontre et de dépassement des différences, pour une continuelle générosité à fournir l’assistance humanitaire à tous ceux qui sont dans le besoin et pour une reconnaissance toujours plus grande du fait que tous les Coréens sont frères et sœurs, membres d’une unique famille et d’un unique peuple.
Avant de partir de Corée, je voudrais remercier Madame le Président de la République, les Autorités civiles et ecclésiastiques et tous ceux qui, de quelque manière, ont aidé à rendre possible cette visite. De façon spéciale, je voudrais adresser une parole de reconnaissance personnelle aux prêtres de Corée, qui quotidiennement travaillent au service de l’Évangile et à l’édification du Peuple de Dieu dans la foi, l’espérance et la charité. Je vous demande, comme ambassadeurs du Christ et ministres de son amour de réconciliation (cf. 2 Co 5, 18-20), de continuer à construire des liens de respect, de confiance et de coopération harmonieuse dans vos paroisses, entre vous et avec vos Évêques. Votre exemple d’amour sans réserve pour le Seigneur, votre fidélité et votre dévouement dans le ministère, tout comme votre engagement charitable pour tous ceux qui sont dans le besoin, contribuent grandement à l’œuvre de réconciliation et de paix dans ce pays.
Chers frères et sœurs, Dieu nous appelle à revenir vers Lui et à écouter sa voix, promettant de nous établir sur terre dans une paix et une prospérité plus grandes que tout ce que nos ancêtres ont jamais connu. Puissent les disciples du Christ en Corée préparer l’aube de ce nouveau jour, où cette terre du matin calme jouira des plus riches bénédictions divines d’harmonie et de paix ! Amen.
Inglese
Dear Brothers and Sisters,
As my stay in Korea draws to a close, I thank God for the many blessings he has bestowed upon this beloved country, and in a special way, upon the Church in Korea.  Among those blessings I especially treasure the experience we have all had in these recent days of the presence of so many young pilgrims from throughout Asia.  Their love of Jesus and their enthusiasm for the spread of his Kingdom have been an inspiration to us all. 
My visit now culminates in this celebration of Mass, in which we implore from God the grace of peace and reconciliation.  This prayer has a particular resonance on the Korean peninsula.  Today’s Mass is first and foremost a prayer for reconciliation in this Korean family.  In the Gospel, Jesus tells us how powerful is our prayer when two or three of us join in asking for something (cf. Mt 18:19-20).  How much more when an entire people raises its heartfelt plea to heaven!
The first reading presents God’s promise to restore to unity and prosperity a people dispersed by disaster and division.  For us, as for the people of Israel, this is a promise full of hope: it points to a future which God is even now preparing for us.  Yet this promise is inseparably tied to a command: the command to return to God and wholeheartedly obey his law (cf. Dt 30:2-3).  God’s gifts of reconciliation, unity and peace are inseparably linked to the grace of conversion, a change of heart which can alter the course of our lives and our history, as individuals and as a people.
At this Mass, we naturally hear this promise in the context of the historical experience of the Korean people, an experience of division and conflict which has lasted for well over sixty years.  But God’s urgent summons to conversion also challenges Christ’s followers in Korea to examine the quality of their own contribution to the building of a truly just and humane society.  It challenges each of you to reflect on the extent to which you, as individuals and communities, show evangelical concern for the less fortunate, the marginalized, those without work and those who do not share in the prosperity of the many.  And it challenges you, as Christians and Koreans, firmly to reject a mindset shaped by suspicion, confrontation and competition, and instead to shape a culture formed by the teaching of the Gospel and the noblest traditional values of the Korean people. 
In today’s Gospel, Peter asks the Lord: “If my brother sins against me, how often must I forgive him?  As many as seven times?”  To which the Lord replies: “Not seven times, I tell you, but seventy times seven” (Mt 18:21-22).  These words go to the very heart of Jesus’ message of reconciliation and peace.  In obedience to his command, we ask our heavenly Father daily to forgive us our sins, “as we forgive those who sin against us”.  Unless we are prepared to do this, how can we honestly pray for peace and reconciliation? 
Jesus asks us to believe that forgiveness is the door which leads to reconciliation.  In telling us to forgive our brothers unreservedly, he is asking us to do something utterly radical, but he also gives us the grace to do it.  What appears, from a human perspective, to be impossible, impractical and even at times repugnant, he makes possible and fruitful through the infinite power of his cross.  The cross of Christ reveals the power of God to bridge every division, to heal every wound, and to reestablish the original bonds of brotherly love.
This, then, is the message which I leave you as I conclude my visit to Korea.  Trust in the power of Christ’s cross!  Welcome its reconciling grace into your own hearts and share that grace with others!  I ask you to bear convincing witness to Christ’s message of forgiveness in your homes, in your communities and at every level of national life.  I am confident that, in a spirit of friendship and cooperation with other Christians, with the followers of other religions, and with all men and women of good will concerned for the future of Korean society, you will be a leaven of the Kingdom of God in this land.  Thus our prayers for peace and reconciliation will rise to God from ever more pure hearts and, by his gracious gift, obtain that precious good for which we all long.
Let us pray, then, for the emergence of new opportunities for dialogue, encounter and the resolution of differences, for continued generosity in providing humanitarian assistance to those in need, and for an ever greater recognition that all Koreans are brothers and sisters, members of one family, one people.
Before leaving Korea, I wish to thank the President of Republic, the civil and ecclesiastical authorities and all those who in any way helped to make this visit possible.  I especially wish to address a word of personal appreciation to the priests of Korea, who daily labor in the service of the Gospel and the building up of God’s people in faith, hope and love.  I ask you, as ambassadors of Christ and ministers of his reconciling love (cf. 2 Cor 5:18-20), to continue to build bridges of respect, trust and harmonious cooperation in your parishes, among yourselves, and with your bishops.  Your example of unreserved love for the Lord, your faithfulness and dedication to your ministry, and your charitable concern for those in need, contribute greatly to the work of reconciliation and peace in this country.
Dear brothers and sisters, God calls us to return to him and to hearken to his voice, and he promises to establish us on the land in even greater peace and prosperity than our ancestors knew.  May Christ’s followers in Korea prepare for the dawning of that new day, when this land of the morning calm will rejoice in God’s richest blessings of harmony and peace!  Amen.
Spagnolo
Queridos hermanos y hermanas:
Mi estancia en Corea llega a su fin y no puedo dejar de dar gracias a Dios por las abundantes bendiciones que ha concedido a este querido país y, de manera especial, a la Iglesia en Corea. Entre estas bendiciones, cuento también la experiencia vivida junto a ustedes estos últimos días, con la participación de tantos jóvenes peregrinos, provenientes de toda Asia. Su amor por Jesús y su entusiasmo por la propagación del Reino son un modelo a seguir para todos. 
Mi visita culmina con esta celebración de la Misa, en la que imploramos a Dios la gracia de la paz y de la reconciliación. Esta oración tiene una resonancia especial en la península coreana. La Misa de hoy es sobre todo y principalmente una oración por la reconciliación en esta familia coreana. En el Evangelio, Jesús nos habla de la fuerza de nuestra oración cuando dos o tres nos reunimos en su nombre para pedir algo (cf. Mt 18,19-20). ¡Cuánto más si es todo un pueblo el que alza su sincera súplica al cielo! 
La primera lectura presenta la promesa divina de restaurar la unidad y la prosperidad de su pueblo, disperso por la desgracia y la división. Para nosotros, como para el pueblo de Israel, esta promesa nos llena de esperanza: apunta a un futuro que Dios está preparando ya para nosotros. Por otra parte, esta promesa va inseparablemente unida a un mandamiento: el mandamiento de volver a Dios y obedecer de todo corazón a su ley (cf. Dt 30,2-3). El don divino de la reconciliación, de la unidad y de la paz está íntimamente relacionado con la gracia de la conversión, una transformación del corazón que puede cambiar el curso de nuestra vida y de nuestra historia, como personas y como pueblo.
Naturalmente, en esta Misa escuchamos esta promesa en el contexto de la experiencia histórica del pueblo coreano, una experiencia de división y de conflicto, que dura más de sesenta años. Pero la urgente invitación de Dios a la conversión pide también a los seguidores de Cristo en Corea que revisen cómo es su contribución a la construcción de una sociedad justa y humana. Pide a todos ustedes que se pregunten hasta qué punto, individual y comunitariamente, dan testimonio de un compromiso evangélico en favor de los más desfavorecidos, los marginados, cuantos carecen de trabajo o no participan de la prosperidad de la mayoría. Les pide, como cristianos y como coreanos, rechazar con firmeza una mentalidad fundada en la sospecha, en la confrontación y la rivalidad, y promover, en cambio, una cultura modelada por las enseñanzas del Evangelio y los más nobles valores tradicionales del pueblo coreano.
En el Evangelio de hoy, Pedro pregunta al Señor: «Si mi hermano me ofende, ¿cuántas veces le tengo que perdonar? ¿Hasta siete veces?». Y el Señor le responde: «No te digo hasta siete veces, sino hasta setenta veces siete» (Mt 18,21-22). Estas palabras son centrales en el mensaje de reconciliación y de paz de Jesús. Obedientes a su mandamiento, pedimos cada día a nuestro Padre del cielo que nos perdone nuestros pecados «como también nosotros perdonamos a quienes nos ofenden». Si no estuviésemos dispuestos a hacerlo, ¿cómo podríamos rezar sinceramente por la paz y la reconciliación?
Jesús nos pide que creamos que el perdón es la puerta que conduce a la reconciliación. Diciéndonos que perdonemos a nuestros hermanos sin reservas, nos pide algo totalmente radical, pero también nos da la gracia para hacerlo. Lo que desde un punto de vista humano parece imposible, irrealizable y, quizás, hasta inaceptable, Jesús lo hace posible y fructífero mediante la fuerza infinita de su cruz. La cruz de Cristo revela el poder de Dios que supera toda división, sana cualquier herida y restablece los lazos originarios del amor fraterno.
Éste es el mensaje que les dejo como conclusión de mi visita a Corea. Tengan confianza en la fuerza de la cruz de Cristo. Reciban su gracia reconciliadora en sus corazones y compártanla con los demás. Les pido que den un testimonio convincente del mensaje reconciliador de Cristo en sus casas, en sus comunidades y en todos los ámbitos de la vida nacional. Espero que, en espíritu de amistad y colaboración con otros cristianos, con los seguidores de otras religiones y con todos los hombres y mujeres de buena voluntad, que se preocupan por el futuro de la sociedad coreana, sean levadura del Reino de Dios en esta tierra. De este modo, nuestras oraciones por la paz y la reconciliación llegarán a Dios desde más puros corazones y, por un don de su gracia, alcanzarán aquel precioso bien que todos deseamos.
Recemos para que surjan nuevas oportunidades de diálogo, de encuentro, para que se superen las diferencias, para que, con generosidad constante, se preste asistencia humanitaria a cuantos pasan necesidad, y para que se extienda cada vez más la convicción de que todos los coreanos son hermanos y hermanas, miembros de una única familia, de un solo pueblo.
Antes de dejar Corea, quisiera dar las gracias a la Señora Presidenta de la República, a las Autoridades civiles y eclesiásticas y a todos los que de una u otra forma han contribuido a hacer posible esta visita. Especialmente, quisiera expresar mi reconocimiento a los sacerdotes coreanos, que trabajan cada día al servicio del Evangelio y de la edificación del Pueblo de Dios en la fe, la esperanza y la caridad. Les pido, como embajadores de Cristo y ministros de su amor de reconciliación (cf. 2 Co 5,18-20), que sigan creando vínculos de respeto, confianza y armoniosa colaboración en sus parroquias, entre ustedes y con sus obispos. Su ejemplo de amor incondicional al Señor, su fidelidad y dedicación al ministerio, así como su compromiso de caridad en favor de cuantos pasan necesidad, contribuyen enormemente a la obra de la reconciliación y de la paz en este país.
Queridos hermanos y hermanas, Dios nos llama a volver a él y a escuchar su voz, y nos promete establecer sobre la tierra una paz y una prosperidad incluso mayor de la que conocieron nuestros antepasados. Que los seguidores de Cristo en Corea preparen el alba de ese nuevo día, en el que esta tierra de la mañana tranquila disfrutará de las más ricas bendiciones divinas de armonía y de paz. Amén.