sabato 23 agosto 2014

Fare di Cristo il cuore del mondo...



Papa Sarto e la magnifica impresa. Il segretario di Stato conclude a Riese le celebrazioni per il centenario della morte

«Fare di Cristo il cuore del mondo: ecco il solo e grande progetto, moderno e missionario, di tutta la vita e di tutto il ministero di san Pio X». Ad affermarlo il cardinale segretario di Stato, Pietro Parolin, durante la messa che, sabato sera, 23 agosto, nel santuario mariano delle Cendrole a Riese, ha concluso le celebrazioni del centenario della morte di Papa Sarto promosse dalla diocesi di Treviso.
Il cardinale ha anzitutto invitato alla fiducia e alla speranza «nonostante i turbini della storia». Il Signore, infatti, «continua a guidare il suo popolo, attraverso pastori che, come dice Paolo, sono “amorevoli in mezzo a voi come una madre che ha cura dei propri figli”». E, ha proseguito il porporato, «mi è spontaneo applicare a Pio X quest’espressione dell’apostolo, riferendo alla sua figura anche l’espressione di Geremia: “Vi darò pastori secondo il mio cuore”».
Proprio questo, ha spiegato il segretario di Stato, è il ritratto di Papa Sarto, «pastore secondo il cuore di Dio, pastore umile anche se energico, fedele, distaccato da sé, animato da viscere di misericordia, proteso alle necessità umane e spirituali del gregge di Dio».
«Pio X — ha affermato il cardinale Parolin — visse in un’epoca che poneva numerosi interrogativi alla Chiesa sul proprio futuro, sulla sua azione pastorale, perfino sulla sua stessa sopravvivenza nel mondo». Era un mondo, ha sottolineato, «che si stava evolvendo, ma i cui segni emergenti costituivano preoccupazione per i pastori della Chiesa, perché si intravvedeva l’avvio di quel fenomeno della secolarizzazione delle società, che gradualmente avrebbe permeato il nuovo secolo e lo avrebbe di passo in passo condotto a una sempre più marcata distanza dei comportamenti dai riferimenti religiosi, dalla fede della Chiesa, da Dio stesso». Tanto che nella sua prima enciclica il Pontefice ebbe a osservare: «Chi non scorge che la società umana, più che nelle passate età, si trova ora in preda ad un malessere gravissimo e profondo, che crescendo ogni di più e corrodendola sino all’intimo, la trae alla rovina? Voi comprendete, venerabili fratelli, quale sia questo morbo: l’allontanamento e l’apostasia da Dio».
«L’esperienza del ventesimo secolo — ha rilevato il porporato — confermerà poi chiaramente che, sradicato Dio dalla scena del mondo, perdono rilevanza la dignità umana, il rispetto della vita, la giustizia sociale, l’equa partecipazione ai beni della terra, il coraggio della pace, la stessa democrazia e laicità dello Stato».
In questo contesto «Pio X corse audace e generoso in difesa del gregge a lui affidato, richiamando la Chiesa del suo tempo a ricentrarsi su Cristo, a ritrovare solo in lui le sue più profonde energie di vita, ad attingere da lui quell’ansia di annuncio evangelico e di carità sconfinata, che spinsero lo stesso Cristo a dare la vita per gli uomini». Infatti, ha voluto sottolineare il cardinale Parolin, «a nessun altro scopo egli volle dedicato il suo ministero petrino, accettato con palese sofferenza e disistima di sé e solo confidando nella grazia di Dio, se non a rendere presente Cristo nel mondo».
Ecco perché, ha spiegato ancora il cardinale, «egli non volle indossare i panni del regnante depauperato; non coltivò nostalgie temporalistiche; accettò di perdere, come nel caso della Francia, appoggi umani, privilegi, ricchezze, garanzie terrene. Dimesse anche le vesti dell’ecclesiastico ottocentesco, spesso erudito o sistemato nella Chiesa ma distaccato dal suo gregge, egli si gloriò della consunta talare del parroco, che cerca i suoi fedeli, che si intrattiene con loro a condividere angosce e pesi quotidiani della vita, che alimenta la sua gente con il catechismo e il Pane di vita offerto fin alla più tenera età; che sostiene, ammonisce e indirizza; che sa promuovere iniziative sociali, educative e perfino sportive, pur di accrescere le convinzioni interiori della sua gente e la gioia di appartenere alla Chiesa».
Fu proprio «con questa lungimiranza spirituale e pastorale che l’umile sacerdote trevigiano, divenuto Pontefice, costituì con la sua persona un autentico spartiacque nella visione del sacerdozio e nell’esercizio pastorale del ministero sacro e invitò la Chiesa non certo all’autoreferenzialità, all’isolamento e alla chiusura in sé stessa, bensì la spronò a una “somma alacrità”, alla “magnifica impresa”, cioè a qualificare tutta la propria azione sul primato di Cristo e della sua parola».
Un «appello» che «è di estrema urgenza anche per la Chiesa di oggi, come ci richiama costantemente Papa Francesco». Infatti «anche noi siamo chiamati a qualificare radicalmente la nostra presenza nel mondo. Cioè — ha affermato il porporato — a immergerci in Cristo come supremo valore della vita; a sceglierlo e testimoniarlo nei nostri comportamenti; a spenderci perché solo lui sia annunciato e divenga il vero Signore della storia».
La scelta di Pio X, dunque, «di porre Cristo a fondamento di ogni azione della Chiesa, fu e rimane estremamente moderna, scelta intrinsecamente missionaria, scelta anticipatrice di tanti eventi e riflessioni della Chiesa del ventesimo secolo».
È significativo, ha poi sottolineato il segretario di Stato, che Pio X «fra le priorità del suo pontificato abbia chiesto ai pastori della Chiesa la santità della vita, una vita completamente rivolta a Cristo e alla sua chiamata». E «anche per noi, sacerdoti di oggi — ha rimarcato — è questo il punto nodale dove verificare la qualità della nostra sequela di Cristo».
«Il primato spirituale nella vita del prete — ha spiegato il cardinale — non lo distacca dal mondo. Anzi, lo radica in maniera ancor più significativa nella storia e nella comunità. L’amore totale del pastore a Cristo ricade nella Chiesa come carità pastorale». E «Pio X fu un vigoroso esempio di carità apostolica!». In sostanza, ha concluso, «con una vita personale e pastorale ispirata solo al buon Pastore, Pio X sprigionò nella Chiesa una nuova atmosfera, un clima di vita interiore ardente e infiammata».
All’indomani della celebrazione, nel pomeriggio di domenica 24, il cardinale Parolin presiede la messa a Lorenzago di Cadore per la consacrazione del santuario all’aperto dedicato a san Giovanni Paolo II, che nella località veneta ha soggiornato per alcuni periodi.
L'Osservatore Romano