giovedì 7 agosto 2014

“Donne Chiesa Mondo” un inserto che fa discutere


di Fabrizio Cannone
Vi è qualcosa di particolarmente “interessante” nel numero di luglio del supplemento dell’Osservatore Romano, “donne chiesa mondo”. Condiretto dall’atea Ritanna Armeni e dalla storica “cattolica” Lucetta Scaraffia, il supplemento mensile è inficiato, fin dall’inizio, da insanabili contraddizioni interne. Si potrebbe dire che il mensile in questione rappresenti, nell’ambito dell’auto-secolarizzazione del cattolicesimo denunciata a suo tempo da Ratzinger (sia come teologo che come Pontefice), la corrente femminile, femminista e pseudo-spiritualista.
Nei primi 24 numeri di “donne chiesa mondo” tutto il carrozzone delle menzogne ateo-femministe del XX secolo è stato ripreso, senza alcuna omissione degna di nota: le donne sarebbero migliori, più spirituali, più forti, più giuste, più leali, più altruiste, più concrete, più dolci, più decise, più cristiane, più sante, più tutto…
Alla luce di ciò, la Scaraffia vorrebbe che le donne assumessero incarichi gerarchici concreti e non fossero limitate alla spiritualità e alla mistica. In un intervista al Messaggero di Roma propose, e senza volontà di creare ilarità, l’istituzione delle cardinalesse. Dal Vaticano, in risposta, un pesantissimo silenzio. Assenso?
Molto più coerentemente, la Armeni prosegue la sua battaglia femminista, iniziata negli anni ’70 e che ora, con suo sicuro stupore, può continuare serenamente in casa cattolica. Che da sempre sia favorevole alla legalizzazione dell’aborto, da san Giovanni Paolo II paragonato ad Auschwitz, non deve importare molto a chi di dovere.
Il numero di luglio di “donne chiesa mondo” indica, almeno ai più attenti, l’ateismo larvato e non dichiarato della redazione. L’intero numero è dedicato alle eremite, realtà come noto vecchia quanto la Chiesa, ma che qui si vuole usare, come sempre, per combattere la Chiesa stessa e la Tradizione cristiana in genere, in nome del femminismo laico e del neo-cristianesimo “ateo” del duo Scaraffia-Armeni (senza dimenticare le altre femministe del gruppo come Giulia Galeotti).
Il neo-cristianesimo “ateo” delle femministe potrebbe ricordare l’ateismo devoto di Ferrara e Pera. Ma, mentre questi ultimi mostrano di amare la civiltà cristiana classica per il suo indiscutibile apporto di civiltà e progresso, il duo Scaraffia-Armeni si riconosce, invece, nel modernismo, nel sincretismo e nella falsa mistica, utili compagni di strada del loro femminismo laico e progressivo. Tra gli atei devoti e le catto-femministe sono da preferire i primi: costoro infatti difendono l’eredità culturale cristiana tra i liberali, mentre le seconde diffondono le istanze del neo-femminismo secolarista tra i cattolici.
L’editoriale dell’Armeni inizia così: “Non ci sono solo gli eremiti, ma pure le eremite, anche se molti tendono a dimenticarlo perché si tratta di una vita pericolosa e spesso malvista dalle autorità ecclesiastiche e laiche”.
Il riferimento ad imprecisate autorità laiche che sarebbero contrarie all’eremitismo femminile serve per ammorbidire l’attacco principale che ovviamente è rivolto alle autorità ecclesiastiche. Se oggi moltissimi uomini di Chiesa sostengono idee come quelle di “donne chiesa mondo”, è l’autorità ecclesiastica (in quanto autorità) il nemico numero 1, e dunque aprire il numero di un supplemento dell’OR di Vian con un attacco ad esse non fa mai male. La Armeni spiega che le nuove eremite invece di andare in grotte, boschi e celle sperdute, vivono nella città e in comodi appartamenti. Esempi di queste neo-eremite sarebbero Antonella Lumini (intervistata dalla Scaraffia) e Adriana Zarri (di cui parla Giulia Galeotti).
Della poco nota Lumini, presentata compiacentemente come “fragile donna dagli occhi grandi e luminosi” non c’è molto da dire. Viene descritta come “eremita urbana” dalla Scaraffia, ma in realtà abita a Firenze (che non è proprio un paesino sperduto), lavora alla Biblioteca Nazionale Centrale, scrive libri, fa viaggi (Egitto, Terrasanta, Grecia), tiene conferenze “in vari luoghi d’Italia”, a parrocchie, a gruppi di femministe, etc. Le risposte che dà alla Scaraffia hanno il sapore del nulla, in salsa sentimentale e pseudo-teologica (tipo: “E’ giunto il momento in cui l’umanità percepisca Dio come una presenza amorosa, non più giudicante”; oppure: sono le donne a dover parlare “perché le donne sono più ricettive”…). La sua iniziativa più recente è l’apertura di una sorta di monastero “dove ospitare le persone che hanno bisogno di silenzio e di ascolto”. E poi, assieme all’associazione laica “Il Tempio della pace”, l’idea “di ottenere dal comune di Firenze uno spazio permanente per il silenzio come è stato fatto a Berlino”. Idea condivisa da “persone di diverse religioni e non credenti”… Esiste infatti il silenzio cristiano che è meditazione di Dio, del Vangelo e del Cielo, e questo silenzio indifferente, desolante, ai limiti dello svuotamento e della disperazione.
La Zarri, invece, è tra le più conosciute “teologhe” del post-Concilio e l’unica cosa realmente interessante del lungo articolo della Galeotti sta nell’elogio appassionato che contiene. Poco importa che la Zarri fosse favorevole al divorzio, all’aborto, al sincretismo, e per una spiritualità senza-Dio. Nata nel 1919 vicino Bologna, la Zarri fu dirigente di Azione Cattolica e giornalista, ma dal 1975 “sceglie la vita eremitica”, seppur assai movimentata (Albiano, Fiorano Canavese e infine Strambino, in Piemonte). Bastano a volte poche parole per mostrare una devozione che non ammette moderazione. Per la Galeotti, “Nei suoi eremi, Adriana prega, coltiva, si dedica agli animali, accoglie quanti passano, e scrive”. Una vera santa. Una santa però che non ha bisogno di Dio. Sembra quasi l’aspirazione, più o meno conscia, di tutte le redattrici di “donne chiesa mondo”. Fare a meno di Dio, e mettere al suo posto uomini, animali, natura… A-teologia totale, ma ben larvata.
“Adriana Zarri è stata una donna libera, legata forse solo a un senso del sacro restituito dall’intreccio tra fede nuda [ovvero priva di qualunque contenuto?…], giustizia sociale, femminismo e amore per gli indifesi, i deboli, i perseguitati”.
“Così questa teologa – che negli anni, ha sostenuto, da cattolica, posizioni controverse, scomode, clamorose – è andata perennemente all’incontro della Parola, trasmessa dal suo eremo a un’umanità libera di credere, e di non credere”. Pudicamente la Galeotti omette le posizioni eretiche, più che clamorose, della Zarri, come ad esempio la sua difesa del divorzio e dell’aborto, ma afferma implicitamente che queste posizioni non le impedirono di andare “incontro alla Parola”… Non importa quel che pensi (che Dio esiste o meno, che l’aborto sia un peccato o no), importa il tuo amore per la natura, gli animali, gli ultimi.
Gli articoli della Zarri sono stati pubblicati, come ci informa la sua pia seguace, sull’ OR, sul Manifesto, sul Regno, su Concilium, sulla Rocca, etc. Vero pluralismo, o unità riconciliata nel nulla?
La Galeotti infine si dilunga sul suo “unico romanzo teologico”, intitolato Dodici lune. In esso si parla di “amore, felicità, perdita, morte, risurrezione, Dio, sesso [bello l'accostamento, eh?], differenza tra donna e uomo, paternità, solitudine, senso della vita, teologia, significato dello scrivere, concilio (inascoltato) e misoginia (troppo ascoltata, invece, specie nella Chiesa)”… Le parentesi tonde non sono mie!
Che dire? E’ questo il cattolicesimo al femminile proposto da “donne-chiesa-mondo”?. E’ questo il cattolicesimo? Certamente no. Peccato che non se ne fosse accorta la Zarri a suo tempo, e non se ne sono accorti, pare, nemmeno al supplemento dell’OR.