martedì 26 agosto 2014

Dietro Agostino




Memoria di Santa Monica.
 
(Inos Biffi) «Mi partorì con la carne a questa vita temporale — dichiara Agostino parlando di sua madre — e col cuore alla vita eterna». Non si comprende la vita di Agostino disgiunta da quella di Monica. Anzitutto troviamo Monica, nel cui cuore si avvertiva la presenza del Signore, come sposa fedele di un marito infedele, sopportato con pazienza e alla fine portato a conversione. Governava santamente la sua casa, allevando i suoi figli partorendoli tante volte, quante li vedeva allontanarsi dal Signore (Confessioni, 9, 9, 22). Riesce a portare a conversione il marito, Patrizio, crea rapporti tra i familiari e suscita la stima di quanti stanno intorno a lei: «Chiunque la conosceva, trovava in lei motivo per lodarti, onorarti e amarti grandemente, avvertendo la tua presenza nel suo cuore dalla testimonianza dei frutti di una condotta santa»; «Aveva allevato i suoi figli partorendoli tante volte, quante li vedeva allontanarsi da te» (ibidem). Soprattutto vegliava con trepidazione sul figlio Agostino, seguendolo quando questi si porta a Milano. 
Qui Monica incontra il vescovo Ambrogio, ed è da lui benvoluta: «Amava Ambrogio soprattutto a causa della mia salvezza. Lui poi amava mia madre a motivo della sua vita religiosissima»; «Spesso incontrandomi — scrive Agostino — non si tratteneva dal tesserne l’elogio e dal felicitarsi con me che avevo una tal madre. Ignorava quale figlio aveva lei, convinto dell’impossibilità di trovare la via della vita» (6, 2, 2).
Monica prendeva vivamente parte alle vicissitudini della Chiesa di Milano, che era allora oggetto delle prepotenze di Giustina, ma nella quale proprio in quei tempi Ambrogio reperiva ed esaltava i corpi dei martiri Protaso e Gervaso da lui ritrovati: «Mia madre, in prima fila nelle veglie, viveva di preghiere» (Confessioni, 9, 7, 15). Agostino restava in particolare affascinato dalla predicazione di Ambrogio, che pure non riusciva a incontrare personalmente con distensione di tempo; ne ascoltava la predicazione, restandone affascinato. Grazie a quell’ascolto inizia la conversione di Agostino, che lascia le sue occupazioni, e si ritira nella villa di Cassiciàco, dov’è presente Monica, «muliebre nell’aspetto, virile nella fede, vegliarda nella pacatezza, materna nell’amore, cristiana nella pietà» (9, 4, 8). La madre è infine con lui a Ostia Tiberina, dove attendono di salpare per l’Africa. Appoggiati a una finestra prospiciente il giardino della casa che li ospitava, avvolti dal silenzio, si intrattengono soli a conversare sull’eterna Sapienza a cui sospiravano anelanti, «aprendo avidamente la bocca del cuore» (9, 10, 23). «E mentre ne parlavamo e anelavamo verso di lei, la cogliemmo un poco con lo slancio totale della mente e sospirando vi lasciammo avvinte le primizie dello spirito» (9, 10, 24).
Monica avverte, quindi, che ogni attrattiva per questo mondo è tramontata. Ha veduto il figlio Agostino cristiano cattolico e si domanda: «Che cosa faccio qui?». «Seppellirete questo corpo — aggiunge — dove che sia, senza darvene pena. Di una sola cosa vi prego: ricordatevi di me, dovunque siate, innanzi all’altare del Signore». «Al nono giorno della sua malattia, nel cinquantaseiesimo anno della sua vita, trentesimo della mia, quest’anima credente e pia fu liberata dal corpo» (9, 11, 28). Riceve la sepoltura e in suo suffragio viene offerto «il sacrificio del nostro riscatto» (9, 12, 32).
Agostino sente tutto lo strazio di quella dipartita, che lacerava una «così dolce e cara consuetudine di vita comune» (9, 11, 30), e lasciava «profonda mestizia nel segreto del cuore», lenita al ricordo di alcuni versi del Deus, creator omnium di Ambrogio (9, 12, 32). Monica — conclude Agostino — «visse procurando con la sua fede e i suoi costumi lodi al tuo nome, o Signore». E aggiunge: «All’approssimarsi del giorno della sua liberazione, mia madre non si preoccupò che il suo corpo venisse composto in vesti sontuose o imbalsamato con aromi, non cercò un monumento eletto, non si curò di avere sepoltura in patria. Ci chiese soltanto di far menzione davanti al tuo altare, cui aveva servito infallibilmente oggigiorno, consapevole che di là si dispensa la vittima santa» (9, 13, 36).
Il commosso ricordo filiale di Agostino termina con la preghiera che quanti leggano le sue parole si ricordino pietosamente di coloro che «in questa luce passeggera» furono i suoi genitori. Così, egli conclude, «l’estrema invocazione che mi rivolse mia madre sarà soddisfatta» (9, 13, 37).
Come si vede, dietro ad Agostino, pastore e dottore incomparabile della Chiesa, troviamo la madre, Monica, legati da una inscindibile comunione e concordia di vita e di spirito.
L'Osservatore Romano