domenica 15 giugno 2014

Principio e sostanza della fede cristiana


Nel mistero della Trinità. 



















Domenica 15 giugno - solennità della Santissima Trinità
(Inos Biffi) È il principio e la sostanza della professione di fede cristiana: «Credo in un solo Dio, Padre onnipotente… Credo in un solo Signore, Gesù Cristo, unigenito Figlio di Dio… Credo nello Spirito Santo… che procede dal Padre e dal Figlio». Fin che dell’unico Dio non si proclami la Trinità delle Persone, ci resta preclusa una vera conoscenza dell’identità divina. Un Dio non trino, di là da ogni persuasione, semplicemente non esiste. Ecco perché occorre essere molto rigorosi, quando si parla di religioni monoteistiche. Se queste convengono nell’escludere un politeismo, possono in realtà diversificarsi radicalmente proprio nella concezione dell’unico Dio. 
Nel caso del Dio d’Israele — «il Dio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe» — dobbiamo dire che era lo stesso Dio di Gesù Cristo, il quale, manifestandosi come Figlio di Dio, nello Spirito Santo, lo rivelò come Dio assolutamente uno nella natura e trino delle persone. In tal modo la rivelazione su Dio venne portata a compimento. È detto nel Catechismo della Chiesa cattolica: «Il mistero centrale della fede e della vita cristiana è il mistero della Santissima Trinità». La Chiesa «esprime la sua fede trinitaria confessando un solo Dio in tre Persone. Padre e Figlio e Spirito Santo. Le tre Persone divine». 
La formulazione precisa del dogma trinitario non deve, tuttavia, lasciare l’impressione di una sua lontananza o astrattezza. Al contrario: per un incomprensibile disegno di grazia, la Santissima Trinità si è volta a noi e ci ha attratto a Sé. Essa, infatti, ci ha donato il Figlio e, per l’opera dello Spirito Santo, ci ha conformati a lui e resi, così, partecipi della stessa vita divina. Paolo porgeva alla comunità di Corinto questo saluto trinitario: «La grazia del Signore Gesù Cristo, l’amore di Dio e la comunione dello Spirito Santo siano con tutti voi» (2 Corinzi, 13, 13).
Certamente la ragione, partendo dall’esperienza degli esseri mobili, contingenti e frammentari, può con la sua luce giungere al riconoscimento dell’Essere puro e necessario, ed è un traguardo mirabile. Con ciò, tuttavia, essa rimane, per così dire, ancora sulla soglia di Dio. L’intimità di Dio può essere disvelata solo da lui, ed è quanto è avvenuto nell’accondiscendenza dell’incarnazione, con la missione del Figlio fatto uomo e con l’invio dello Spirito Santo. E il primo sentimento è quello dell’adorazione e del religioso stupore. In particolare, l’epifania trinitaria ha brillato e si è offerta nella Croce pasquale di Gesù e questo spiega il segno di Croce che tracciamo su noi «nel nome del Padre, e del Figlio e dello Spirito Santo»: una sintesi felice dei due misteri principali della nostra fede: «Unità e Trinità di Dio» e «passione, morte e risurrezione di nostro Signore». In virtù della nostra comunione con la Santissima Trinità, il nostro rapporto con Dio risulta profondamente trasformato: veniamo, infatti, associati al Figlio — immagine e splendore della gloria del Padre — e dotati della grazia dell’adozione filiale, per cui possiamo rivolgerci a Dio, confidare in lui e pregarlo come Padre.
La nostra esistenza e la nostra storia assumono allora un significato nuovo e inaspettato: esse si ritrovano e si svolgono dentro il mistero della Santissima Trinità. E questo vuol dire essere in grazia di Dio. Ecco perché, pur vivendo ancora nel tempo, noi già siamo in certa misura situati oltre il tempo stesso, quasi nello “spazio” del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo.
L'Osservatore Romano,