martedì 10 giugno 2014

La lezione della santità.



 Quello che oggi insegnano Cirillo e Metodio

Gli atti del convegno. L’ambasciata slovacca presso la Santa Sede ospita oggi, martedì, la presentazione del volume SS. Cirillo e Metodio tra i Popoli Slavi. 1150 anni dall’inizio della missione, che raccoglie, a cura del cardinale Jozef Tomko e dell’arcivescovo segretario della Congregazione per le Chiese Orientali, Cyril Vasiľ, gli atti del convegno omonimo tenutosi nel febbraio 2013. Sull’argomento pubblichiamo un articolo dell’esarca apostolico per i cattolici di rito bizantino residenti in Grecia.

(Dimitrio Salachas) I tempi e i contesti storici cambiano e si succedono, ma il messaggio di Cristo per la salvezza, trasmesso dalla Chiesa, resta perenne, sempre presente e attuale. In questo senso i santi Cirillo e Metodio restano sempre modelli e ispiratori della missione della Chiesa nel mondo. Anche perché l’influsso dell’insegnamento degli apostoli dei popoli slavi è stato indubbiamente incisivo sul magistero del Vaticano II e su quello post-conciliare. La loro visione ecclesiologica in rapporto all’ecumenismo, all’inculturazione del Vangelo, ai metodi di attività missionaria, come anche al loro apporto — proclamati co-patroni dell’Europa — per la nuova evangelizzazione; tutto ciò stimola a promuovere la continuità dell’idea cirillo-metodiana e le tradizioni dei popoli slavi nel loro contesto storico attuale.
Il contesto ecclesiologico della missione dei santi Cirillo e Metodio tra Bisanzio e Roma in un periodo in cui le Chiese d’occidente e d’oriente erano unite, offre oggi a queste stesse Chiese, impegnate nel dialogo ecumenico di verità e di carità, per ristabilire la loro piena comunione, la via dell’unità. Cirillo e Metodio sono stati ispiratori dei principi di ecumenismo stabiliti dai padri conciliari del Vaticano II per il ristabilimento dell’unità tra cattolici e ortodossi. Per Papa Giovanni Paolo II, «non sembra per nulla anacronistico vedere nei santi Cirillo e Metodio gli autentici precursori dell’ecumenismo, per aver voluto efficacemente eliminare o diminuire ogni divisione vera o anche solo apparente tra le singole comunità, appartenenti alla stessa Chiesa» (Slavorum apostoli, n. 14).
Il decreto Ad gentes del Vaticano II sull’attività missionaria della Chiesa, al n. 26, circa la formazione dottrinale e apostolica dei missionari è ispirato dalla visuale missionaria dei due santi fratelli. «Chiunque sta per recarsi presso un altro popolo, deve stimarne molto il patrimonio, le lingue ed i costumi». E poi: «Questi tipi di formazione poi vanno completati nelle terre di missione, in maniera che i missionari conoscano a fondo la storia, le strutture sociali e le consuetudini dei popoli, penetrino l’ordine morale, le norme religiose e le idee profonde, che quelli, in base alle loro tradizioni, si sono formati intorno a Dio, al mondo e all’uomo».
Il decreto sull’ecumenismo Unitatis redintegratio, al n. 14, descrive il carattere e la storia propria degli orientali, come effettivamente li hanno vissuti Cirillo e Metodio. «È cosa gradita per il sacro concilio, tra le altre cose di grande importanza, richiamare alla mente di tutti che in oriente prosperano molte Chiese particolari o locali, tra le quali tengono il primo posto le Chiese patriarcali, e non poche di queste si gloriano d’essere state fondate dagli stessi apostoli». Quanto alla “metodologia” nell’azione missionaria appare ammirevole come i santi fratelli, pur operando in situazioni tanto complesse, «non tendessero ad imporre ai popoli assegnati alla loro predicazione neppure l’indiscutibile superiorità della lingua greca e della cultura bizantina», ma «adattarono alla lingua slava i testi ricchi e raffinati della liturgia bizantina» (Slavorum apostoli, n. 14).
L'Osservatore Romano

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Intervento del Cardinale Leonardo Sandri, Prefetto della Congregazione per le Chiese Orientali, alla presentazione degli Atti del Convegno “I Santi Cirillo e Metodio tra i popoli slavi. 1150 anni dall’inizio della missione” -Ambasciata della Repubblica Slovacca presso la Santa Sede, martedì 10 giugno 2014   

(Card. Leonardo Sandri) Eminenza, Eccellenze, Illustri Relatori e presenti tutti! Sono onorato di prendere la parola nel contesto della presentazione degli Atti del Convegno sui Santi Cirillo e Metodio, svoltosi nel febbraio 2013 presso il Pontificio Istituto Orientale, di cui sono Gran Cancelliere. Ringrazio in particolare tutti coloro che si sono adoperati per la sua realizzazione, in particolare i curatori, l’Eminentissimo Cardinale Tomko, e Sua Eccellenza Mons. Vasil’, insieme ai Relatori, ai Moderatori e ai Presidenti delle singole sessioni.
E mi rallegro per la scelta di celebrare l’evento odierno al di fuori di un’Istituzione ecclesiastica, e precisamente nella sede diplomatica di uno dei Paesi, l’odierna Repubblica Slovacca, che hanno beneficiato dell’opera dei santi fratelli di Tessalonica: è il giusto coronamento di un percorso di approfondimento sulla loro figura che ne ha presentato la complessità, evidenziando la profonda unità di tutte le dimensioni della loro opera evangelizzatrice.
1. Il Convegno si è svolto pochi giorno dopo l’annuncio della rinuncia al ministero petrino da parte del Pontefice emerito, Benedetto XVI, atto di singolare portata storica: fra i tanti interventi, vorrei qui ricordare i suoi discorsi autenticamente “magistrali”, volti a illuminare i rapporti tra fede e cultura, tenuti in alcuni “areopaghi” del mondo moderno (cfr. Westminster, Collegio dei Bernardini, Assemblea Generale dell’ONU, Bundestag..). Un mese dopo, sulla Cattedra di Pietro, Gli è succeduto un pastore “venuto dalla fine del mondo”, che instancabilmente si è fatto evangelizzatore ed ha richiamato attraverso gesti e parole, la Chiesa intera a continuare con lo slancio e l’ardore della Pentecoste l’annuncio della Buona Novella al mondo. Mi sono permesso di ricordare questo passaggio perché capace di illuminare anche la vita dei santi Cirillo e Metodio: ferventi apostoli degli slavi, e profondi uomini di cultura. Cito un passaggio illuminante dell’Esortazione Apostolica Evangelii Gaudium, al n. 41: “gli enormi e rapidi cambiamenti culturali richiedono che prestiamo una costante attenzione per cercare di esprimere le verità di sempre in un linguaggio che consenta di riconoscere la sua permanente novità…” che si conclude con un riferimento all’Enciclica di San Giovanni Paolo II Ut unum sint: “l’espressione della verità può essere multiforme, e il rinnovamento delle forme si rende necessario per trasmettere all’uomo di oggi il messaggio evangelico nel suo immutabile significato” (cfr. UUS, 19).
La critica illuminista alla religione ha talmente permeato la cultura occidentale, che talora anche in ambienti cristiani si è smarrita la consapevolezza che il Vangelo e la sua testimonianza sono anche generatori inesauribili di civiltà e di cultura, destinati come sono all’essere umano nella sua interezza e complessità. Afferma l’enciclicaSlavorum Apostoli: “Incarnando il Vangelo nella peculiare cultura dei popoli che evangelizzavano, i Santi Cirillo e Metodio ebbero particolari meriti per la formazione e lo sviluppo di questa stessa cultura, o meglio, di molte culture. Infatti, tutte le culture delle nazioni slave debbono il proprio ‘inizio’ o il proprio sviluppo all’opera dei fratelli di Salonicco. Questi, infatti, con la creazione, originale e geniale, di un alfabeto apposito per la lingua slava, diedero un contributo fondamentale alla cultura e alla letteratura di tutte le nazioni slave” (SA, n. 21).
Vorrei qui esprimere un auspicio, che rivolgo di cuore ai cari docenti e responsabili del Pontificio Istituto Orientale: l’organizzazione del Convegno e la pubblicazione dei suoi atti – nella bella edizione curata da LILAME’ – VALORE ITALIANO, che ringrazio per la rinnovata e competente collaborazione – costituiscono un impegno preciso per la vostra, la nostra, istituzione formativa. Lo spirito di Cirillo e Metodio sia guida e ispirazione costante nella formazione accademica degli studenti provenienti non solo dall’area slava, ma da quella siriaca, copta, etiopica. Essi possano tornare nelle rispettive Nazioni di provenienza non soltanto arricchiti da un bagaglio di nozioni e competenze sul passato, bensì capaci nell’insegnamento e nell’azione pastorale, di fecondare e rinnovare le società e le culture di appartenenza.
2. Un secondo riferimento che voglio fare è quello alla dimensione ecumenica della vita, dell’opera e del messaggio dei santi Cirillo e Metodio. Figli della Chiesa di Costantinopoli, uniti nella vita, nella missione e anche nella glorificazione con la Chiesa di Roma, essi sono considerati esempi di vita e di apostolato sia dagli ortodossi, dai cattolici, e godono di una grande stima anche presso le comunità ecclesiali nate dalla Riforma, in quanto propagatori della Parola di Dio, con la traduzione della Bibbia in lingua volgare.
Sempre nell’enciclica Slavorum Apostoli leggiamo: “La cattolicità della Chiesa - sentita come una sinfonia delle varie liturgie in tutte le lingue del mondo, unite in un'unica liturgia, o come un coro armonioso che, sostenuto dalle voci di sterminate moltitudini di uomini, si leva secondo innumerevoli modulazioni, timbri ed intrecci per la lode di Dio da ogni punto del nostro globo, in ogni momento della storia , corrisponde in modo particolare alla visione teologica e pastorale, che ispirò l'opera apostolica e missionaria di Costantino Filosofo e di Metodio e ne sostenne la missione tra le Nazioni slave (n. 17)”.
Siamo a poche settimane dal rinnovato abbraccio tra il Santo Padre Francesco e il Patriarca Bartolomeo di Costantinopoli a Gerusalemme, nella Basilica dell’Anastasis, e a poche ore dalla preghiera nei Giardini Vaticani, propiziatrice della riconciliazione e della pace nella Terra Santa di Gesù e in tutto il Medio Oriente. Essa è stata convocata da Papa Francesco, che vi ha invitato anche “suo fratello Bartolomeo”: Roma e Costantinopoli, pur non essendo ancora giunte all’auspicata unità, camminano insieme e stanno sempre più riscoprendo il volto dell’altro come quello di un fratello. Io sono certo che dal cielo i fratelli di Salonicco si rallegrano per questo, e continueranno ad intercedere per il dialogo ecumenico.
Ma vorrei qui spendere una parola per le Chiese Orientali Cattoliche, alle quali il Concilio Ecumenico Vaticano II affida particolarmente il compito di promuovere l’unità tra tutti i cristiani, e la cui stessa esistenza prova l’autentica comprensione della nota sulla cattolicità della Chiesa: non uniformità ed omologazione, ma una varietà che manifesta l’unità (cfr. OE 2)! Mi pare dunque si debba affermare, senza timore di offendere nessuno, che esse siano fra le continuatrici autentiche dell’opera cirillo-metodiana, portatrici come sono di un proprio patrimonio teologico, liturgico e disciplinare, talora di una propria lingua liturgica, in comunione però col Successore di Pietro. E’ bello ricordarlo, fugando ogni ingiustificato sospetto o timore nei loro confronti che potrebbe insinuarsi sulle labbra o nella mente di alcuni.
3. L’auspicio con cui concludo è rivolto all’Europa, di cui i santi fratelli sono compatroni: “nel suo insieme geografico è per così dire frutto dell’azione di due correnti di tradizioni cristiane, alle quali si aggiungono anche due diverse, ma al tempo stesso profondamente complementari, forme di cultura” (n.3), così descrisse il continente San Giovanni Paolo II nella Lettera Apostolica Egregiae Virtutis.Dall’Atlantico agli Urali possa continuare a respirare a due polmoni, senza paura di riscoprire e approfondire le sue radici cristiane.