martedì 3 giugno 2014

Il Papa: Gesù prega per noi il Padre mostrandogli le piaghe



Il  tweet di Papa Francesco: "Grazie a tutti gli insegnanti: educare è una missione importante, che avvicina tanti giovani al bene, al bello, al vero." (3 giugno 2014)

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Messa a Santa Marta. Un buon avvocato

Dalla nostra parte abbiamo il miglior avvocato difensore, che «non parla tanto ma ama» e che «proprio in questo momento» sta pregando per ciascuno di noi mostrando «al Padre le sue piaghe» per ricordargli «il prezzo pagato per salvarci». Proprio sulla certezza che «Gesù prega per noi» Papa Francesco ha centrato l’omelia della messa celebrata martedì 3 giugno, nella cappella della Casa Santa Marta.

«Io prego per loro; non prego per il mondo, ma per coloro che tu mi hai dato, perché sono tuoi» sono le parole di Gesù al Padre nel suo «discorso di congedo», così come è riportato nel Vangelo di Giovanni (17, 1-11). Ma la liturgia, ha fatto notare il Pontefice, ci presenta nella prima lettura anche un altro «discorso di congedo»: da Mileto san Paolo manda a chiamare a Efeso gli anziani della Chiesa per congedarsi, secondo quanto riferiscono gli Atti degli apostoli (20, 17-27).
San Paolo dice loro di non conoscere la sua destinazione: «So soltanto — afferma — che lo Spirito Santo, di città in città, mi attesta che mi attendono catene e tribolazioni». Il racconto prosegue con la notizia che «tutti scoppiarono in un gran pianto e gettandosi al collo di Paolo lo baciavano, addolorati soprattutto perché aveva detto che non avrebbero più rivisto il suo volto. E lo accompagnarono fino alla nave». Paolo, però, li incoraggia ad andare avanti, a predicare il Vangelo, a non stancarsi.
Anche quello di Gesù — ha notato il Papa — è «un discorso di congedo, prima di andare al Getsemani e cominciare la passione». E «i discepoli sono tristi» per questo. Ma «c’è una piccola frase del congedo di Gesù che fa pensare» ha spiegato. Gesù, infatti «parla con il Padre, in questo discorso, e dice: “Io prego per loro”». Dunque «Gesù prega per noi». Un fatto che potrebbe apparire «un po’ strano», perché «noi pensiamo che è giusto pregare Gesù e Gesù ci dà la grazia. Ma Gesù prega per noi! Gesù che prega, Gesù l’uomo-Dio che prega! E prega per noi: prega per me, prega per te per ognuno di noi».
In realtà, ha proseguito il vescovo di Roma, Gesù già «lo aveva detto chiaramente a Pietro», assicurandogli di pregare «perché la tua fede non venga meno». Inoltre, ha ricordato, Gesù «prega per Lazzaro davanti alla tomba». E in questo «stesso discorso di congedo prega per tutti i discepoli che verranno e che crederanno» in lui. «Non prega per il mondo ma prega per loro», dicendo appunto al Padre che la sua preghiera è «per coloro che tu mi hai dato, perché sono tuoi». Dunque Gesù ci ricorda che «tutti noi siamo del Padre e lui prega per noi davanti al Padre».
A questo proposito san Paolo, ha spiegato il Papa, «nel capitolo ottavo della Lettera ai romani ci dice che è una preghiera di intercessione». Così «oggi, mentre noi preghiamo qui, Gesù prega per noi, prega per la sua Chiesa». E «l’apostolo Giovanni» ci rassicura che, quando pecchiamo, comunque sappiamo di «avere un avvocato davanti al Padre: uno che prega per noi, ci difende davanti al Padre, ci giustifica».
È importante, ha rimarcato il Pontefice, «pensare tanto a questa verità, a questa realtà: in questo momento Gesù sta pregando per me. Io posso andare avanti nella vita perché ho un avvocato che mi difende. Se io sono colpevole, ho tanti peccati», Gesù «è un buon avvocato difensore e parlerà al Padre di me». E proprio «per sottolineare che lui è il primo avvocato, ci dice: Io vi invierò un altro paraclito, un altro avvocato. Ma lui è il primo. E prega per me, nella preghiera di intercessione che oggi dopo l’ascensione al cielo Gesù fa per ognuno di noi». Così come «quando noi in parrocchia, a casa, in famiglia abbiamo alcune necessità, alcuni problemi, diciamo “prega per me”, lo stesso dobbiamo dire a Gesù: “Signore Gesù, prega per me”».
E oggi come prega Gesù? «Io credo che non parla troppo col Padre: ama» ha risposto il Pontefice. E ha aggiunto: «Ma c’è una cosa che Gesù fa oggi, sono sicuro che la fa: fa vedere al Padre le sue piaghe. E Gesù con le sue piaghe prega per noi. Come se dicesse: “Padre, questo è il prezzo! Aiutali, proteggili, sono i tuoi figli che io ho salvato”».
Altrimenti, ha avvertito Papa Francesco, «non si capisce perché Gesù dopo la risurrezione ha avuto questo corpo glorioso, bellissimo: non c’erano i lividi, non c’erano le ferite della flagellazione, tutto bello, ma c’erano le cinque piaghe». E «Gesù ha voluto portale in cielo per pregare per noi, per far vedere al Padre il prezzo», come a dire: «Questo è il prezzo, adesso non lasciarli da soli, aiutali!».
«Noi — ha proseguito — dobbiamo avere questa fede che Gesù, in questo momento, intercede davanti al Padre per noi, per ognuno di noi. E quando noi preghiamo chiediamo: Gesù aiutami, Gesù dammi forza, risolvi questo problema, perdonami!». Pregare così, ha precisato, «sta bene», ma allo stesso tempo non bisogna dimenticare di dire anche: «Gesù prega per me, fa vedere al Padre le tue piaghe che sono anche le mie; sono le piaghe del mio peccato, sono le piaghe del mio problema in questo momento». Così Gesù è l’«intercessore che soltanto fa vedere al Padre le piaghe: questo succede oggi, in questo momento».
Il Pontefice ha concluso riproponendo le parole di Gesù a Pietro, la sua preghiera «perché la tua fede non venga meno». Con la sicurezza che lui sta pregando allo stesso modo per «ognuno di noi: “Io prego per te fratello, sorella, prego per te, perché la tua fede non venga meno!”». Per questo dobbiamo avere «fiducia in questa preghiera di Gesù, con le sue piaghe, davanti al Padre».
L'Osservatore Romano

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l tweet del Papa per gli insegnanti

«Grazie a tutti gli insegnanti: educare è una missione importante
che attira i giovani a ciò che è buono, bello e vero»

di M.Antonietta Calabrò





La scuola sta chiudendo i battenti, e Papa Francesco ha un pensiero personale per tutti gli insegnanti. O meglio un tweet. Agli insegnanti infatti è dedicato il tweet di martedì 3 giugno di @Pontifex. Ed è la prima volta che un tweet papale è dedicato ad un’intera categoria di persone. «Grazie a tutti gli insegnanti: educare è una missione importante che attira i giovani a ciò che è buono, bello e vero». 140 caratteri di riconoscenza.Del resto quanto Francesco tenga ai docenti era apparso chiaro meno di un mese fa,il 9 maggio, nel corso dell’incontro a Piazza San Pietro, che ha visto 150mila tra studenti, insegnanti, dirigenti e personale del mondo dell’istruzione riempire la piazza e le vie limitrofe. «Perché amo la scuola?» - aveva detto il Papa. «Ho un’immagine, ho sentito qui che non si cresce da soli e che è necessario sempre uno sguardo che ti aiuta a crescere». Ed ecco scattare il ricordo di Bergoglio bambino: «Ho un’immagine della mia prima insegnante, che mi ha preso a 6 anni al primo livello, mai ho potuto dimenticarla, lei mi ha fatto amare la scuola e poi io sono andata a trovarla durante tutta la vita, fino a 98 anni, e questa immagine mi fa bene, perché quella donna mi ha insegnato ad amarla. Questo è il primo motivo».E ancora: «Amo la scuola perché è sinonimo di apertura alla realtà, almeno così dovrebbe essere. Andare a scuola significa aprire la mente e il cuore alla realtà, in tutti i suoi aspetti. E noi non abbiamo diritto ad aver paura della realtà, la scuola ci insegna a capirla. e questo è bellissimo. Nei primi anni si impara a 360 gradi quindi si approfondisce un indirizzo e poi ci si specializza». La conseguenza di questa apertura al reale, dura, secondo il Pontefice tutta la vita. « Ma se uno ha imparato ad imparare questo gli rimane per sempre, rimane una persona aperta alla realtà, lo insegnava un prete, Don Milani. E gli insegnanti sono i primi che devono rimanere aperti alla realtà, con la mente sempre aperta ad imparare, altrimenti non sono buoni insegnanti e non sono interessanti. I ragazzi lo capiscono, hanno fiuto, e sono attratti dagli insegnati che hanno un pensiero incompiuto che cercano un di più e contagiano gli studenti. Questo è un altro motivo per cui amo la scuola».
Corriere della Sera