sabato 21 giugno 2014

I diritti umani dei migranti




Intervento della Santa Sede a Ginevra.

Pubblichiamo la nostra traduzione italiana dell’intervento svolto il 13 giugno dall’arcivescovo Silvano M. Tomasi, osservatore permanente della Santa Sede presso l’Ufficio delle Nazioni Unite e Istituzioni specializzate a Ginevra, durante la ventiseiesima sessione ordinaria del Consiglio dei diritti dell’uomo sui diritti umani dei migranti.
Signor Presidente,
Il Relatore speciale sui diritti umani dei migranti ha indicato con chiarezza diverse criticità riguardanti lo sfruttamento dei migranti e ha evidenziato l’emergere, tra le persone in movimento, di nuovi gruppi vulnerabili. Ha anche giustamente sottolineato che il ruolo delle agenzie di reclutamento andrebbe analizzato in maniera specifica.
 Senz’altro la migrazione porta benefici a tutte le parti coinvolte: i paesi d’origine, quelli di destinazione e i migranti stessi. Esiste un’ampia documentazione a sostegno del fatto che, dopo le preoccupazioni e le difficoltà di adattamento del primo impatto tra i nuovi arrivati e la popolazione ospitante, il contributo generale dei migranti è positivo; ciò dovrebbe essere messo in evidenza, di modo che il pubblico possa percepire in modo appropriato questo fenomeno. Come ha ricordato Papa Francesco, «è necessario un cambio di atteggiamento verso i migranti e rifugiati da parte di tutti; il passaggio da un atteggiamento di difesa e di paura, di disinteresse o di emarginazione – che, alla fine, corrisponde proprio alla “cultura dello scarto” – ad un atteggiamento che abbia alla base la “cultura dell’incontro”, l’unica capace di costruire un mondo più giusto e fraterno, un mondo migliore» (Messaggio per la Giornata mondiale del Migrante e del Rifugiato, 2014). Resta però un lato tragico e doloroso di questa esperienza: il traffico di persone, l’abuso di lavoratori domestici migranti e il lavoro in schiavitù. Tra le categorie relativamente nuove di persone in movimento che richiedono una nuova forma di protezione ed esigono urgentemente l’attenzione della comunità internazionale c’è quella dei minori non accompagnati, all’interno della quale i numeri e gli abusi sono in rapido aumento.
La dislocazione forzata delle persone prodotta dalle guerre in corso e il moltiplicarsi di conflitti violenti in diverse regioni del mondo stanno spingendo centinaia di migliaia di persone a rischiare la propria vita per cercare di sopravvivere. Un promemoria toccante della futilità della violenza è rappresentato dalle migliaia di bambini che lasciano le proprie case e diventano richiedenti asilo. Nel 2011 i minori non accompagnati che hanno fatto richiesta d’asilo in Europa sono stati 12.225. Rappresentavano tutti i luoghi problematici del Medio Oriente e dell’Africa. Sintomatica è anche l’esplosione del numero di bambini migranti che viaggiano soli, sperando di attraversare il confine per entrare negli Stati Uniti. L’ondata di migranti bambini ha visto un aumento costante dal 2008 a oggi, sicché nel 2013 i minori non accompagnati fermati sul confine tra Stati Uniti e Messico sono stati 38.883, e le autorità prevedono che nel 2014 la cifra raddoppierà, superando i 70.000. Su imbarcazioni di fortuna che attraversano il Mediterraneo o sui treni che collegano il Centro America con il Nord, questi bambini sono esposti ad abusi sessuali, alla fame, a mutilazioni quando cadono, e perfino alla morte quando affondando le imbarcazioni su cui viaggiano oppure si perdono nel deserto. Questo esodo di bambini è causato in primo luogo dalla destabilizzazione e dalla violenza endemica nei loro paesi natali. Alcuni di essi vogliono esercitare il loro diritto naturale di stare con la propria famiglia, poiché questa magari risiede da anni in un altro paese senza una regolare documentazione. Altri si trovano dinanzi alla necessità di fuggire da un ambiente in cui oltre il 90 per cento delle vittime di omicidio sono giovani maschi adulti e in cui oltre il 90 per cento di quanti commettono un omicidio sono anch’essi giovani maschi adulti: entrambi sono spinti a fuggire per poter sopravvivere. Altri ancora preferiscono morire lungo la strada verso un’agognata destinazione che consenta la sopravvivenza piuttosto che morire di fame o essere uccisi dalle bande o dalla criminalità organizzata nel loro paese. Infine, il fascino di uno stile di vita differente presentato dalla televisione predispone altri bambini a partire.
In questa situazione complessa sarebbe utile se il Relatore speciale, con il suo contributo, aiutasse i Governi a trovare qualche soluzione, di cui c’è urgente bisogno. I bambini in movimento costituiscono un’emergenza umanitaria che esige rimedi immediati. La detenzione di minori non è un’opzione, e l’interesse del bambino dovrebbe prevalere anche in queste difficili circostanze. Nello sforzo per prevenire il flusso costante di minori può essere efficace la solidarietà internazionale, aiutando ad affrontare la violenza urbana che è alla base dell’esodo infantile. Anche i canali legali per il ricongiungimento delle famiglie eviteranno che i bambini ricorrano a vie insicure, dove il loro sfruttamento diventa quasi inevitabile. I valori umanitari suggeriscono anche la creazione di un qualche meccanismo di regolarizzazione che possa consentire ai bambini di vivere con i propri genitori. Questo diritto umano naturale di certo ha la priorità sulle violazioni amministrative delle norme sui confini. Infine, progetti comuni potrebbero portare ai giovani qualche opportunità educativa e lavorativa, dando loro un senso di speranza per il futuro e un motivo per restare nel proprio paese.
L'Osservatore Romano